Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: Internet a 33k

giovedì 4 febbraio 2021

Dentro il libro e oltre: Internet a 33k


Internet a 33k, come vedrete, non è un capitolo particolarmente lungo ma è da leggere con attenzione perché, vi assicuro, è FONDANTE.

Molte delle cose che ci troverete ve le porterete fino alla fine del romanzo.

Se avete letto la postfazione all’edizione 2020 di Chi più Re di noi allora sapete che una delle fonti d’ispirazione per questo libro l’ho avuto grazie al blog ICoinquilini, fondato nel lontano 2008 e chiuso pochi anni più tardi. È stato l’antesignano di quelle pagine che hanno poi spopolato su Facebook come Il Coinquilino di Merda, Roba da coinquilini e Il coinquilino geniale.

Storie di vita universitaria vissuta e di coinquilini. Voglio confessarvi che oggi, prima della stesura di questo pezzo, ho provato a contattare gli amministratori del blog attraverso l’indirizzo di posta che lasciarono allora. Non so se quella casella viene ogni tanto controllata (ne dubito), ma nel caso succedesse il miracolo, ringrazierò di cuore per esserci stati e aver dato un senso a una piccola parte della mia vita che in qualche, strana maniera, mi ha definito come persona e come scrittore.



Prima di iniziare a scrivere Chi più Re di noi, proprio come un infante che deve muovere i suoi primi, incerti passi nel soggiorno di casa, avevo bisogno di un girello e diversi aiuti per muovermi verso mamma e papà. Queste routine le prendevo dalla conversazioni che ascoltavo in giro, dalle serata con i miei amici e da quello che leggevo per “documentarmi”, per entrare di più nel mood che volevo raccontare. Per questo, nei primi capitoli, poi sempre meno frequentemente, ho usato espressioni e situazioni lette nel blog che mi avevano fatto ridere, che mi avevano acceso in testa una scena che poteva funzionare, che mi avevano dato lo spunto per creare qualcosa di mio.

Prima di inoltrarci nella disamina del capitolo settimanale, “Internet a 33k” vorrei trascrivere, come testimonianza per i posteri e per coloro che non sono stati così fortunati da incappare ne ICoinquilini negli anni in cui era attivo e presente nell’internet, il pezzo originale da cui ho tratto il titolo del capitolo.


Storia 23 (legata a storia 17): La giusta misura


Del periodo in cui eravamo in tre in trenta metri quadrati i divertimenti erano pochi. Le televisione c’era ma funzionava solo con il videoregistratore. Per un periodo ci siamo guardati un po’ di film in cassetta, ma senza colore. Poi, un giorno, anche senza audio.

La cosa più divertente era quando, verso ora di pranzo, mettevamo l’acqua sul gas per la pasta. Io e Massimo avevamo comprato le palline rimbalzine alla macchinetta del supermercato. Le lanciavamo con volenza per terra e poi dove colpivano colpivano. Una volta una pallina fece una mora nel braccio a Ghino, un’altra rovesciò la pentola con l’acqua che bolliva rischiando di ustionarci tutti.

E noi giù a ridere come pazzi. Cosa vuoi, ancora internet andava a 33k.


Ed era così anche per noi, che abitavamo in via Saffi. Non avevamo internet in appartamento (vivevo in una tripla per risparmiare figurarsi se potevo indebitarmi per avere la linea in casa) ma uno dei ragazzi con cui abitavo, ingegnere elettronico, mi sembra di ricordare, in qualche occasione provò a hackerare e inserirsi nella banda internet del vicino, con zero successo. Per controllare le mail e fare qualche navigata su internet, parlare con i gli amici lontani su MSN (siamo ancora nell’era pre-facebook, capiamoci) si andava in dipartimento e davanti a quei due computer, scrausi e macinati per il troppo uso, in fondo al corridoio del piano terra del 38 di via Zamboni. Il problema è che non avevi privacy mentre ti facevi gli affari tuoi perché dietro la tua schiena avevi sempre qualcuno che aspettava il suo turno e poteva benissimo sbirciare lo schermo da sopra la tua spalla durante l’attesa. Se mi ricordo bene, ogni sessione, poteva durare al massimo 30 minuti, poi ti dovevi ricollegare (se non c’era nessuno a farti la posta) o cedere a quello dopo. Ah, per giunta, cosa mai capita, uno dei due pc aveva la sedia, mentre se ti capitava libero l’altro dovevi stare in piedi tutto il tempo. Uno schifo vero. Ma non avevamo così bisogno di internet, io avevo un Nokia 3330 che non mandava nemmeno gli mms e dopo un po’ dovevo decidere quali messaggi cancellare per fare spazio.

Ma ora torniamo a noi lasciando la malinconia per i momenti di nostalgia depressa.

Internet a 33k si apre un po’ come quel post, solo che per Zanna, Enrico e Tette’ creo un gioco da salotto chiamato Lloydball (è un diminutivo, il vero nome è molto più lungo, complicato e politicamente scorretto) che in pratica è una versione del Baseball in cui al posto della palla c’è un saracchio (uno sputo, NDR), al posto della mazza c’è un mestolo (solo Zanna fa l’infelice scelta di usare una ramina, che quando intercetta la palla di saliva, questa si nebulizza e gli arriva a inzaccherare la faccia) e al posto dell’eliminazione decretata dall’arbitro c’è una scoreggia acida sfiatata in pieno muso.


Mentre i decorticati sono impegnati a scambiarsi deiezioni e fluidi corporali Virginia entra in appartamento con uno sbattere di porta poderoso. Ed ecco che, dopo un omaggio a Xena la principessa guerriera con i suoi completini di pelle, comincia una sfilza di citazioni alte di cui vado molto fiero. Virginia passa davanti ai ragazzi, che si chiedono ancora cosa stia succedendo e va a prepararsi il caffè, incazzata come un bufalo e resa muta dalla collera. Enrico, Tette’ e Zanna sanno di dover fare qualcosa ma sono pietrificati da Virginia. Fino a che qualcuno non propone di andarci a parlare e un altro non dirà che sa lui cosa fare, che ha un piano. Se la cosa non vi ha ancora fatto scattare nulla vi dico che ho ricostruito una delle scene più belle e iconiche di Ghostbusters del 1984, quella del primo confronto tra Ray, Peter e Egon con un fantasma, senza strumentazione e zaini protonici. Ora andate a godervela e poi tornate qua.


Dopodiché Zanna racconta un aneddoto sullo zio, Vladimiro Zannetti. Quello che, morendo, ha lasciato libero l’appartamento di sopra, in cui è andata a vivere la misteriosa inquilina. In vita, lo zio di Zanna era un vero rompicoglioni. Un solitario che non sopportava il prossimo e vessava i nostri, con scontri epici con il mai domo Tetteballerine, che non aveva remore reverenziali nei confronti di un anziano. In ogni caso è un aneddoto che qualcuno mi raccontò durante una delle mie stagioni alla Cantina Sociale di Forlì e ha a che fare con un ragazzo camerunense particolarmente prestante e una battuta smaccatamente razzista, anche se detta senza l’intento di offendere o denigrare ma solo di richiamare un umorismo di provincia, di campagna, circoscritto in un canone stilistico difficilmente esportabile.

Virginia è ormai tornata nella sua stanza quando iniziano a sentirsi forti rumori in tutta casa. Subito i ragazzi danno la colpa alla compagna d’appartamento ma presto capiscono che non è lei a causare quei tonfi e quel baccano. Vengono dal piano superiore. Dall’appartamento gemello al terzo piano, quello in cui abita l’inquilina misteriosa che Enrico sta inseguendo ormai da settimane.

È la prima volta che gli altri la sentono e Enrico può finalmente scrollarsi di dosso la sensazione di essere considerato totalmente sciroccato dagli altri. Tetteballerine è quello che, ovviamente, ha la reazione più esagerata di tutti: urla esattamente quello che urla un arrapato Kevin Bacon in Tremors quando scorge in lontananza la figura della ricercatrice (interpretata da Finn Carter, e love interest del film). 


Appena una battuta per ricordare Ace Ventura l’acchiappanimali e si ritorna a Tremors, quando Zanna, Terrorizzato da quel frastuono increscendo, chiede a tutti di non muoversi, che l’essere li può sentire attraverso le vibrazioni provenienti dal  “soprasuolo” (dato che usare il termine soffitto sembrava troppo banale). Tette’ e Enrico gli danno corda mentre Virginia no, è uscita dopo aver spezzato le illusioni di Enrico sull’aspetto dell’inquilina. Purtroppo, però, è proprio in quel momento che il vecchio frigorifero decide di imbizzarrirsi come un cavallo e saltellare per la cucina. Zanna ci si avventa sopra tentando di ammutolirlo ma il Graboid che sta scavando sotto la superficie della loro suggestioni li ha sentiti e sbatte di nuovo, con più forza, una porta. 


Enrico però quel suono lo riconosce e si proietta fuori dall’appartamento. Se era il portone del condominio vuol dire che l’inquilina è appena scesa. Quale momento migliore per seguirla e, finalmente, incontrarla? Però il destino beffardo ci metterà lo zampino e riempirà la strada della consueta, affollata, giornata di mercato. L’unica cosa che resta da fare al nostro Spanky è quella di rivolgersi al Pakistano dell’alimentari sotto il condominio per chiedergli se ha visto qualcuno uscire dal portone prima di lui. Quella che sentirà, in quell’italiano abbozzato al curry, sarà la prima descrizione dell’inquilina del terzo piano.

Bella, alta e russa.

Tenetevi stretti questi indizi fino alla fine del romanzo. Ne arriveranno altri.


La canzone del capitolo: New York groove by Kiss

Voi immaginateveli quei tre a giocare a questa versione infettiva del baseball per casa, correndo attorno a un tavolo, saltando sul divano, facendo slalom tra le sedie e praticamente mettendo a repentaglio la loro incolumità e la resistenza strutturale dell’edificio stesso, in quella assolato pomeriggio di fine estate/vacanze. Guardatevi gli schizzi di saliva nebulizzata al rallentatore descrivere meravigliosi archi in aria, prima di impattare umiliante addosso a qualcuno. Non è proprio una canonica scena di training da film sportivo, ma ha la stessa forza galvanizzante.





Per finire, non dimenticarti che il romanzo su Max Payne esiste e lo puoi leggere senza spendere un euro che è uno!



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