Alessio Chiadini Beuri: Alex Balder

mercoledì 13 novembre 2019

Alex Balder




La porta d’acciaio era stata scaraventata contro il muro, divelta con violenza dai cardini. L’onda d’urto l’aveva piegata come una scatoletta di cibo per cani. Cercai di attenuare il ronzio nella testa scuotendola con energia ma sentì solo il cervello ballare dentro la scatola cranica.
Stordito, non mi ero premunito di assicurarmi che il nuovo ambiente fosse in sicurezza.
Fu l’uomo in piedi al di là del tornello chiuso a ricordarmelo.
Il respiro restò trattenuto nella gabbia toracica mentre il cuore pulsava incazzato per levarselo dalle palle.
Qui giace Maximilian Payne. Un grande coglione, fottuto come al primo giorno di scuola. Sei morto perché hai dimenticato l’unica legge in vigore su questa terra: sempre a cazzo duro.
Max, bè, tutto sommato il viaggio non è stato male.
Le braccia mi bruciavano da impazzire. Peccato per il finale. Peccato per non aver saputo mantenere la promessa fatta.
Mi dispiace, ragazze, non sono stato all’altezza.
«Max! Santo cielo! Stavo quasi per spararti!» Balder. Tirai un sospiro di sollievo e abbassai la pistola.
«Alex! È un piacere rivederti!»
«Che diavolo succede? Ci sono più cadaveri qui che nell’obitorio della contea.»
«Una rapina, sfruttando un vecchio tunnel in disuso che corre sotto il caveau della Trust Federal Bank. Sono gli uomini di Lupino.»
«C’è Lupino dietro a tutto questo? Ne sei sicuro?»
«Abbastanza. Bel posticino per un appuntamento, comunque. Riesci a passare?»
«No, è chiuso. Dobbiamo andarcene da qui, ancora più in fretta se Lupino è coinvolto. La talpa potrebbe…»
Alex non riuscì a terminare la frase perché qualcuno dall’altra parte, nascosto alla mia vista, gli sparò alla schiena, come una cane. Alex cadde verso destra. Il killer doveva essere appostato sulla scalinata che si perdeva dietro l’angolo. Una posizione che avrebbe concesso una perfetta via d’uscita. Tutto ciò che fui in grado di fare fu guardare Alex Balder accasciarsi a terra tentando di sorreggersi al muro per più tempo possibile, fallire miseramente e arrendersi quando le forze lo abbandonarono senza grazia.
Povero Alex.
Non c’era più niente da fare: era morto e i suoi occhi senza vita mi fissavano immobili.
Mentre tentavo di raggiungere Alex e il suo assassino le sirene della polizia entravano in scena come un coro di voci infernali. Erano ancora lontane ma non lo sarebbero state per molto. Del mio stesso parere era evidentemente l’uomo che aveva sparato a sangue freddo a Alex: fu a lui che associai il suono dei passi che risalì la scalinata e che poi sparì, dopo una breve eco, nell’atrio della stazione e dalla mia vita. Per il momento.
Mi aggrappai al cancello e strattonai con forza nel disperato tentativo di aprirlo. Tutto inutile. Lasciai là il corpo dell’unica persona al corrente di ciò che avevo fatto negli ultimi tre anni e della mia missione. Il mio nome e la mia faccia non comparivano più negli archivi della polizia e negli annuali dell’accademia. Tutto era stato cancellato con maestria quando ero entrato a far parte della DEA. Era stato fatto perché nel caso in cui qualcuno avesse scavato per sapere chi fossi davvero, ne sarebbe uscito solo con precedenti creati ad arte e una fedina penale lurida al punto giusto.
Mi trovavo dove avevo fatto il possibile per non tornare. Il mio girone infernale nella metropolitana aveva finito per riportarmi al punto di partenza, come in una spirale senza fine.
Affrettandomi verso Roscoe street mi domandai perché Alex fosse dovuto morire. E perché aveva voluto incontrarmi. Certo era che non si immaginava che sarebbe finita così, o che ci saremmo trovati in mezzo a una rapina. Per giunta non una organizzata dal clan mafioso a cui stavamo dando la caccia. Strano che non avessi sentito nulla nell’ultimo periodo. Strano che Alex non ne fosse a conoscenza. Se c’era davvero una talpa all’interno della famiglia allora era plausibile che avesse saputo di me al punto tale da tenermi lontano dalle informazioni vitali ma non abbastanza da farmi mangiare la foglia. E forse erano già sulle tracce dello stesso Balder, chissà da quanto. La pallottola vagante aveva ucciso lui e non aveva proseguito con me, potenzialmente più pericoloso per gli affari della famiglia. Se avessero ammazzato me avrebbero segato le gambe alla DEA, costringendola a ricominciare tutto da principio.
Il cielo scuro spargeva ancora fiocchi di neve e il vento gelido si insinuava tra i vestiti, seccando la pelle e intaccando le ossa. La neve sui gradini scricchiolò sotto le scarpe. Uscì nella tormenta, le mani al caldo strette attorno ai revolver fumanti.
Rosce Street.

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