Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: Indiana Jones e la minaccia fantasma

venerdì 7 maggio 2021

Dentro il libro e oltre: Indiana Jones e la minaccia fantasma

Ammetto che questo non sia uno dei miei capitoli preferiti, soprattutto perché l’ho dedicato quasi interamente all’immondo quarto capitolo della saga di Indiana Jones. Direte, nessuno ti ha obbligato a farlo. Eccerto, avete pure ragione ma ero ancora troppo incazzato per la sua esistenza (e per esserlo andato a vedere al cinema) che dovevo produrre un manifesto imperituro del mio profondo sdegno. Vi anticipo che considero meritevole di menzione soltanto una scena, quella del matrimonio tra Indy e Marion e presto vi dirò perché ma non sarebbe stata necessaria se il film non fosse stato nemmeno mai concepito minacciando di distruggere una saga al contrario perfetta (il secondo gradino un po’ storto si trova esattamente tra la leggenda del primo e la consacrazione del terzo e, a mio parere, ultimo).

Indiana Jones è una trilogia, esattamente come Die Hard ;)

Ci sono Spanky e Tetteballerine spaparanzati sul divano a guardare alla tv Indiana Jones e il regno teschio di cristallo e buona parte del capitolo ripercorre le scelte infelici della pellicola e i suoi momenti più assurdi. Se non sapete la storia ve la riassumo brevemente ma, credetemi, avreste potuto continuare la vostra vita felicemente anche senza. 

Indy non è ormai più nel fiore degli anni, la seconda guerra mondiale è alle spalle e i nuovi nemici non sono più i nazisti ma i russi dell'impero sovietico. Ad un certo punto scopriamo che Indiana ha generato prole e che è niente popò di meno che il padre di Shia LeBeouf, famoso per la saga dei Transformers e per ivi fatto a lingue in bocche con Megan Fox (la prima tacca sul segnapunti dell’odio è questa). 


La seconda tacca se la guadagna, quindi, per essere il figlio dell’eroe d’avventura che tutti vorremmo come padre. Un odio ad interim, sulla fiducia. E il terzo se lo conquista ogni volta che se la crede troppo e, ad esempio, decide di guardare tutti i film in cui compare nella maratona più egoriferita che sia mai stata concepita (tra l’altro, è l’unica persona sulla faccia della terra ad aver visto tutti i film di Shia LeBeouf). So che pagavano anche bei soldoni per partecipare alle proiezioni ma Shia è comunque rimasto solo in un cinema deserto, ci sarà un motivo, no? 

Se non si è ancora evinto, Shia LeBeouf balla la Giga sulla mia sacca scrotale da anni ormai e non lo posso sopportare.


Shia che si dondola tra le liane come Tarzan e combatte con la spada in spaccata tra due auto lanciate nel folto della giungla sono due dei momenti più imbarazzanti della storia del cinema. Per fortuna che c’era Cate Blanchett e ridare una rotta alla nave in balia di grosse aspettative, di un’imbarazzante CGI e di pessime scelte narrative. Purtroppo però nemmeno lei è bastata. Vi dico solo che Spanky, rapito dalla bellezza e dall’algido distacco (Irina Spalko è l’antagonista della storia) che la Blanchett sa portare al suo personaggio, ha stimoli pelvici ogni volta che lei compare nell’inquadratura, al punto da fare un parallelismo con una scena di “Nightmare e i guerrieri del sogno”, in cui una delle vittime di Freddy Krueger sfonda con la testa lo schermo di un televisore e muore fulminata. L’unica differenza è che Spanky non avrebbe usato la testa.

Shia LeBeouf che scambia un pitone di ottanta chili per una liana e lo lancia a Indiana Jones che sta affondando nella sabbie mobili fa bestemmiare Tetteballerine. E con ragione, aggiungo io.


Inserisco una frase in russo (tradotta dall’ambizioso Google Translate) dedicata a Cate Blanchett e a ogni inquadratura dedicata all’ex- Regina degli elfi e che foneticamente potreste pronunciare, in perfetto accento IvanDraconesco, “postavit’ na ovets” (se tentaste di ritradurre in italiano sarebbe “mettere le pecore”).

E sì, guardare Cate Blanchette dentro quella divisa da spietato gerarca russo fa proprio venire voglia di dirle “mettere le pecore”. Siamo agresti, siamo gli ultimi romantici. 


Poi Irina pronuncia questa frase, che per essere definita erotica e maliziosamente scabrosa mancano solo i sottotitoli nella lingua dei gesti.

So che è già un po’ che vi chiedete il perchè di questa puntata che sembra non andare a parare in nulla che possa far progredire la storia di Spanky, dell’inquilina misteriosa o anche solo del pakistano dell’alimentari sotto il palazzo. So che mi dilungo molto e che a volte servirebbero meno parole per arrivare dove vorrei ma nulla di quello che faccio, dico e, in questo caso, scrivo è mai lasciato al caso. È grazie a questo capitolo che appare dimenticabile e inerme che avviene una significativa svolta per Spanky/Enrico e per l’intera storia. Vedendo Cate Blanchett nei panni di Irina Spalko, Enrico ha una folgorazione che, lo so, non gli permette di vedere il flusso canalizzatore e realizzare la possibilità del viaggio nel tempo, lo porta a saper cosa fare per incontrare l’inquilina del piano di sopra. 


Grazie alla descrizione fattagli da Sahid Enrico sa che la ragazza è bella, alta e russa. Visto, però, che non si fida dei canoni di bellezza di Sahid dato che sua moglie è di una bellezza tale che potrebbe appartenere alla razza dei Wookie di Guerre Stellari, vuole verificare, toccare con mano prima di esprimere giudizi estetici. Il fatto che sia russa gli suggerisce che potrebbe frequentare con buona probabilità è il CILTA di Bologna, ovvero il Centro Interfacoltà di Linguistica Teorica e Applicata.


Tutto però è rimandato all’indomani perché è il momento di godersi la scena migliore del film, quella che lui e Tette’ aspettavano dall’inizio: il matrimonio tra Indy e Marion.

È un’emozione che ho provato davvero all’unica mia visione di Indiana Jones e il Regno del teschio di Cristallo della mia vita. Il cappello di Indiana Jones è appeso in fondo alla navata mentre il sacerdote sta concludendo la cerimonia ma all’improvviso le porte della chiesa si aprono e una folata di vento fa volare via il cappello che rotola ai piedi di Shia LeBeouf. Quando lui lo raccoglie il mio cuore è morto e l’anima mi si è inaridita. Non potevo credere che avessero deciso che Shia sarebbe stato degno di impugnare la frusta e continuare la leggenda. Mi vedevo già tre sequel con Shia a indossare il giubbotto di pelle, ad ammiccare agli spettatori mentre viene preso a pugni in faccia. Avrebbero preteso che ci dimenticassimo di Harrison Ford, che lo disconoscessimo e sorridendo saremmo andati incontro al nuovo ciclo. 

Bastardi. Stronzi. Stolti. Figli di p...

Sono andato avanti così finché, appena un attimo prima che LeBeouf infilasse il cappello in quell’insulsa testa, Harrison non glielo strappa di mano uscendo dalla chiesa e guardandolo come a dire:

 «Ma pensavi davvero che…» sprezzante.

Applausi da spellarsi i palmi delle mani senza ritegno. 

Indiana Jones Theme by John Williams

Attenzione perchè abbiamo un record, signori! È già la seconda volta che John Williams firma un brano della colonna sonora di questo romanzo: prima lo ha fatto con il tema di Jaws (Lo Squalo) per Hamburger di Delfino e ora con Indiana Jones e la minaccia fantasma. Grazie di aver scelto questo piccolo scrittore di prvincia, Mr. Williams!





Chi più Re di Noi: la ragazza che ascoltava i Guns N' Roses

Editore: Andaluso Errante Books
Prima Edizione: Dicembre 2016
Seconda Edizione: Ottobre 2020
Genere: Narrativa Contemporanea


Quarta di copertina: "Bologna. Una nuova ragazza è venuta ad abitare nell’appartamento sopra a quello di Enrico, Tette’ e Zanna, solo che nessuno l'ha ancora vista. Il primo si è convinto che si tratti della donna della propria vita ed è deciso a incontrarla, il secondo si è offerto di curarne l'irrequieta smania di svegliarli nel cuore della notte facendole assaggiare un po' del toro da monta qual è, l'ultimo non è sicuro che il fantasma dello zio morto in quella casa la lascerà in pace.
Cecilia e Virginia alzano gli occhi al cielo"


NB: da qualche giorno è disponibile anche la variant cover dedicata a John Belushi e Animal House!
Costa solo 1.50 in più rispetto alla classica perché è in copertina rigida!



Qualche Recensione:



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