Alessio Chiadini Beuri: La parola alle armi

giovedì 14 novembre 2019

La parola alle armi






Voltarsi, svignarsela, cambiare città. Questa sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Ma non fui così intelligente. Il quartiere popolare di Lupino era l’emblema dello squallore.
Un negozio di liquori, un banco dei pegni, una pidocchiosa lavanderia automatica e via di questo passo. Il come e il perché restavano un mistero, ma sapevano che ero un poliziotto. Sapevano che sarei arrivato e non vedevano l’ora di riempirmi di piombo.
Il covo di Lupino brillava come una stella. L’esplosione della bomba trasformò la neve in oro colato mentre una colonna di fumo innalzava i resti di una macchina verso il cielo. Le fiamme si riflettevano sulla carrozzeria di una Mercedes che procedeva lentamente. Come se il guidatore non avesse niente di cui aver paura a questo mondo. Riuscii a riconoscere l’uomo armato all’interno della vettura. Era Vladimir, il capobanda della malavita russa. La mosca nella zuppa di Don Puncinello.
L’eco nelle mie orecchie era quello di una guerra fra bande appena scoppiata.
Come se gli spettatori avessero visto a sufficienza, l’auto cambiò passo facendo slittare i penumatici sulla neve. L’accelerazione improvvisa portò il timone fuori rotta e la Mercedes a sbandare di lato. Controsterzando l’autista riuscì a mantenere la direzione e a dare gas.
Non si trattava di una fuga per allontanarsi dai guai, ma una dimostrazione di forza, prepotente e arrogante. Come a dire “posso permettermi di entrare in casa tua e far venire a piovere, se ne ho voglia”. Continuando a derapare l’auto girò l’angolo e occupò la corsia opposta, dove sopraggiungeva una grossa autocisterna. Vedendosi invadere il proprio spazio, il conducente dell’articolato pestò sul freno ma la velocità e le condizioni della strada erano così al limite che probabilmente avrebbe potuto tentare di non fermarsi e salvarsi il culo. Accorgendosi che le ruote bloccate pattinavano sul ghiaccio aggiunse a una decisione infelice una manovra del cazzo, come quella di evitare la Mercedes virando violentemente nella direzione contraria. Il culone della cisterna, sballottato prima di qua e poi di là, si schiantò al suolo mentre l’auto targata “VODKA” passava attraverso quel disastro sbattendosene amabilmente. Un liquido denso e viscoso si riversò sul selciato da uno squarcio nel silos dell’autobotte. Doveva trattarsi di una sostanza altamente infiammabile perché bastò una scintilla perché il mezzo venisse avvolto da una palla di fuoco alta e bianca. L’onda d’urto mi sbatté a terra e il calore mi decimò la conta dei peli del naso. La carcassa della cisterna era diventata anche la parete di sbarramento del quartiere di Lupino. E io il solito topo in trappola.
Un’altra bomba esplose nella catapecchia accanto. La detonazione, vista la feccia che la abitava, mi lasciò indifferente. Ma Potevano esserci altre bombe e i poliziotti non avrebbe tardato a farsi vivi.
La suite di Jack Lupino era all’ultimo piano. O almeno era lì che si trovava prima di quell’esplosione.
Prima di tutto era il caso di cercare il punto sulla mappa che indicasse dove mi trovavo, con un bel puntino rosso a segnare la posizione.
Osservai il labirinto di edifici e di serrande abbassate cercando di comprendere in che modo coesistessero tra di loro. Poteva Lupino aver ricavato nell’architettura di quel complesso un modo per dileguarsi che non lo avrebbe gettato tra le braccia della polizia, dei federali o dei sicari mandati dai suoi innumerevoli amici?
Intenzionato a crederci ricominciai a muovermi. Le vetrine degli esercizi commerciali erano abbassate e non un’anima metteva il naso fuori per assicurarsi che dopo il boato che c’era stato il mondo esistesse ancora. Era un quartiere così tranquillo che mi stupii che avesse affitti che rasentavano la soglia di povertà.
Voltando l’angolo una colonnina di quotidiani catturò la mia attenzione.
La mia faccia campeggiava sulla prima pagina di tre testate sulle quattro disponibili. Nella quarta c’era però il mio nome a caratteri cubitali.
Jack voleva mantenersi informato su tutto quello che accadeva in città e il fattorino dei giornali probabilmente riceveva una lauta mancia per il servizio espresso. Non c’era da stupirsi se la sua mancia fosse stata più generosa del mio stipendio. Ma io non volevo le mani annerite dall’inchiostro, perché preferivo sporcarmele pestando a sangue i pedofili e gli spacciatori all’uscita delle scuole.
I titoli non erano incoraggianti. Tutte le testate parlavano dell’efferato omicidio. L’eco della tempesta si confondeva con le sirene della polizia.

DEAD OR ALIVE

MAX PAYNE KILLER!

MURDER!

Una situazione invidiabile: braccato da chi ti voleva morto e ricercato per un amico che non avevi ucciso.
Lusingato, mi staccai dalla lettura, rimpiangendo di non avere con me neppure un nichelino per prenderne una copia. Sarei stato curioso di vedere cosa diceva l’oroscopo del giorno.
I pianeti in congiunzione assicurano ottimo umore, attenzione ai proiettili vaganti. Probabili feste a sorpresa da parte degli amici. Comincia la giornata con una buona dose di piombo.
Cercai una rotta tra gli edifici del vicolo e la trovai in uno scantinato, il cui ingresso era debolmente illuminato da una vecchia lampadina. Non ero contento di infilarmi in un altro pertugio cavernoso e potenzialmente infestato da uomini arrabbiati, serial killer non dichiarati e drogati fuori di testa, ma non avevo trovato una strada alternativa e non potevo rifugiarmi da Starbucks in attesa di una schiarita.
Scostai la porta in laminato della cantina e una luce verdognola mi diede il benvenuto. All’interno, nessuno. Non avevo idea di dove fossi capitato: una serie di quelle che identificai come grosse gabbie occupavano le lunghe pareti della stanza. Ed era lo stesso anche negli ambienti successivi. Grosse strutture costituite di nerboruti pali di legno e reti d’acciaio potevano essere gabbie per grandi polli, ma che diavolo ci facevano in uno scantinato del Bronx?
Lupino si era dato al racket dei combattimenti tra struzzi?
Tutto è possibile quando si ha il bisogno di tenere viva l’attenzione dei propri clienti ma non vidi piume o padelle per grosse frittate. Quel posto non aveva l’aspetto di una raffineria di Valchiria e l’aria era priva del pungente odore di sostanze chimiche.
Un boato mi fischiò dritto nell’orecchio. La stanza accanto era saltata in aria. Una parete in cemento armato mi aveva salvato il culo ma ora presentava un rigonfiamento nella parte centrale e l’intonaco cadeva a terra in pezzi delle dimensioni della mia testa.
I russi dovevano aver minato tutti i palazzi del quartiere di Lupino, non solo il motel, tanto per essere sicuri. Il posto poteva saltare da un momento all’altro.
Un’altra esplosione si sfogò alcuni piani più sopra. Le pareti e il soffitto vibrarono per una lunga serie di secondi. Non rimasi là ad aspettare che la volta smettesse di scuotere come un budino: imboccai un tortuoso percorso che speravo non mi avrebbe portato dritto agli ordigni successivi. Il fumo era così denso che sembrava di inalare tessuto. Se non avessi trovato in fretta aria fresca e acqua sarei rimasto là a fare il tappeto da soggiorno.
Trovai una via percorribile sulle scale e salii fino al piano terra. Liberai i polmoni con un colpo di tosse grassa e gli occhi, arrossati, si velarono di lacrime purificanti. In quel momento il trillo del telefono era un fenomeno del tutto inaspettato. Trovai l’apparecchio e lo rimirai come si guarderebbe un onesto al governo.
Poteva essere uno sballato in cerca di una dose, ma si rivelò qualcuno di ben più misterioso.
Alzai la cornetta che si agitava per la smania di essere finalmente raccolta.
«Sto parlando con il signor Payne?»
La voce era quella di un uomo. Non riconobbi il proprietario.
«Chi vuole saperlo?»
«Il mio nome è Alfred Woden. Deve muoversi: la polizia sta per arrivare.»
«Dimmi qualcosa che non so.»
«Sanno che si trova lì.»
«Davvero? E tu come lo sai?»
«La contatterò nuovamente.» riattaccò.
Arrivarono i poliziotti con il loro coro assordante di sirene spiegate. Avevo pochi minuti prima che la squadra SWAT facesse irruzione nell’edificio. Pochi minuti per sparire dalla circolazione.
«Max Payne! Qui parla il vice procuratore Jim Bravura della polizia di New York. Deponi le armi e vieni fuori con le mani alzate.»
L’uomo della provvidenza. La voce del vice procuratore si diffondeva con l’amplificazione del megafono. Quasi nello stesso momento arrivarono gli elicotteri, almeno due. Sapevano che ero nei dintorni ma non in quale edificio. A parte questo Woden.
Chi era a da che parte stava?
E soprattutto, come mi aveva trovato?
Di certo non avrei avuto le mie risposte rimanendo in un edificio gravido di esplosivo con una squadra SWAT che si stava per stringere attorno a me.



Puoi scaricare l'intero romanzo (.MOBI, EPUB) per il tuo E-Reader e il PDF per avere la tua personale copia cartacea!



Inserisci la tua mail e scegli il tuo formato!
 
                                                                             


Dopodichè, oltre ai file, riceverai anche i link per ascoltare i tre capitoli dell'audiolibro prodotti insieme a Casanova&Loreti. Il progetto è quello di realizzare l'intero romanzo e così ho pensato a una piccola compagna crowdfunding sulla piattaforma Ko-fi.
L'audiolibro sarà disponibile a tutti in forma gratuita!
Basta davvero poco!


Clicca QUI!

 




Nessun commento:

Posta un commento