Alessio Chiadini Beuri: Dentro il libro e oltre, speciale Natale: un Natale da Guasconi

venerdì 18 dicembre 2020

Dentro il libro e oltre, speciale Natale: un Natale da Guasconi

 



Come ogni serie Tv che si rispetti (e Chi più Re di Noi non è da meno, anche se il mezzo non è lo stesso) c’è una puntata speciale a tema Natale. Seguirà quella di Capodanno e il classico viaggio che impegnerà tre episodi invece che il solito canonico (nelle sitcom ho sempre odiato le puntate spezzate ma la liturgia è la liturgia e va rispettata).

In “Un Natale da Guasconi” siamo più avanti con la storia rispetto a dove eravamo rimasti la settimana scorsa e la falange maschile (questa espressione farebbe "ghignare" Tetteballerine fino alla morte perchè lui sa bene come usare le sue falangi) si è allargata (ok, devo imparare meglio a scegliere i termini): insieme a Enrico, Tette’ e Zanna ci sono Fangio (da non perdere la puntata in cui fa il suo ingresso) e alcune matricole che i nostri hanno raccolto dal mezzo di una strada già scritta di depressione, occhi pesti, nottate solitarie e fazzoletti umidi (non di pioggia né di lacrime).


L’episodio inizia con una festa, un invito non scritto e tanta neve. L’invito non scritto è perché tutti insieme si sono imbucati a una festa in casa della sorella di una delle matricole. Tetteballerine ha dichiarato subito il “Mia!” quando ha saputo che si trattava di una ragazza. Non ha chiesto come fosse, a lui queste cose non interessano, in fondo: quello che conta è il punteggio.

Per quanto mi riguarda, non mi sono mai imbucato ad una festa di Natale, ma a un compleanno sì. Ero nel mio periodo “Yesman” (dire di sì alla vita funziona, credetemi!) e mi sono divertito un sacco. Non conoscevo nessuno degli astanti e pochissimo la festeggiata ma grazie a quel matto del mio amico Ciccio (che della ragazza, invece, era amico) sono andato anche io. Insieme le abbiamo regalato un oggetto stimolante a batterie (la ragazza era single e non ho dovuto fare a botte con nessuno moroso incazzato per il goliardico presente) e ho intrapreso la piacevole conoscenza di una ragazza, a cui sedevo accanto. Ho fatto vere e proprie magie con lei, ma questa è un’altra storia che vi racconterò più avanti, ora non siete pronti.

Il motto per la serata sfoggiato da Tette’, e valido per ogni evento in cui capita di imbucarsi (certo, come se fosse del tutto involontario!) è stato: “Arrivare là dove gli altri non ci vogliono”, ed è ovviamente declamato con fiero orgoglio. Se l’Alsef avesse uno stemma, di quelli cuciti sulle tute delle missioni NASA e che al momento opportuno si strappano per lasciarli all’unico astronauta che si salverà e tornerà sulla terra, certamente sarebbe questa la frase da tradurre in latino da riportare sul bordo. E non è detto che non ci sarà, un giorno. Il marketing è importante per qualsiasi attività.


Comunque, Testabietta (che ovviamente è il soprannome affibbiato alla matricola che ci ha messo la casa, e l’acidissima sorella, se Tette’ riuscirà nella sua impresa) ha vinto, come segno del suo valore e della stima riconosciutagli dai fondatori della confraternita (Spanky, Zanna, Tetteballerine e Fangio) un anello vibrante scaduto.

Vedo i vostri occhi solcati da due grandi interrogativi:

Perché proprio un anello vibrante per peni?

Perché comprarlo e farlo scadere? Cioè, si compra per farne scorta, per un’eventuale uso futuro. Si fa magazzino? E in casa dove lo metti, poi, nel mobile dei medicinali sopra al lavello in bagno, nel cassetto dove tieni i cavi per ricaricare lo smartphone e i gommini per gli auricolari che non ti serviranno mai perché non hai le orecchie così grandi?

Beh, signori e signore, ragazze e ragazzi, bambine e bambini, voi non conoscete la Leggenda della Tombola di Natale dei Tangengamma. Durante questo antico rito, che si svolge in una data imprecisata con il favore delle tenebre, alla fine dell’ultimo mese di ogni anno, in un luogo sempre diverso e comunicato solo all’ultimo momento, i partecipanti non ricevono doni canonici, banali e scontati ma santissimi, immondi Graal. Delle reliquie di schifo vario dall'improbabile provenienza. Manufatti portatori di pestilenze ignote al mondo. Beh, penso di aver reso l’idea. Per questo un anello vibrante non è un regalo così strambo da ricevere a questa tombola, anzi, potrebbe essere al massimo una cinquina tirata per i capelli.

I Tangengamma sono gli stessi compagni del liceo di cui vi ho già narrato e che non mancheranno di tornare ancora.


Ad ogni festa c’è sempre una compilation di classici da ballare che, in momenti normali della vita di ognuno, nessuno si mette mai ad ascoltare di sua sponte (vi siete mai trovati nella solitudine della vostra cameretta con Gioca-Jouer sparato nelle orecchie, per esempio?). Il responsabile di questa decisione scellerata non si trova mai, né si scopre mai l’identità di colui che preme il tasto play sul Windows Media Player. La compilation si manifesta, semplicemente, un attimo dopo che il livello di ubriachezza è passato da “timido” a “curioso”. Serve a far cadere le ultime resistenze di vergogna e lasciare campo libero al centravanti di fronte al portiere dell F.C. Atletico Comfort Zone.

È durante il momento Dirty Dancing che, come per magia, ho trovato lo spunto per una delle mie battute preferite di sempre. Lascio che la scopriate da soli, per non rovinarvi pathos e risata. Posso solo dirvi che ha a che fare con Patrick Swayze, il film Ghost e Whoopi Goldberg.

Oltre a Dirty Dancing, sono tanti i film omaggiati con una citazione, da Risky Business, film del 1983 con un giovanissimo Tom Cruise, a Ritorno al futuro (quando Zanna rivela a Spanky una notizia sconvolgente che lo riguarda e che cambierà il corso degli eventi); e ancora dal film I Guerrieri della notte del 1979 a Corda tesa quando si parla di fare a qualcuna un “pigiamino di saliva". Ricordo che quella fu una battuta che la prima volta mi fece ridere tantissimo perché non me l’aspettavo da un tipo come Clint Eastwood, che avevo sempre guardato come un duro di poche parole ma dalla risposta pronta, come un padre severo e riservato su certe questioni. Anche pudico se vogliamo. È quella convinzione che abbiamo molti, fino a un certo punto della maturazione in esseri complessi, per cui le persone più grandi e più vicine a noi, quali genitori, zii e nonni, non sappiano cosa sia il sesso, o se ne tengano lontani, non ne pratichino ora e non lo abbiano mai praticato in passato dato che non ne parlano quando siamo presenti o ci rimproverano quando siamo noi a farci battute o parlarne con leggerezza. “Vorrei provarle a fare un pigiamino di saliva” è comunque una frase che ho usato poi altre volte nella mia vita perché mi aiutava sia a smorzare la tensione e rompere il ghiaccio introducendo un desiderio, anche se celato da risate imbarazzate. Ovviamente il contesto è importante: mai usata durante un colloquio di lavoro, alla cena di Natale in famiglia o al casello dell’autostrada, se ve lo steste chiedendo. E il modo in cui la si pronuncia pure, è fondamentale: se sembrate Anthony Hopkins che riceve Jodie Foster durante il loro primo incontro ne “Il silenzio degli innocenti” (in piedi in mezzo alla cella che l’aspetta, gli occhi sgranati, il sorriso tirato di un serpente) probabilmente la poverina temerà che la tramortiate a sorpresa, la carichiate nel baule della vostra macchina e che farete ritrovare il suo cadavere sulla sponda di un fiume.


Per finire con le citazioni cinematografiche e passare alle cose serie, scopriamo qui che Tetteballerine parteciperà all’Adunanza, termine mutuato dal film Highlander: l’ultimo immortale ma qui usato per raccontare che il nostro si riunirà, un giorno, a esseri come lui che, da furbi, sono avvezzi ad avere più storie contemporaneamente grazie al propinamento di un cospicuo ventaglio di balle a ciascuna delle malcapitate che si offrono loro nel desiderio di un amore sincero.

Ma veniamo al motivo per cui questo capitolo si chiama “Un Natale da Guasconi”, che ancora non si è capito. Durante l’odiato, e al contempo amato segretamente, Gioca-Jouer, una delle matricole spara un pugno in faccia a Spanky (Superman! PAM!) facendogli pisciare il naso di sangue. È in questo momento che comincia l’omaggio. Fuori nevica copiosamente, Spanky cerca del ghiaccio per tamponare l’epistassi ma tutto quello che c'era è stato usato per i secchielli di mojito e quindi esce di casa e ficca la testa dentro un cumulo di neve. Gli altri lo seguono, soprattutto perché Zanna è in crisi, come dicevamo: gli è bastato uno sguardo per innamorarsi di un’amica della proprietaria di casa, una giga-topa con cui, in una situazione normale, non avrebbe alcuna chance. Zanna non ha proprio una gran dialettica né la sfacciataggine cazzuta di Tetteballerine e di fronte alla ragazza balbetta e si sbava addosso. Ma è Natale, si dice Enrico-Spanky, e si può sempre auspicare in un miracolo, se si è meritevoli. Con il naso gonfio come una zampogna Enrico aiuterà, quindi, camuffando la sua voce e nascosto dalla chioma di un albero, a conquistare il cuore della ragazza per il suo amico Zanna in una rivisitazione in chiave moderna dell’opera teatrale di Edmond Rostand, “Cyrano De Bergerac”.

Questo è un libro che, da quando mi è stato fatto scoprire al liceo (grazie professoressa -5 politico- Gaudenzi!), leggo almeno una volta all’anno. È un testo straordinario, è musicale, è impavido e sbruffone, esattamente come i cadetti di Guascogna. E io mi sentivo come Cyrano, al liceo, per i motivi che ho già ampiamente spiegato, perché solo nella scrittura riuscivo a trovare la mia dimensione ed esprimermi, essere e sentirmi me stesso, vivendo la vita che avrei voluto. Esattamente come Cirano Ercole Saviniano signore di Bergerac che alla cugina, Rossana, non dirà mai, se non in punto di morte, quanto fosse grande l’amore che provava per lei e quanto, per la sua felicità, avesse sacrificato della sua.

Un capolavoro.

Ma qual è stata la prima, istintiva reazione di Zanna al cospetto con la giovane capace di prendergli il cuore rapidamente come un dardo scoccato con forza?

«Adesso torno di là e me la guardo finché non sarà ore di tornare a casa! Sarò felice così!»

Che visto così sembra un ragionamento davvero fantascientifico, soprattutto per quanto riguarda la parte della felicità, ma in verità è stato un atteggiamento molto frequente nella mia vita e, immagino, in quella di coloro che la vita amano più immaginarla e modellarla come desiderano che viverla. Coloro non così coraggiosi da afferrarla al volo, quelli che leggono male le situazioni quando è il momento e che arrivano alla soluzione solo dopo ore e giorni dall’effettivo svolgimento dei fatti, quando è oramai inutile. La paura è ciò che ci frena, una paura scaturita dall’insicurezza. Un’insicurezza che il più delle volte non è supportata da dimostrazioni oggettive e che quindi è solo primordiale, istintiva: quella di essere rifiutati. Quel NO pesante come un macigno che minaccia di affossarci in un vortice di disperazione così profondo da non poter mai più assistere al sorgere del sole. Capita a coloro, però, che nel mondo vero non si sono mai immersi veramente, che si sono bagnati la punta dei piedi come a saggiarne soltanto la temperatura. Nel mondo bisogna tuffarsi senza pensare, di testa.

  


 
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