Alessio Chiadini Beuri: sentiero di sangue

giovedì 14 novembre 2019

sentiero di sangue







Senza abbandonare la mia posizione di difesa conclusi l’apertura della porta. Come il mio respiro si tranquillizzò riportandosi nella norma, sudore e adrenalina calarono bruscamente. Il primo mi fece bruciare gli occhi, la seconda, scemando, mi lasciò dolorosi spilli conficcati nella profondità delle carni. Ingollai un’aspirina e il cervello mi abbindolò con la storia che stesse facendo effetto già mentre scendeva. Presa in giro o meno, l’importante era che mi permettesse di alzarmi senza sostenermi al corpo morto sotto di me. E quella promessa la mantenne, sissignore.
Ne presi una seconda attraversando la lavanderia. Ormai masticavo analgesici come croccantini. Uno zuccherino per ogni cristiano ammazzato.
Le suole delle mie scarpe di cuoio iniziarono a scivolare cinque metri dentro il corridoio buio, così tanto che preferì evitare di sollevare troppo i piedi. Il pavimento era viscoso e infimo. Mi voltai quasi alla fine del tratto buio e, controluce, ricostruì la dinamica degli eventi. Avevo lasciato tre metri di impronte finendo in una pozza che i bagliori della lavanderia ora facevano brillare. Grassa e densa, aveva una lunga coda di macchioline, alcune grandi e regolari, altre piccole e frastagliate. Proseguivano oltre il punto in cui mi ero fermato. Non avevo bisogno di immergerci le dita per sapere di cosa si trattasse.
A giudicare dalla quantità di sangue là a terra dovevo aver colpito una zona ricca di capillari, il che aveva portato la vittima a sgocciolare come un porco al macello. Tuttavia non era stato sufficiente a farla stramazzare. Probabilmente aveva tamponato la ferita alla buona e se l’era data a gambe. Peccato che andassimo entrambi dalla stessa parte.
Il corridoio, stretto e lungo, terminava ai piedi di una scala che, dopo una vertiginosa svolta a destra, proseguiva ripida fino a un pianerottolo buio. Lo raggiunsi evitando il sangue. Il sentiero di goccioline finiva, bruscamente, dietro l’uscio chiuso di un appartamento. La location: pareti scarnificate, pannelli di controsoffitto mancanti o spezzati, come pavimento una gettata di cemento alla buona. La mia preda doveva essersi appoggiata alla porta: una lunga striscia correva dalla maniglia a mezzo ginocchio sotto. Non aveva avuto la sagacia di chiudersela alle spalle e io entrai.
Dell’acqua scorreva in un lavandino. Il sangue proseguiva fino a una seconda porta, semiaperta. Coprì in tre falcate lo spazio tra me e il bagno. L’uomo che mi trovai di fronte era semicosciente, appoggiato con tutto le sue forze al bordo della vasca. L’acqua calda che sgorgava dal rubinetto aveva appannato gli specchi e la finestra. Una copiosa macchia rossa si allargava dallo stomaco dell’uomo fino ai miei piedi. A nulla erano valsi gli sforzi per tamponare la ferita: asciugamani zuppi di acqua e sangue giacevano appallottolati tra le membra dell’uomo come il peplo lascivo di una vestale. Gli era mancata la forza per legarseli stretti alla vita e rallentare l’emorragia. Le palpebre calavano su una vista offuscata dalla debolezza di un corpo che scivolava lentamente nell’oblio. Forza che in parte scovò, quando mi vide, per sollevare la pistola. Feci fuoco senza battute di spirito.

“La città di New York vive una nuova notte di terrore, con una guerra fra gang rivali che scuote il Bronx. Sembra che Max Payne, ricercato dalla polizia per l’omicidio di un agente della DEA, abbia ingaggiato una controffensiva solitaria contro quelli che prima erano i suoi compagni di lavoro. Fra le altre vittime spiccano i fratelli Joey e Virgilio Finito, affiliati alla famiglia dei Puncinello, e Rico Muerte, un latitante sospettato di avariati omicidi nella regione di Chicago. La polizia di New York è in stato di allarme. È stato emesso un ordine di cattura per Max Payne, ritenuto dal vice procuratore Jim Bravura un vero pericolo pubblico. Riuscirà ad assicurarlo alla giustizia? Lo scopriremo nelle prossime edizioni. New York, CNN News. Kyra Silver.”

Non c’era più niente da vedere, o da sentire, là dentro. Anche l’eco del colpo di grazia al povero bastardo se n’era sgattaiolata via. Ormai io e la morte ci tenevamo a braccetto, come vecchi amanti. Spensi il televisore in sottofondo e il fruscio del tubo catodico restò soltanto un’altra manciata di secondi. Dopodiché fui di nuovo solo. Nel silenzio.

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