Alessio Chiadini Beuri: Mio nonno diceva sempre di no - Francesco Satanassi_ Recensione

martedì 26 gennaio 2021

Mio nonno diceva sempre di no - Francesco Satanassi_ Recensione

 



Sono contento che la prima recensione di questo 2021 sia dedicata a un'opera che tratta di un tema importante come quello della Resistenza al nazi-fascismo. Quella che vi presento oggi, 27 gennaio Giorno della Memoria, è una storia personale, piccola, circoscritta a una ristretta cerchia di uomini, gli Internati Militari Italiani. Un unicum storico, come la scelta che fecero. Un diario, in questo caso di prigionia, essendo scritto al presente, rende più efficace l'atto di immedesimazione del lettore che, provando quei patimenti, quelle sofferenze e quelle ingiustizie come sue potrà ricordarle nel tempo e, magari, farsi testimone, a sua volta.


Mio nonno diceva sempre di no - Francesco Satanassi (ed. 2019)


Il libro inizia con una citazione di Beppe Fenoglio tratta da “Una questione privata” del 1963 e fa capire al lettore che tipo di storia si troverà davanti: la storia dei soldati italiani deportati a seguito dell’armistizio del 8 settembre 1943.

Dopo diversi tentativi di trovare un editore e un cambio di titolo (Il barbiere del lager) Francesco Satanassi decide di autoprodursi e distribuire “Mio nonno diceva sempre di no”: il diario di Balilla Gardini (e nonno dell’autore), soldato del regio esercito che nel ‘43, dopo aver deposto le armi e rifiutato di collaborare con i tedeschi, verrà internato insieme ad altri 650.000 fino alla fine della guerra, sotto l’acronimo IMI (internati Militari Italiani).

La difficoltà di trovare un sostegno editoriale per questa storia, come scopriamo subito, è soltanto l’ultimo tassello di una damnatio memoriae riservata ai soldati dell’IMI che è andata avanti da quell’infausto 8 settembre del 1943.

“Non è più un tema d’attualità”, “Manca l’interesse”, “I lettori preferiscono storie in cui succede qualcosa, e qui non c’è molta azione” (che si può anche leggere come “non ci sono abbastanza martiri, o sacrifici, o morte") sono le ragioni, dette e sottointese addotte a un libro che è un pugno allo stomaco e che senza moralismi racconta quello che fu e quello che è stato, scientemente, dimenticato.

C’era un modo per i soldati italiani dopo l’armistizio per sfuggire alle torture fisiche e psicologiche dei lager, per sottrarsi alla fame, alle malattie, alla morte per sfinimento o a quella per essere usciti dalla fila a raccogliere qualche buccia di patata per zittire uno stomaco avvelenato: firmare da collaborazionisti il reintegro e tornare a casa, servire il ricostituito esercito fascista della RSI (Repubblica Sociale Italiana) al fianco dell’alleato nazista.

Questo libro parla di una resistenza immobile, di un grido di ribellione silenzioso, scandito con il rifiuto, con la forza di una sillaba pronunciata restando fermi, sicuri della sofferenza che essa avrebbe portato: NO. Portateci in Germania, fateci mangiare segatura, fateci lavorare fino allo sfinimento. Sopporteremo il freddo pungente e i morsi della malaria, tutto pur di non entrare negli incubi vividi di altri innocenti. Noi resistiamo.

Il testo, ricco di informazioni storiche utili e comprendere il contesto in cui Balilla Gardini racconta, è disseminato da citazioni di autori come Tonino Guerra, Lorenzo Scarponi, Raffaello Baldini, Alessandro Natta, Primo Levi, Daniele Benati che, non solo hanno il merito di infondere maggior autorevolezza al tutto, ma anche quello di ricordare che questa storia non è isolata, unica e solitaria ma che erano tanti, in quei giorni, a provare le stesse emozioni, a vivere gli stessi orrori, a tremare delle stesse paure e a sperare gli stessi ritorni.

Se ancora ce ne fosse bisogno, “Mio nonno diceva sempre di no” fa cadere il velo sulla propaganda fascista, rivelandone le menzogne e scoprendo un gigante coi piedi d’argilla.

Furono 650.000 i soldati italiani che scelsero di dire di no e a subire un trattamento più crudele e spietato rispetto agli altri prigionieri di guerra. I soldati italiani erano considerati alla stregua dei pidocchi, traditori senza valore a cui si poteva negare tutto, compresa la memoria. Grazie a Francesco Satanassi e Balilla Gardini possiamo ricordare quanto gli IMI, internati militari italiani, fossero stati prima ingannati con false promesse di rientro in Italia, poi internati e fatti morire di stenti e infine, per coloro che ritornarono, guardati con sospetto dai propri connazionali e dimenticati, cancellati dalla storia di un’Italia che non fu unita nemmeno nel dolore e nel ricordo.

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Per contattare Francesco Satanassi: Tumblr, Facebook, Instagram, oppure puoi scrivergli direttamente alla mail: checcosata@gmail.com

Trovi Mio nonno diceva sempre di no anche su Spotify, qui.

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