Ho conosciuto Max Payne in un freddo inverno di molti anni fa durante la stesura della mia tesi di laurea. Un periodo nevrotico passato col naso ficcato nei libri e dentro un frigorifero spalancato su una fame annoiata e ansiosa.
Di Max Payne mi hanno preso da subito le battute caustiche, il totale sprezzo del pericolo e l’aspetto mingherlino, totalmente inadatto a tutta la merda che avrebbe affrontato nel primo videogioco della serie. A causa del budget risicato, infatti, fu Sam Lake, il creatore del personaggio, a prestargli le fattezze, e non era certo un nerboruto, tosto fino al midollo Mark Wahlberg qualsiasi.
Scrittore e appassionato di cinema, sono costantemente alla ricerca di novelizzazioni, i romanzi tratti da film di successo. Per questo, dopo aver passato centinaia di ore tra mercatini di libri usati e store online ed essere riuscito a recuperare i titoli più disparati e impensabili, mi sono reso conto, incredulo, che a nessuno fosse mai venuto in mente di mettere su carta (vera e digitale) la storia del poliziotto infiltrato più famoso dei videogames.
“Max Payne – Il sogno americano” è la prima parte dell’avventura, quella che termina con lo scontro tra Max e Jack Lupino e l’incontro con la bella Mona Sax. L’obiettivo finale di questo progetto è quello di portare Max fino in cima all’Aesir Tower e vederlo compiere la sua vendetta.
In questa trasposizione letteraria non autorizzata ho mantenuto tutto il parlato originale, vera ossatura del gioco e linea guida della mia scrittura, centrata nel rispettare l’atmosfera pungente e magnetica di quella lunga notte, dove una tremenda tormenta di neve spinse New York fino al bordo del Walhalla e un uomo a fronteggiare i propri demoni con una confezione di aspirine e una Desert Eagle.
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