Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: Hamburger di delfino

venerdì 29 gennaio 2021

Dentro il libro e oltre: Hamburger di delfino

 


I protagonisti principali ormai li abbiamo conosciuti tutti. O quasi.

Manca Virginia e sì, scoprirete presto perché l’ho tenuta per ultima. Non è un caso.

In “hamburger di delfino" dovrebbe esserci una delle frasi più smaccatamente sessiste del romanzo o, almeno, quella che potrebbe all’apparenza sembrarlo. Nello specifico affermo che i vocaboli “ragionare” (inteso come “giungere a un compromesso tra due o più soggetti attraverso l’uso della dialettica”) e “donne”, raramente si riescono ad accostare all’interno della stessa frase. È una provocazione, non una forma di sessismo quindi non lasciatevi ingannare del primo, roboante impatto. È il risultato più manifesto e frequente della differenza tra la modalità di discussione che assumono le donne rispetto a quella sfoderata dagli uomini. A noi maschietti, generalmente, il conflitto non piace, ce ne teniamo alla larga ben volentieri. Siamo spesso accondiscendenti e voltiamo pagina prima che si possa sentire “Le squadre rientrano in campo per il secondo tem…”. Le donne, o la maggior parte di esse, vivono la diatriba e la discussione come parte fondante dell’esistenza. Ne hanno fatto un arte e scritto la maggior parte delle regole per uscirne vincitrici. Se ci distraiamo, noi uomini, alla fine non riusciamo a ricostruire nemmeno un quarto delle mosse con cui sono riuscite a metterci nel sacco, a convincerci che eravamo noi in torto quando all’inizio eravamo convinti che avremmo invece stravinto. 


Ti sei distratto? Boccheggi come un tonno e aspetti l’asfissia. 

Non ti sei distratto ma senti comunque montare sensi di colpa immeritati? Hai perso, puoi fare ricorso alla VAR ma comunque è fatta. 

Puoi dare la risposta giusta o porre la domanda corretta per aprire una breccia nella puntigliosa ricostruzione che ti ha fatto di come avevi torto marcio ma verrai fatto passare per quello che prende tempo per rispondere perché ci devi pensare, e se ci devi pensare su è perché sai di avere torto.

Ma c’è una terza opzione:, la diatriba la puoi anche VINCERE. Ma è raro e non puoi permetterti di distrarti nemmeno un secondo. 

Quando sei sotto al fuoco e meravigliosamente ottieni la parola con lei devi mantenere il punto, individuare le falle del suo ragionamento e incalzarla, ancora e ancora. Cercherà di deviare l’argomento, di portare all’interno della discussione argomenti non calzanti, episodi passati in cui hai sbagliato e in cui avevi confessato le tue colpe. Sono soltanto distrazioni, sono colpi al costato portati all’unico scopo di sfiancarti, farti cedere, esporre il mento e metterti KO. 

È così che veniamo battuti il 99% delle volte. Perché le donne, in questo, sono più brave di noi e anche perché molte volte siamo effettivamente stati dei cazzoni. 

Le discussioni che non si possono MAI vincere, però, sono quelle contro gli analfabeti funzionali e in questi mesi di crisi mondiale le loro unità, che prima ritenevo sostanziose ma entro determinati limiti salvifici per la razza umana, sono apparentemente aumentate a livelli critici (apparentemente nel senso che c’erano anche prima ma non si mettevano così in mostra commentando - senza leggere - qualsiasi cosa per noia da Lockdown). Contro questi soggetti si può attuare solo un massiccio impiego di cultura cingolata e grugni duri. “Prendili da piccoli”, citazione non è mai stata usata più ad uopo.

Virginia, insomma, è la quinta inquilina di quello sgangherato appartamento bolognese. È l’ultima arrivata e divide la camera con Cecilia. Enrico-Spanky ce la racconta subito come la sua arci-nemica accostandola allo squalo di Spielberg e ai dissennatori letterari di J.K. Rowling (l’arrivo di Virginia nella casa è descritto proprio con la sensazione che ebbe Harry la prima volta che incontrò una delle guardie di Azkaban: profonda tristezza e un freddo avvolgente che si insinua fin dentro l’anima. Disperato, come se non potesse essere mai più felice). Un tipino mica da poco, insomma. L’inizio della contesa tra i due però non viene spiegata nel dettaglio. I due si stanno antipatici, non si sopportano, a malapena riescono a guardarsi e stare insieme nella stessa stanza per più di cinque minuti. Se diamo retta a Enrico, è Virginia che ce l’ha con lui ma della scintilla che ha acceso l’incendio, nessuna idea concreta.


Veniamo a sapere che il primo epico scontro tra Enrico e Virginia finisce con una lista di comportamenti fastidiosi che la ragazza redige per il coinquilino, su sua diretta richiesta. Due in particolare vengono dal mio vissuto: muovere la bocca mentre qualcuno mi parla, come un pappagallo in modalità silenziosa; aver girato in mutande per impressionare, con il mio fisico asciutto (eh, bei tempi!), giovani colleghe di università con cui ho condiviso una foresteria al tempo della mia ricerca per la tesi a Ostuni, Puglia.

Il primo è un riflesso involontario che mi hanno fatto notare per la prima volta al liceo. Credo più che altro sia il segno che sono concentrato su quello che sta dicendo il mio interlocutore. Può essere visto sì, come un tic fastidioso per chi mi parla e magari si deconcentra e perde il filo del discorso, ma allo stesso tempo è un attestato di stima dato che sono veramente interessato a quello che sta dicendo e non guardo il cellulare riemergendone ogni tanto con un’affermazione inutile (eh, lo so) o uno sterile quesito (ma cosa dici?) che non arricchiscono la conversazione.

La seconda nota, quella di mostrarsi in mutande per impressionare, è invece consapevole e cercata e denuncia una totale ignoranza, da parte mia,  di ciò che accende i moti carnali del gentil sesso. Non ho l’elenco di ciò che funziona, ma sicuramente non è lo sfoggio del proprio corpo senza veli. Se non sei Chris Hemsworth. E non lo sei.

Il titolo di questo capitolo anticipa le modalità e le strategie con cui Enrico affronta le discussioni contro la pragmatica, razionale Virginia: l’impiego del paradosso, il ricorso all’assurdo, l’estremizzazione, l’iperbole servono per smascherare le contraddizioni dei punti saldi delle argomentazioni altrui. Provateci, è divertente spiazzare l’altro, portarlo ad uno stallo logico che potrebbe provargli SHOCK e farci vincere la contesa.


La citazione più nascosta di questo capitolo è quella sul ciclo mestruale (inteso come vero e proprio ciclo a pedali su cui si può salire e andare) che il ventriloquo Jeff Dunham fa pronunciare al suo personaggio di maggior successo, Walter. Recuperate tutto quello che potete di questo artista, sottotitolato e non, perché merita.


In ogni caso: si tratta di forme di sessismo becero e violento? No, tutto va contestualizzato. Soprattutto una battuta, che per funzionare deve essere veloce, immediata e d’impatto.

La stessa cosa vale per il romanzo: Chi più Re di noi va letto per intero senza prendere scorciatoie moraliste o inalberarsi in difese inutile a favore della donna. Amo e rispetto le donne, sappiatelo. E non direste così se aveste letto il romanzo fino in fondo.

La copertina originale del capitolo “Hamburger di Delfino” ritraeva la celebra scena di Happy Days in cui Fonzie salta lo squalo facendo sci d’acqua. La canzone da colonna sonora è niente po’ po’ di meno che il tema del film “Lo squalo” di John Williams. Tutto per mostrare quanto grande fosse il desiderio di Spanky di evitare di affrontare l’argomento Virginia, saltandolo a piè pari. Ma come il classico “elefante nella stanza”, prima o poi bisogna farci i conti. Non lo si può ignorare per sempre. E ignorare i problemi non è il modo in cui vogliamo vivere. A noi piace prenderli di petto, misurarci con loro e, se il vento è buono, risolverli. Non ci riusciremo sempre, questo è vero ma troveremo sempre il modo per riderne, prima o poi.

Dobbiamo farlo. Ce lo dobbiamo.

È meglio andare incontrare la vita con una risata che con un viso rigato di lacrime, no?


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Per finire, non dimenticarti che il romanzo su Max Payne esiste e lo puoi leggere senza spendere un euro che è uno!



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