Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: Uptown Zanna

giovedì 11 febbraio 2021

Dentro il libro e oltre: Uptown Zanna


Cominciamo dalla fine, questa volta: la parodia della scena dello shopping di Pretty Woman penso che l’abbiamo fatta in molti, scemi goliardici che non siamo altro, anche se non tutti abbiamo il coraggio di ammetterlo. Se guardate da questa parte mi vedrete con la mano alzata, con fierezza. Nel cinema, di parodie di quella scena con Julia Roberts ce ne sono a bizzeffe. Praticamente è quasi d’obbligo quando in sceneggiatura i protagonisti si trovano in un atelier o al centro commerciale (Vi dichiaro marito e marito, Crazy, Stupid Love per la versione al maschile, Mia moglie per finta, Highlander 2,Stranger Things, etc etc): ci si provano tonnellate di vestiti, di combinazioni improbabili solo per farsi dire di no dalla persona che ci accompagna e che se ne resta comoda su un divanetto davanti alle cabine per quelle che sono sei ore, nella più rosea delle ipotesi, con le commesse che a una certa vorrebbero pure chiudere e andarsene; no provati questo, gira su te stessa da brava, no che orrore, ma quanti ne ha ancora là dentro? Il parchimetro è ormai scaduto da un paio d'anni.


Per tutto questo immaginario che si porta dietro non potevo non scegliere “Oh, pretty woman” per la colonna sonora di questo capitolo. Perché se vai al centro commerciale a provarti dei vestiti è Roy Orbison l’eroe che devi chiamare.


Dopo aver quasi incontrato l’inquilina del piano di sopra, Enrico ne ha ora un’immagine più vivida grazie alla descrizione che gli ha fatto Sahid, il pakistano dell’alimentari sotto casa. Un personaggione da macchietta di cui mi diverte sempre leggere ad alta voce le battute, mentre le sto scrivendo, in quell’idioma inventato mezzo paki - mezzo italiano. Sahid è un personaggio che tornerà spesso in Chi più Re di noi, un po’ come il Ranjit di How I met your mother.


“Uptown Zanna” inizia con Spanky svegliato dall’inquilina del piano di sopra. Come la goccia che scava la roccia, così anche brevissime manifestazioni della sua presenza si fanno strada nei pensieri di Enrico che ora ha a disposizione più elementi per dipingerne un ritratto dai contorni definiti. Ma come se la immagina una ragazza della sua stessa età, universitaria come lui, in una città come Bologna? Riversandoci quelle caratteristiche che a lui piacciono, che lo farebbero interessare a lei, facendo in modo che il sogno rivesta senza difetti il suo stereotipo di ragazza perfetta. Guardando il soffitto se la immagina con quelle sue lunghe gambe affusolate seduta sul letto, intenta a leggere un libro, la chioma raccolta in uno chignon che ne lascia in vista il collo, sottile. Se non è autoerotismo onirico questo, ditemi voi cosa lo è. L’inquilina non se la figura, per esempio, come Cecilia o Virginia: nervosa per un esame, arrabbiata a morte con qualcuno, incasinata o fragile. L’inquilina è una ragazza idealizzata che sa benissimo quello che sta facendo, dove vuole arrivare. È serena e consapevole di se stessa, è misteriosa, però, e non si presenta alla porta di Enrico per farsi conoscere, ma sfugge, non si fa trovare. Enrico lo sa che c’è un motivo per quel comportamento e non si risponde che è stronza, ma che se fa così è perchè sta agendo nell'interesse e per la felicità di entrambi, per quando ovviamente coroneranno il loro amore stando insieme.

Enrico è un sognatore. Passa molto più tempo nei suoi pensieri a elucubrare immaginari ipotetici che a viverli.

Un roba da espianto di cornee


Enrico è così sveglio dalle 6:00 di mattina perché l’inquilina lo ha svegliato e, non potendo più dormire, si è alzato e ha preparato il caffè, stupendo Virginia e chiacchierando con Cecilia, a cui però ha evitato di parlare della ragazza di sopra.

Quando riemergono dal coma profondo anche Zanna e Tetteballerine, Spanky gli comunica che il giorno è arrivato. Tette’ si galvanizza, Zanna si dispera. La missione è quella di rendere meno alieno Zanna, cambiandogli il guardaroba (come esempio negativo di stile vengono citati i The Communards, anche perché Zanna potrebbe effettivamente assomigliare al cantante Jimmy Somerville) e il modo di comportarsi con il gentil sesso.  Non c'è bisogno di dire che a nulla valgono le suppliche, i due amici lo portano a fare spese.

E qui, finalmente, partono gli omaggi. Il primo è quello a Full Metal Jacket, di Stanley Kubrick. Per un certo periodo della mia vita scappavo da questo film perché la faccia di Vincent D’Onofrio, seduto sulla tazza del cesso, appena prima di infilarsi in bocca il fucile e farsi saltare la testa, mi ha perseguitato negli incubi per tutta l’infanzia. Il motivo per cui i miei miei mi permettevano di guardare con loro certi film non riuscirò mai a spiegarmelo. Qui, a fare le veci del Sergente istruttore Hartman, è Tetteballerine (soprannominato per assonanza “recordman”, in quanto detentore dei principali record prestazionali dell’Alsef). 


Ovviamente, tutto declinato in versione rimorchio, unico scopo e fine del tutto quantico maschile: accoppiarsi come animali in calore. Segue ilare momento Pretty Woman stile videoclip e secondo monologo importante di oggi, quello dell’agente Zeta alla giovane recluta Will Smith in Men in Black.

Anche se ho già usato il momento colonna sonora di oggi, voglio entrarvi a gamba tesa sui padiglioni auricolari e concedervi l’onore della Bonus Track. I meno distratti tra voi, avranno già afferrato la citazione contenuta nel titolo del capitolo, per tutti gli altri eccola qua: Uptown Girl by Billy Joel, pezzone anni 80, l’unico, purtroppo, per cui la massa ricorda il talento di Billy Joel nonostante sia dagli anni 70 (Songs in the Attic è il primo album suo che comprai) che influenza la cultura di massa. La sigla di “Sentieri” (This is the time) è la sua; è il cantante preferito dal personaggio interpretato da Zach Galifianakis nella trilogia di “Una notte da leoni. Vedi qui qui, e ancora qui (Downeaster Alexa, My life e Allentown). Per non parlare della stanza di Alan e della gigantografia dell'album "Glass Houses".

Glass Houses (1980)

Però lo ricordiamo per Uptwon Girl, a posto così, va bene.

Questa canzone l’ho incontrata diverse volte nella mia vita, e ha sempre avuto un impatto diverso. È il ricordo che leghiamo a qualcosa a renderla diversa. La prima volta la ascoltai nelle cuffie di un walkman, avevo dodici anni e mi trovavo nel sud dell’Inghilterra, nell’estate del mio primo viaggio fuori dai confini nazionali. Un viaggio che mi ha cambiato la vita per sempre anche se, lo so, a quell’età, tutto è in grado di farlo perché, della vita, non hai sbirciato ancora che dallo spiraglio della porta.

La seconda, invece, risale a quando un pc collegato a internet è entrato in casa nostra e io ho potuto finalmente dare uno sguardo ai videoclip di quelle canzoni (pochissime rispetto ad oggi) che ascoltavo e riascoltavo incessantemente, stufandomene soltanto alla cinquecentesima ripetizione, forse. Ammetto che quel video fosse piuttosto kitch e che Billy Joel non era bellissimo da vedere nemmeno da giovane, né alto ma riuscì a colpirmi l’autoironia che infarciva il tutto, in cui un meccanico unto di grasso, diversamente alto e che oggi verrebbe denunciato per molestie sessuali, si prodiga con i compagni di officina , non meno arrapati di lui, in fischi, apprezzamenti e corteggiamenti non richiesti nei confronti della cliente top model alta un metro e “non te la presterei nemmeno se fosse di un’altra”. Ironia su ironia dei malpensanti, quella modella, Billy Joel, alla fine l’ha sposata davvero. E ci si è poi anche divorziato, ma restiamo concentrati. 

Uptown Girl, cioè ragazza di Uptown, intesa come quella parte ricca della città in cui la gente, per andare in bagno la mattina, deve farsi largo tra i propri quattrini, diventa Uptown Zanna perché l’amico impari a darsi un tono, a credersi e agire come se fosse importante. A tirarsela nel senso buono del termine, cioè facendo capire agli altri, a chi lo guarda, che è consapevole di essere qualcuno, di aver un'importanza e un valore, che farebbero bene a capire, prima di giudicarlo male.

L’ho compreso solo con l’avvento delle playlist infinite di Spotify e di programmi similari, quanto eravamo eroici da piccoli, a riascoltare in continuazione 80 minuti di cassetta o sempre gli stessi 10-12 brani nel lettore cd, o quanto lo erano i nostri padri e i nostri nonni che di tracce, sui dischi, ne avevano ancora meno. E lo facevamo senza averne a noia. Ho provato, recentemente, a mettere un CD in macchina. Esperienza orribile. Noi e la nostra sindrome dello Skippo in avanti.





Per finire, non dimenticarti che il romanzo su Max Payne esiste e lo puoi leggere senza spendere un euro che è uno!



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