Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: Giringiro

giovedì 14 ottobre 2021

Dentro il libro e oltre: Giringiro

 



Ecco che ci siamo, proprio qui vi aspettavo.

Il capitolo intitolato Giringiro è molte cose tutte insieme, come capita spesso in questo strampalato romanzo che promuovo, mai domo, da almeno dieci anni.

È una pazza avventura che pesca con le sue mani avide direttamente nel vissuto del suo autore, spolpandolo della linfa dei ricordi che forse non aveva intenzione di sbandierare così alla leggera.

In ogni caso, nessuna premessa può dirsi completa senza la radice primigenia che l’ha generata:



Presente sia in Chi più Re di noi che in 127 Express (un concentrato del primo sul tema del Viaggio), Giringiro è una roulette russa di situazioni, attimi e persone incrociate di sfuggita e poi perse di vista dentro una folla in un ottovolante di vita che non si può fermare.
A differenza di Spanky, Zanna, Tetteballerine e Fangio io non sono mai stato uno dalla vita sociale così attiva e di serate Giringiro come quella che leggerete nei romanzi ne ho fatte ben poche. Sono uno di quelli che considera la qualità di gran lunga preferibile alla quantità.
Voi direte: “Ok, bravo, tutto bello ma…che minchia è una serata Giringiro?
Grazie per la domanda: è molto semplice. 

Dicesi “Serata Giringiro” quella in cui, dopo uno lasso di tempo prestabilito che, in un periodo coincidente con l’attività serale dei principali locali notturni in cui si abbia intenzione di recarsi, che possiamo racchiudere in circa quattro ore (dalle 22:00 alle 02:00 del mattino), i partecipanti seguitano a spostarsi da un’ubicazione all’altra al fine di prendere il meglio dall’occasione, in quanto a termine poiché limitata nel tempo, lasciando da parte paura di fallire e procrastinazione congenita e agendo senza scuse.
Scusate il parlar così forbito, ma citavo a memoria la Treccani, nella quale Giringiro è vergato con caratteri d’oro e scaglie di drago.



Nel capitolo, invece, la definisco così, che sono meno studiato:

Perché romperci i coglioni per ore in un posto che non è in grado di offrirci ciò che vogliamo? Perché non abbiamo il coraggio di cambiare? Perché rimanere tre ore a fissare una tipa seduta al bar cercando le parole giuste da dire per poi andarsene senza aver cagato fuori nemmeno mezza sillaba?
Bisogna avere delle scadenze. Se hai i minuti contati, se sai di avere soltanto mezz’ora prima di ripartire per una altro locale la tua mente si svuota da tutte le fantasie, da tutti i dubbi del cazzo per metterti davanti solo una cosa: il PRESENTE.

L’unica regola di un GIRINGIRO: non puoi restare in un posto per più di trenta minuti. Allo scadere del tempo devi andartene, senza eccezioni.

A voi la scelta della definizione che più vi aggrada. I curatori della Treccani non si offenderanno.

L’occasione dei ragazzi per questa specifica serata Giringiro la fornisce l’8 marzo, Festa della Donna, che è nata con scopi commemorativi e onorevoli e che invece si è trasformata in un sequel de “La notte del Giudizio” in cui tutto sembra concesso a uomini ingrifati e donne pure, senza nessuna conseguenza per l’indomani.



Comunque, visto lo stato d’animo iroso di Tetteballerine per il fatto che gli altri lo stiano lasciando da solo perché occupati a fornicare con le rispettive frequentazioni, gli amici decidono di sfruttare il giorno di celebrazione in cui si regalano mimose e si sogna di venir investiti da una vagonata di estrogeni e gridolini ubriachi, per rinsaldare i vecchi legami di amicizia. Farà da Cicerone Fangio, in quanto miglior conoscitore dei luoghi in cui la temperatura si alza con maggior vigore. La serata comincia subito con una sorpresa: dopo mesi di assenza, ricompare Membrokid, che annuncia di essere tornato dal Sudamerica (nessuno si stupisce, dato che è un noto e incallito turista sessuale). Non c’è tempo, comunque, di star lì a darsi delle pacche sulle spalle, che la notte è giovane ma i posti da visitare sono tanti, alcuni fatti in solida muratura e altri, almeno è quello in cui si augurano di incappare, di nuda pelle.
La prima meta è il Parquet, un locale in centro in cui la luce soffusa e l’atmosfera da loft ricercato, oltre alla presenza elegante di scaffali pieni di libri e oggetti di modernariato, ne fanno una piacevole nicchia in cui andare a darsi un tono intellettuale, quasi da golfino e pipa in bocca. Tutto a posto se non che, non essendo troppo grande ed essendo molto in voga tra gli studenti universitari, quella sera si fa fatica a spostarsi da un lato all’altro per la troppa gente. Spanky non si avvilisce e anzi trova il tempo di darci un consiglio molto prezioso: i libri sono un ottimo spunto per rompere il ghiaccio e un locale che li offra così liberamente ai propri avventori, è da segnare sull’agenda con accanto un paio di stelline per coloro ben disposti a trovare una forma di rimorchio ancora poco intrapresa.



L’ideale sarebbe trovare degli Harmony, ma un buon lettore, che sappia mettere gli accenti giusti e infondere il tono ideale e malizioso a frasi che potrebbero prestarsi a un’interpretazione birichina, saprà cavarsela comunque alla grande.
Questo, come il Parquet e gli altri pub presenti nel capitolo, l’ho preso dal vissuto personale. È stato durante una vacanza studio all’estero che ho scoperto come possa rompersi il ghiaccio fra i sessi quando si leggono ad alta voce passaggi sconci infarcendo il tutto con abbondanti pizzichi d’ironia. Mentre si ride di situazioni piccanti e sinonimi desueti per gli attributi sessuali dei maschietti e delle femminucce, così da non ripetere all’infinito “pene” e “vagina” che non siamo al consultorio, nella mente di chi ascolta vanno ad innestarsi immagini e sensazioni che possono preparare il terreno per un successivo, e più diretto, approccio. Tanto ne abbiamo riso fino a cinque minuti fa di fare le cosacce, chissà se facendole non ci divertiamo ancora di più.



Oh, e comunque è molto più facile da mettere in pratica che razionalizzarlo a livello processuale, credetemi. Provate.
Finito il tempo per diventare leggende al Parquet (il locale a cui mi sono ispirato è il Moquette di Forlì)


È ora di passare alla storia nel secondo locale, il Laser (Vedi X-ray di Forlì).



Zanna, già sistemato con la sua spagnola, si fa catturare dal vortice di gioco del flipper all'ingresso, tanto da proferire maledizioni ad alta voce in quella sfida alla gravità che prima o poi bisogna perdere e tirare un’altra pallina. Il problema è che sta facendo convergere sull’intero gruppo l’attenzione sbagliata, così è compito di Tetteballerine riportarlo nei ranghi con sberla che ha rivoltato il gracile amico come un calzino.
È proprio al Laser che finalmente si riesce a dare una risposta all’annosa questione:

“Perchè le ragazze devono sempre andare in due alla toilette?”. 


Mettere il piede oltre l’uscio di casa propria e immergersi senza salvagente nella corrente di umanità che la vita sociale dispensa generosa vuol dire disporsi a favore dell’inconscio, della possibilità di cambiare opinione, di abbracciare idee nuove, di prepararsi ad avere folgorazioni inaspettate che possano sconvolgere il piccolo e caldo mondo che ci ha sempre tenuti al sicuro.
Ogni persona lungo il nostro cammino è un intero universo che potrebbe potenzialmente rivoltare del tutto il nostro. E nessuno dice che sia un male. Mischiarsi è ricchezza.
Per questo, come autore, sono contento di essere stato in grado di creare il Diagramma Miyagi. Esso è stato concepito per poter permettere a membri di gruppi sociali diversi, che provano un’attrazione reciproca, di conoscersi e incontrarsi. Perché il gruppo di amici è sia uno scudo che ci protegge, una culla che ci tiene al caldo nella nostra comfort zone, che un tremendo ostacolo per le nuove conoscenze.
Ma col Diagramma Miyagi i membri di ciascuno gruppo (che per definizione si ammassano quasi sempre in forme vagamente circolari per parlarsi tra loro), iniziano a spostarsi fino a che i due membri che si piacciono non siano uno di fronte all’altro, finalmente in grado di conoscersi. Tutto questo al solo echeggiare del nome del mastro di Okinawa che insegnava il karate mentre da furbo si faceva pure lucidare la macchina.
Dai la cera, togli la cera, Daniel San.


Il terzo locale di questa pazza serata vagabonda è l’Eptagon (Aka Diagonal Loft, Forlì) e i ragazzi lo scelgono perché ogni classe sociale (sì, ci sono ancora) è rappresentata al meglio e perché, standoci abbastanza, è possibile veder passare tutta la città, prima o poi. È frequentato da tutti e chiunque tu sia, puoi restare e accomodarti dove ti pare senza sentirti fuori luogo. Una piccola annotazione è necessaria farla dato che, proprio per la sua alta rappresentanza d’umanità, chi si sente cacciatore pensa di avere migliori chance di portarsi a casa qualcosa ed è per questo che la maggior parte delle serate sembra la fiera della salsiccia più che un pub in cui trovare compagnia disinibita.



L’atmosfera di allegra anarchia viene però interrotta da Membrokid che decide, dopo tre ore di bisboccia, di venirsene fuori con una rivelazione che fa cadere Fangio dalla sedia:

“Mi sposo.”

Eh sì, perché è bene ricordarlo: Membrokid, che fa la guardia notturna in un centro commerciale, sposato lo è già stato, ed ha pure divorziato, oltre ad aver sempre dichiarato che con le promesse nuziali ha già dato per un paio di prossime vite. Fangio la prende così male che sbraita incontenibile e Spanky chiede numi. Membro* racconta di aver conosciuto Marcela, una ballerina di Rio mentre era in vacanza e di essersene innamorato a tal punto da fissare il matrimonio da lì a poco.



Vista la provenienza della ragazza, Tette’ chiede come stia messa a palle, Fangio invece si informa di quale disturbo psichiatrico soffra la poverina per voler passare il resto della sua vita con il suo migliore amico e poi dichiara che il giorno stabilito si presenterà vestito a lutto.
Membro* gli dice solo che lo sta aspettando qualcosa di peggio.
Certo, fargli da testimone, assistere alla sigla di quel patto coniugale che sancirà la morte della loro amicizia.

La canzone: Land Downunder by Men at work

Per questo capitolo non potevo non scegliere Land Downunder dei Men at Work, probabilmente il brano più iconico della band australiana, ma non l’unico degno di nota e plauso. Se non vado errato, e la memoria mi assiste, questo è uno di quei brani che, al tempo (per quanto mi riguarda i primi anni 90’) mi ronzava in testa senza pace e volevo ascoltarlo e riascoltarlo finché non mi fosse venuto a noia. Quasi sicuramente era stata usata come jingle di una pubblicità di una compagnia di viaggi, come Won’t let the sun go down on me di Nik Kershaw. Parlo di un periodo in cui Youtube non esisteva (in casa manco avevamo un pc, figurarsi una linea internet) e si poteva soltanto ricorrere allo skip scellerato da una stazione radio all’altra nella speranza di beccarne anche solo qualche secondo.







Chi più Re di Noi: la ragazza che ascoltava i Guns N' Roses

Editore: Andaluso Errante Books
Prima Edizione: Dicembre 2016
Seconda Edizione: Ottobre 2020
Genere: Narrativa Contemporanea


Quarta di copertina: "Bologna. Una nuova ragazza è venuta ad abitare nell’appartamento sopra a quello di Enrico, Tette’ e Zanna, solo che nessuno l'ha ancora vista. Il primo si è convinto che si tratti della donna della propria vita ed è deciso a incontrarla, il secondo si è offerto di curarne l'irrequieta smania di svegliarli nel cuore della notte facendole assaggiare un po' del toro da monta qual è, l'ultimo non è sicuro che il fantasma dello zio morto in quella casa la lascerà in pace.
Cecilia e Virginia alzano gli occhi al cielo"


NB: da qualche giorno è disponibile anche la variant cover dedicata a John Belushi e Animal House!
Costa solo 1.50 in più rispetto alla classica perché è in copertina rigida!



Qualche Recensione:



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