Mentre ero impegnato a disquisire di teologia di
fronte a un pubblico invisibile e annichilito da tanta sagacia, dietro al
bancone si manifestò una presenza.
«Ehi, latte e biscotti sono per il nonnetto con la
pancia e tanta voglia di ridere. Per i folletti non c’è nulla!» gridai in
direzione dell’ombra accucciata dietro il vano spine, facendo attenzione che
non gli sfuggisse la mia pistola puntata addosso.
«Sei quel tizio, giusto? Il traditore.» non riconobbi
la voce. Non ero mai riuscito ad avvicinarmi tanto a Lupino e alla sua gente.
«Vuoi scrivere la mia biografia?»
«No, ma non voglio nemmeno ammazzare un povero Cristo
che si è intrufolato qua per sbaglio al posto di un pezzo di merda che se lo
merita sul serio!»
«Capisco, tu sei il buon samaritano del gruppo.»
«Sbagli: sono quello che ti sventra e ti fa una bella
cravatta con le budella.»
«Dolente ma rifiuto l’offerta: non si intonerebbe con
le scarpe. Te ne voglio fare una io, invece: passami garbatamente i tuoi ferri
e dimmi dov’è Jack. Potrai vivere un altro giorno e cercarti un lavoro onesto.
Combiniamo?»
«Dico che sarà Jack a trovarti e quando lo farà, ti
divorerà!» l’uomo tentò di saltare al di qua del bancone ma lo convinsi a
desistere sparandogli al cuore. Quel colpo fu sufficiente ad ammazzarlo ma
vista l’aura esoterica del posto, con altri tre proiettili mi assicurai di non
vederlo riapparire con sguardo vacuo e un morso contagioso.
In giro, nessun altro.
Non potevo nascondere che fossi un po’deluso per la
scarsa vigilanza del quartier generale di Lupino, uno dei feudi più importanti
della ragnatela criminale di Puncinello. Onestamente mi sarei sentito più
tranquillo se ad aspettarmi fossero stati in sessanta, scatenati e bramosi di
strapparmi per primo lo scalpo dalla testa. Quella calma era imprevista e
dovevo guardarci dentro per adattarmi. Sperando di trovare tutti assiepati
dietro un angolo superai il cadavere e infilai una porta nel retro.
Finii in una stanza addobbata da scritte come:
NECRONOMICON, MAGIA NERA e PARADISO PERDUTO. Anche i titoli dei libri sulla
scrivania parlavano da soli: MALLEUS MALEFICARUM piuttosto che DE DIVINA
MALEVOLENTIA IN MORTIBUS VIOLENTIS.
Libri con pentagrammi in copertina, tutti sull’occulto
e l’infernale, in mezzo a pile di video dell’orrore. L’unico motivo per dar
loro importanza era che Lupino sembrasse prenderli sul serio. Doveva aver speso
un sacco di tempo per farsi amico il tipo di sotto.
Sul muro dietro la scrivana, con una tintura rossa
sbaffata lo stesso Lupino aveva dipinto due cuori spezzati e delle stelle che
sormontavano un teschio dalla bocca aperta, immortalato in un atroce grido di
dolore.
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