Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre: A beautiful mind

giovedì 21 gennaio 2021

Dentro il libro e oltre: A beautiful mind

 


Dopo la Regola di Platino arriva la regola d’oro, anche detta MSU o, per coloro che per allacciarsi le scarpe cercano un tutorial su Youtube o ricorrono al vecchio trucco dei coniglietti, l’algoritmo Briatore-Gregoraci. MSU, l'acronimo dei requisiti che servono a uomini non molto prestanti e non più attraenti per accompagnarsi a top model dalle gambe chilometriche e il girovita azzerato: possedere una gran Macchina, avere un mucchio di Soldi e/o un Uccello di notevoli proporzioni. Se i primi due sono spesso uno la conseguenza dell’altro, il terzo invece va a sopperire la mancanza dei primi due. E di solito si manifesta in età non troppo avanzata (il soggetto dell’esempio è spesso povero in canna, brutto da conato e con una spolverata di scabbia a chiudere il cerchio) L’MSU non va confuso con il Marvel Cinematic Universe, o MCU, in cui, oltre ai villain, ci sono anche gli eroi. Nell’MSU, di eroi, non ce ne sono: solo stronzi per cui proviamo un'invidia che ci consuma  fino all’osso.

A nessuno di voi, ometti, è mai capitato? Lavorando al pubblico ne ho viste migliaia di coppie così, che mi lasciavano giganteschi punti esclamativi (leggi: improperi vari a ogni divinità del Pantheon) dopo il loro passaggio. Non sono certissimo che ci sia un fenomeno simile anche per il mondo femminile perché quell’universo gira con un moto di rotazione totalmente diverso, avulso da stronzate infantili ed egocentrismo da asilo nido. Fatevi comunque sotto, se mi sbaglio: analizzeremo insieme il fenomeno. 

La vita condivisa con altri scappati di casa come te per frequentare l’università. Anche di questo parla Chi più Re di noi, non solo della ricerca spasmodica della persona che veste perfettamente i panni della nostra metà platoniana e della cultura di una generazione e di un’età viste dall’interno, una cronaca tragicomica di un’umanità spiazzante. 

Per costruire una cattedrale maestosa sono importanti anche i grani di sabbia con cui si impasta il cemento, per questo, se vuoi nutrirti, prima o poi, dovrai per forza recarti a fare la spesa. Smettila di incularti le razioni dei tuoi inquilini. Non va bene, e poi se ne accorgono. Devi occuparti delle faccende e di te stesso, non c’è la mamma che ti sta dietro al culo per pulirtelo. Ma le maglie sono larghe quando non c’è un genitore a controllare e quindi ti puoi permettere anche di uscire con una maglia non stirata o con il letto sfatto per tutta la settimana che "stasera ci ritorno e si guasta di nuovo, tanto vale lasciarlo così”. Ci inzingariamo un po’, ci punkabbestiamo un attimo, il giusto per rollarci uno spinellino e calarci in un sogno ad occhi aperti ovattato e lento, dove tutto ci fa ridere e dove non si riesce a pensare alle cose tristi che ci opprimevano con l’angoscia della sobrietà. 

Ma sto divagando.


In “A beautiful mind” troviamo Spanky intento a stilare la sua lista della spesa, sulla lavagna dell’appartamento, per poi andare al supermercato In’s sottocasa e comprare le sottomarche delle sottomarche del cibo vero. La rendita mensile genitoriale va saputa dosare e sfruttare per altre cose, più importanti di un’alimentazione salutare ed equilibrata. 


La dieta dell’universitario fuorisede, come già raccontato nel capitolo dedicato a “Nightmare on 666 st.” consiste principalmente in repliche scrause di ricette tradizionali familiari o surgelati precotti da far rinvenire male in un vecchio microonde rotto che, oltre a scaldare il cibo, rielabora il DNA di coloro che vi si trovano a sostare a meno di un metro e mezzo. 

Nella lista della spesa Enrico segna anche lo yogurt Yomo con i pezzi di frutta e le praline di cioccolato, quelle che erano chiuse nella cupola di plastica sopra il barattolo e che, inspiegabilmente, hanno smesso di produrre. Lo mangiavo sempre da piccolo. Era il mio preferito. Se ricominciassero a farlo certo avrei bisogno di comprare un secondo frigorifero. I sapori che abbiamo amato nella nostra infanzia ci restano cari a vita.

Ve lo ricordate quel mitico yogurt o è stato solo una mia fantasia onirica? (Non ho trovato testimonianza fotografica a riprova della sua esistenza e quindi mi vengono i dubbi).

Veniamo alla parte citazionistica della puntata, quella che infarcisce tutto di easter eggs che Ready Player One scansati proprio.

Forse in “A beautiful mind” c’è la prima parodia di tutto il romanzo, meccanismo che ho ripetuto poi altre volte e non solo per scrivere una scena. A volte sono sfociate in interi capitoli (Un Natale da Guasconi) e in vere e proprie saghe (Saga di Fangio in 127 express e Noi, Re di vivi). La parodia non è sinonimo di scarsa inventiva o volontà di copiare il frutto dell’ingegno altrui per guadagnare in qualità artistica e appetibilità, per niente, si tratta di un divertissement, come mettersi un addosso un costume di carnevale e andare a una festa. Serve per sorridere, per farsi quattro risate in allegria. Il film parodiato in questo caso è Le Iene, di Quentin Tarantino e nello specifico, la scena della riunione pre-rapina quando vengono assegnati i nomi in codice, la ricordate? 

Ve la ripropongo.



In questo caso è Zanna che distribuisce agli altri inquilini i colori per scrivere alla lavagna. A Tetteballerine capita, guarda caso, il colore rosa e se ne lamenta, cercando di proporne un altro o di fare a cambio. Ma Zanna resta nel personaggio, e lo asfalta, mingherlino e debole com’è perché in quel momento lui è il capo e gli altri muti. Da leggere. 

Poche volte lo vedremo, nella vita di tutti i giorni, imporsi e non subire soprusi e volere altrui. Ma in fondo a Zanna non interessa, come sappiamo. Il suo è un mondo altro e quello che succede nel nostro, o quello che succede a lui per effetto del nostro, lo tocca solo marginalmente. A meno che non gli venga spezzato il cuore. Perché Zanna, anche lui, cerca l’amore e la felicità di una persona che lo completi. Tutto il suo mondo parallelo quindi è sia rifugio che condanna. Condanna perché non potrebbe sostenersi senza essere alimentato dai pensieri felici del suo creatore e rifugio perché è là che Zanna fugge quando il tempo volge al brutto. Viverci costantemente significa anche essere meno preparato ad affrontare la realtà quando è costretto a uscirci per, che ne so, andare a fare la spesa.

C’è anche spazio per un telefilm che ho molto amato e che mi è molto caro: Quantum Leap. Mi ha tenuto compagnia durante le mie vacanze estive dal liceo, insieme a Moonlighting e Ally MacBeal. Lo avete mai visto? Temo che sia una di quelle cose sconosciutissime che ho avuto la fortuna di guardare solo io e uno scampolo di pochi altri disperati. Lo davano su raidue/raitre e io me ne beavo evitando di pensare alle fatiche di un lavoro che mi stressava e che non mi piaceva, alla solitudine dei giorni d’estate così depressi e al fatto di inseguire il cuore di qualcuno che non ricambiava. Quello o, in alternativa, il fatto di essere proprio solo come un cane, interrogandomi su cosa cavolo continuassi a sbagliare. 

Quantum Leap parla di uno scienziato (interpretato da Scott Bakula) che, a causa di un incidente durante un esperimento viene risucchiato dentro un loop di salti temporali in cui, ad ogni puntata, la sua coscienza entra dentro il corpo di un uomo (o una donna) a cui deve salvare la vita. A buona azione compiuta, il dottor Samuel Beckett è costretto a ripartire e ricominciare tutto daccapo, nella speranza che il prossimo viaggio quantico sarà un ritorno nel suo corpo e alla sua vita. C’è anche l’ammiraglio Al (Dean Stockwell) a guidare Sam nei suoi viaggi, sotto forma di ologramma con il sigaro sempre a portata di inquadratura.


Sulla scia della sanità mentale suggerita dal pluripremiato film di Ron Howard con uno straordinario Russel Crowe, si citano Castaway, in cui Tom Hanks attribuisce un’anima a un pallone da pallavolo Wilson dopo essere naufragato sull’isola deserta su cui rimarrà per ben quattro anni; Qualcuno volò sul nido del Cuculo con la famosa scena del capo indiano che divelte un lavandino e lo scaraventa fuori dalla finestra; Il silenzio degli innocenti con Anthony Hopkins che si nutre di esseri umani, accompagnati a dell’ottimo Chianti. Compagni d'eccezione per uno Spanky che, distratto da Cecilia e Tetteballerine che chiedono numi sull'inquilina misteriosa di cui parla, credendolo fuori come un balcone, esce dal bordo della lavagna e scrive sulla porta finestra del soggiorno.

Non poteva che essere la canzone dei The George Baker Selection che apre il primo film di Tarantino il brano della colonna sonora di questo capitolo: Little Green Bag.





Per finire, non dimenticarti che il romanzo su Max Payne esiste e lo puoi leggere senza spendere un euro che è uno!



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