Alessio Chiadini Beuri: novembre 2020

domenica 29 novembre 2020

Il Bollettino dell'Andaluso: Settimana 3 (23 - 29 novembre 2020)

 

"I always knew looking back on the tears would make me laugh, but I never knew looking back on the laughs would make me cry." [C. S.] Father & son compie 50 anni!

Pubblicato da Alessio Chiadini su Domenica 22 novembre 2020

C'è ancora un po' da aspettare ma nel 2022 verranno pubblicati i diari personali che Alan Rickman ha tenuto a partire...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Lunedì 23 novembre 2020

Sicuramente sono più vecchio della mia età anagrafica sia sul piano musicale che su quello cinematografico ma vi sfido a...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Lunedì 23 novembre 2020

Chi Più Re d Noi, il romanzo: https://amzn.to/2Sds44z

Pubblicato da Alessio Chiadini su Lunedì 23 novembre 2020

La figura del serial killer mi ha sempre attratto. Credo sia a causa della natura proibita/vietata dei suoi dettagli e...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Martedì 24 novembre 2020

Voglio ricordati così, con il disegno di un bimbo di 6 anni che restava incantato davanti alla tv a guardare i tuoi...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Martedì 24 novembre 2020

"Tutti i racconti presentano una scrittura molto coinvolgente, e ognuno di essi fa venir voglia di leggerlo fino in...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Mercoledì 25 novembre 2020

Bisogna volergli bene a Enrico, Tette’ e Zanna perché non sono cattivi ragazzi: siamo noi, i nostri padri, i nostri...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Mercoledì 25 novembre 2020

Voi immaginatevi il suono del locker che si apre come quello dello sportello della Delorean. Film pop anni '80. #pop...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Mercoledì 25 novembre 2020

Il leggendario Freddy krueger entra nel cast di Stranger things? Mi brillano gli occhi. Non so cosa aspettarmi da...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Mercoledì 25 novembre 2020

Il Wendigo è uno spirito che popolava gli incubi, le credenze e la cultura della tribù degli Algonchini, in Nord...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Giovedì 26 novembre 2020

È ne "Il Re del palazzo" che, per la prima volta, facciamo la conoscenza di un personaggio che poi si rivelerà cardine...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Giovedì 26 novembre 2020

E quando sulla città piove merda... chi chiamerai?

Pubblicato da Alessio Chiadini su Giovedì 26 novembre 2020

Negli Stati Uniti si festeggia il Ringraziamento. Tutti gli americani comprano un tacchino e ci ficcano dentro un pugno...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Giovedì 26 novembre 2020

È venerdì ed è di nuovo tempo della rubrica piena zeppa di aneddoti e easter egg di Chi Più Re di Noi: Dentro il libro...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 27 novembre 2020

Non lasciatevi intimidire dal nome altisonante! Lev Tolstoj, l'autore di opere immortali come Guerra e Pace e Anna...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 27 novembre 2020

John Travolta nei panni di Babbo Natale celebra le feste a modo suo. #johntravolta #babbonatale #santaklaus #xmas #merrychristmas #christmas #natale #buonnatale #dancing #pulpfiction #royaleconformaggio

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 27 novembre 2020

Imparai a conoscere Tetteballerine un po’ alla volta perchè non sarei stato in grado di formare un personaggio completo...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 27 novembre 2020

Ed Harris compie 70 anni. Occhi di ghiaccio che ti perforano l’anima, un fisico asciutto e un viso squadrato come il...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Sabato 28 novembre 2020

Spegne 75 candeline oggi l'interprete di uno dei personaggi più caustici e irriverenti della storia della televisione:...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Sabato 28 novembre 2020

AgorArt e la recensione di "Chi più Re di Noi"


Per la sua Rubrica "Bookreview" il sito AgorArt.net ha recensito Chi Più Re di Noi, ve ne condivido un estratto:

[...]È un romanzo dall’anima profondamente irriverente, in bilico su un ammiccante dualismo tra realismo e surrealismo: si leggono le dinamiche e le vicende che potrebbe essere quelle di qualunque universitario con i suoi coetanei, i locali e gli approcci non sempre fortunati con l’altro sesso, ma allo stesso tempo è inevitabile ridere per la dimensione da macchiette un po’ grottesche dei due amici/coinquilini del protagonista Enrico, Tetteballerine e Zanna e per la fissazione di Enrico di quei passi che di tanto in tanto si muovono sulla sua testa, sono pochi rumori e null’altro e lui ha l’idea che si tratti di una ragazza, della quale pensa perfino di innamorarsi giorno dopo giorno, e si ostinerà in questa fantasia fino alla fine portandoci a un finale inaspettato.

È un paradosso tra una scrittura mai casuale e banale ma al contempo dal tono quasi informale, in linea con il linguaggio colloquiale e giovanile, talvolta perfino sboccato ma per questo più realistico, del resto dei ventenni che chiacchierano tra loro non immaginiamo di certo che parlino come Dante o Manzoni. In questo forse è lo stesso Alessio Chiadini a rendere bene l’idea, nella postfazione: «Diciamocelo bene: Chi più Re di Noi è una grande festa in cui potersi esprimere liberamente e senza paura».

Sara Foti Sciavaliere

Trovate la recensione per intero sul sito AgorArt,net




 

venerdì 27 novembre 2020

Dentro il libro e oltre: No Vacancy for Erasmus


 


Se fino a ieri avevamo scherzato, con “No vacancy for Erasmus” il gioco comincia a farsi serio. In un ennesimo capitolo “pillola” si ravvisano una summa di tutti gli elementi che coloreranno il resto del romanzo. Fino a “La regola di Platino” il lettore viene preparato a quello che succederà con parole confortanti: un dottore che ci rassicura che sentiremo solo un pizzico appena prima di farci la puntura e ci massaggia il culo con un batuffolo di cotone imbibito nell'alcol. No vacancy for Erasmus è il pizzico, che proprio indolore non è ma che ancora non è il peggio. Quello arriverà quando lo stantuffo nella siringa comincerà a scendere e il liquido inizierà a diffondersi bruciando come l’inferno. Questo il lettore deve aspettarsi dal vaccino contro la normalità che Chi Più Re di Noi ha preparato per lui sperando che, a un certo punto, la cosa non prenda la piega di un esame della prostata.

Ma non è il momento di preoccuparci, ascoltiamo il dottore e speriamo che dica il vero.


No Vacancy for Erasmus parla di Bologna vista per la prima volta da un forestiero di provincia: tutto e tutti si mostrano da un prospettiva nanesca anche se si è più alti della media nazionale. La paura, l’ignoto e l’insicurezza, lo sappiamo, hanno la capacità di farci vedere tutto molto più grande di quanto in realtà non sia, e molto più minaccioso. Ma con questo non voglio dire che Bologna mi apparve minacciosa, la prima volta. Nient’affatto. Per fare un paragone azzardato, fu come quando Harry Potter entra per la prima volta a Diagon Alley attraverso quel muro di mattoni. Ogni cosa trasudava magia, ogni strada, ogni scorcio, ogni edificio era avvolto da una coltre di affascinante magnetismo. L’aria di Bologna è frizzante, ricca di opportunità. Un brulicare di uomini, mondi e storie sempre in movimento, come un fiume di vita: mentre ne ascolti una, centinaia di altre corrono via, trascinate dalla corrente senza poterle rincorrere o sperare di ritrovarle più in là. Bologna non è mai uguale a se stessa. È un organismo in costante trasformazione in grado di mantenere la sua identità e la sua magia intatte nel tempo. Bologna non è solo edifici, storia, aneddoti. Bologna sono le persone che la vivono, che la attraversano. 

Bologna è spirito, è stato d’animo.

Per un iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia, corso in Antropologia, Bologna è più che altro via Zamboni, al 38, la sede che è sempre la prima a divenire oggetto di scioperi, autogestioni, proteste. Ne ho visitate di altri sedi nel corso dei miei studi bolognesi ma il 38 è l’unico che sembra la casa dei Delta di Animal House reduce da una festa pazzesca delle loro. E questo nei giorni normali. Nei giorni di lotta il 38 si trasforma in una Beirut deflagrata dalle bombe. 

Oltre a murales più o meno elaborati, più o meno artistici, più o meno politici o divertenti, via Zamboni, piazza Verdi e le strade intorno hanno muri e muri imbrattati di avvisi di ricerca coinquilini del genere più disparato: scritti a mano, con pennarelli sottili, a matita, evidenziati, con numeri di telefono da strappare, con foto che dovrebbero inquadrare scorci di appartamento ma che invece sembrano opere d’arte moderna da quanto non si capisce un cazzo. Il titolo del capitolo deriva dal fatto che molti di questi annunci di convivenza recavano la scritta NO ERASMUS. 

La cosa mi stupì. 

Cioè, a stupirmi non era la tendenza dell’essere umano a ghettizzare i suoi simili, che è ben nota, quanto più perché non riuscivo a figurarmi i motivi specifici che avevano generato questa decisione unanime non programmata. 

Che combinavano gli Erasmus negli appartamenti di Bologna? 

Questo è un mistero che ancora aleggia sulla città e di cui non sono riuscito a venire a capo ma almeno mi è servito come spunto per creare l’ALSEf (Associazione Libera Soccorso Erasmus - femmine). 

Ma andiamo con ordine.


Una vera esperienza con uno studente Erasmus non l’ho mai avuta, ma questo non vuol dire che non l’avrei voluta. Più che altro, per quasi tutto il periodo universitario il vero erasmus sono stato io, questa è la verità. Il pendolare è il vero erasmus, emarginato come Giuda, non viene trattato bene nemmeno per compassione dato che, a differenza degli studenti stranieri, conosce bene la lingua e non ha quel che di esotico che anche se hai un’estetica più assimilabile a quella di un pitale, prima o poi qualcuna ci casca e per pietà te la smolla. Il pendolare non se lo calcola nessuno. Arriva giusto giusto per l’inizio delle lezioni e quando gli impegni accademici finiscono, non può rimanere nemmeno per la parte più bella dell’università, gli aperitivi in via del Pratello, perché deve correre come stronzi fino in stazione e tornarsi a casa. I veri reietti sono loro ed era giusto che qualcuno lo dicesse.

Solo quando mi sono trasferito le cose hanno cominciato a cambiare. Purtroppo, però, avendolo fatto solo al terzo anno tutti i compagni di corso ne avevano avuto ormai a sufficienza della vita notturna che Bologna offriva e si affrettavano a laurearsi e a passare di livello. In ogni caso non posso lamentarmi, ho visto e fatto cose che mi porterò dietro per sempre. Come il mezzo infarto per correre fino a San Luca inseguendo una forma fisica accettabile.

Come dicevo, in No Vacancy for Erasmus c’è il primo accenno all’Alsef, associazione libera soccorso erasmus (Femmine). Davvero uno dei più brutti acronimi mai scritti. Nonostante questo non l’ho mai voluto cambiare perché non si possono disconoscere le prime volte. In fondo, queste costituiscono una linea di confine che si oltrepassa solo una volta nella vita, come Sam Gamgee e quel passo fuori dalla Contea che sarebbe stato il primo mai fatto così lontano da casa.


I membri dell’ALSE(f) sono in servizio 7 giorni su 7, 24 ore su 24, il lavoro non li spaventa, il conto non vi spaventa ma è il martedì Erasmus il giorno in cui Bologna punta, sulla coltre di nubi che la avvolgono, un faro per richiamare gli eroi di cui ha bisogno ma che non merita. Durante il Martedì Erasmus i locali si affollano di studenti e studentesse stranieri a cui vengono riservati sconti e per cui si organizzano feste ed eventi di ogni sorta. Bere in economia e abbassare la guardia è quindi ciò che basta ai membri Alsef per avere successo e farsi acclamare con sacrifici rituali e idoli d’oro dai propri simili.

Comunque sia, in No Vacancy for Erasmus bastano poche righe per fare deflagrare, uno dopo l’altro, un rosario di ricordi e easter egg: 

1- Il motto di rimorchio che ha Tetteballerine («Punta la gnocca ubriaca!») è una citazione presa pari pari da “40 anni vergine”, il peggior film horror che abbia mai visto. Sul serio, mi ha fatto cacare addosso dalla paura.


-Alessio, ma 40 Vergine non è un film Horror.

-Lo dici tu, ma se siete dei ragazzi di 20 anni che non hanno ancora provato il piacere di un rapporto consensuale con un altro essere umano, e scoprite che qualcuno ha fatto un film sulla vostra vita, vi sfido a mantenere la calma. Sì, perchè, oltre alla condizione di castità c’era tanto altro, troppo, che avevo in comune con il personaggio interpretato da Steve Carell. Lui va a lavoro in bicicletta, tanto per cominciare.

-Massì, che vuoi che sia!

-Si infilava il bordo dei calzoni dentro il calzino così da non sporcarlo con il grasso della catena.

-Sei come mio nonno, ma fidati: è solo una coincidenza.

-Lavorava in un negozio di elettrodomestici e io da 4 anni passavo tutte le estati lavorando all’Euronics di Forlì.

-Ecco forse…

-Lui era impiegato lì come magazziniere e indovina un po’ qual era la mia mansione?

-Avrebbe fatto cagare a spruzzo anche me, hai ragione…

Vorrei a questo punto tranquillizzarvi annunciando ufficialmente, in diretta mondiale, che il sottotitolo del film della mia vita non potrà più essere “40 anni vergine” ma che resta in piedi il ballottaggio tra “L’attimo fuggente” e “Scemo & +Scemo”.

2- Ritorna l’antropologia urbana con il Sistema Waikiki, in cui non ho fatto altro che dare un nome fico a un’antica consuetudine degli uomini-guerrieri per infondersi coraggio prima di affrontare una battaglia che sarà dolorosa e che potrebbe essere l’ultima. Vi invito a scoprire di che si tratta in Chi più Re di Noi.

3- Introduciamo il concetto di “ruttoconlegambe”, mutuato dall’amico Foc e in gran voga nella gelateria (De Fanti) in cui ho lavorato per tre anni imparando un sacco, ridendo di brutto e vedendone di tutti i gusti…ehm…colori. Un ruttoconlegambe è la declinazione romagnola del più noto e inflazionato cessocoipedali, ma molto meno divertente. 

La Romagna ha una marcia in più, non c’è niente da fare!

La canzone che ho scelto come accompagnamento musicale è Baba O’Riley degli Who. Il motivo è semplice: è un brano che fondamentalmente si basa sull’attesa, quella dell’intro lunghissimo e leggendario, completamente strumentale. È attesa gloriosa come il riscaldamento che l'atleta fa prima di scendere in pista e dare tutto se stesso. Un momento di stasi che, per assurdo, è colmo di fervore e forza. Lo stesso stato d’animo che hanno i ragazzi come Zanna, Tette e Spanky prima di uscire di casa e mostrarsi al mondo e meritarsi uno spazio, in quel marasma, per restare al sole. In quella convinzione che a tutto o niente, a successo o sconfitta non ci siano alternative e compromessi e che una figura grama ti marcherà a fuoco per sempre. 


NB: l’immagine di copertina di questo episodio di Chi più Re di Noi penso che credo raffigurasse una giovane Lindsay Lohan parecchio alticcia, che si sposava bene con la condizione in cui descrivo i soggetti erasmus soccorsi dal nostro manipolo di eroi.






                                 
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domenica 22 novembre 2020

Il Bollettino dell'Andaluso: Settimana 2 (16-22 Novembre 2020)

 




"L'amore è ballare a piedi nudi su un tronco la stessa canzone". Dirty Dancing ha compiuto 33 anni ma ogni volta che lo...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Domenica 15 novembre 2020

Chi Più Re di Noi lo puoi trovare qui: https://amzn.to/2Sds44z #bologna #romanzo #università #comico #risate #italy...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Martedì 17 novembre 2020

Qualche giorno fa è uscito il 17esimo album di un paio di ragazzi che hanno le potenzialità per avere un discreto...

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Momento, momento, momento... Questa è una notizia che mi ha già fatto salire la scimmia: la voce è che Tarantino abbia...

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Il re del palazzo è il terzo, embrionale, capitolo di quella Commedia Dantesca che di divina ha solo l’ebbrezza,...

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30 anni fa veniva trasmessa per la prima volta la miniserie "IT" con un inquietante, magistrale, Tim Curry nei panni del...

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Uscito qualche giorno fa per la casa editrice Hoepli il saggio "Amore, morte e Rock'n'roll" del giornalista Ezio...

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Dal ballo di Gene Kelly in Cantando sotto la pioggia al monologo improvvisato di Hauer in Blade Runner, dal Bacio a...

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Matthew McConaughey mi è sempre stato sulle palle, è meglio chiarirlo fin da principio. Bello, figo, muscoloso, biondo,...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 20 novembre 2020

È venerdì ed è tempo di una nuova puntata alla scoperta dei retroscena di Chi Più Re di Noi. Siamo alla Regola di Platino, il teorema per cui uomini e donne... https://bit.ly/2KvPVvT

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 20 novembre 2020

Enrico, Zanna e Tette’ sono esploratori scesi su un continente sconosciuto e hanno moschetti carichi e una fede...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Venerdì 20 novembre 2020

Il punto di vista geniale di De André e quello del “buon ladrone” Tito, crocifisso alla destra di Cristo (alla sua...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Sabato 21 novembre 2020

Dico ciò che segue nella speranza di essere smentito: ho il leggero presentimento che più che un reboot dei I pirati dei Caraibi sarà "Harley Quinn alla ricerca del tesoro".

Pubblicato da Alessio Chiadini su Sabato 21 novembre 2020

È stato pubblicato il primo trailer di "Soul", il nuovo film Pixar in uscita su Disney+ questo Natale. Dopo Inside Out,...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Sabato 21 novembre 2020

Il 22 novembre del 1963, a Dallas, un presidente venne ucciso. Era John Fitzgerald Kennedy e come il mondo sarebbe...

Pubblicato da Alessio Chiadini su Domenica 22 novembre 2020

venerdì 20 novembre 2020

Dentro il libro e oltre - La regola di Platino

 



Ne “La regola di Platino” fa la sua comparsa Cecilia, la migliore amica di Enrico, la sua confidente preferita, colei che lo comprende, lo capisce e anticipa i suoi pensieri e le sue mosse future, tagliandogli le gambe in anticipo prima che possa farsi del male o farne ad altri (soprattutto in ambito femminile). Non c’è attrazione di tipo fisico tra loro ma non escludo che segretamente Cecilia possa aver provato, in un punto imprecisato del passato della loro rapporto, un’attrazione per il nostro. I bravi ragazzi come Enrico, si sa, attraggono per la loro dolcezza e sensibilità e conoscono il loro momento di gloria tendenzialmente superati gli anta, quando gli stronzi e i pirati hanno deluso le aspettative d’amore del parterre femminile per tutto il ventennio precedente. Ma è un fenomeno che si manifesta anche prima della tanto temuta pubertà, cioè quando l’educazione assorbita in ambito familiare ci tiene ancora stretta a sè e in cui tipi senza verso, sboccati e un po’ maleducati tipo Tetteballerine sono tacciati come soggetti da evitare categoricamente.

Non penso che Enrico abbia avuto altro che non una simpatia asessuata per Cecilia. Questo mi ha portato a definire La Regola di Platino di Chi più Re di Noi, il vero inizio di un grande corollario di postille e decaloghi comportamentali già descritti ampiamente nella puntata precedente.

Un altro aspetto comportamentale che Spanky ha ereditato dal sottoscritto è la sua ritrosia al mantenimento dei rapporti sociali, umani, di amicizia. Per me era abbastanza tipico durante le scuole dell’obbligo (durante le vacanze, che fossero pasquali, natalizie o estive) darmi alla macchia: interrompevo le comunicazioni con i miei compagni di classe, mi mettevo in silenzio radio fino a quando le lezioni non ricominciavano.

Il perché? 

Perché sono uno stronzo asociale potrebbe essere una risposta ma lo è anche il fatto che condividere tutti i giorni, le ore e ore di stress da compiti in classe e da interrogazioni a sorpresa, quelle emozioni ansiose, quegli stati d’animo negativi mi costringeva a interrompere momentaneamente i rapporti. Il continuare a sentirli durante i momenti di pausa non mi avrebbe permesso di staccare completamente il cervello, che mi avrebbe insistentemente ricordato quanto il ritorno a quegli incubi scolastici fosse più prossimo ogni minuto, ora o giorno che passassi a godermi le meritate vacanze.

Quindi, con almeno 15 anni di ritardo, mi vorrei scusare con i miei compagni di classe per essermi sempre fatto di nebbia quando la scuola non incombeva su di noi, alleggerendo il peso delle nostre sacche scrotali.

Il periodo del liceo è quello che mi ha messo più in crisi e, allo stesso tempo, quello che rivivrei senza pensarci su troppo. Da un lato ho vissuto male certi professori, più che altro, che non erano in grado di spiegare, o lo facevano male, dall’altro dovevo combattere contro certe insicurezze insite nel mio carattere ancora in fase di sviluppo in quegli anni e che solo il tempo, le tranvate nei denti e i rimorsi mi avrebbero cucito addosso per farmele andare più comode o(non sarebbe un mio post senza una deriva da vecchio bacchettone rincoglionito e acido). Oltretutto, la stessa inesperienza verso le questioni sentimentali, che a quei tempi occupavano la maggior parte dei miei pensieri e dei miei sforzi (c’è un’età in cui tutti, a parte eccezioni - tipo Tette’ - siamo insindacabilmente brutti come la fame senza apparente possibilità di redenzione) colorava il mondo di alti e bassi così accentuati da farmi girare su un ottovolante emozionale costante, con colori vividi, pugni allo stomaco lancinanti e oscuri stati di depressione. E grazie, in ogni caso, agli amici bistrattati ma così fondamentali che mi hanno mostrato come poter affrontare al meglio i momenti bui e le rotture di cazzo. Con le risate. 

Chi più Re di Noi è soprattutto grazie a/per loro.

Ne “La regola di Platino” Spanky confessa a Cecilia, e solo a lei per il momento, che si è convinto che chi lo tiene sveglio durante la notte sia una ragazza. Una ragazza che sta piantando nel nostro Enrico una bandiera del colore di un’ossessione ferina che sarà difficile da divellere.

Ho parlato ampiamente della genesi di Chi Più Re di Noi, dell’ispirazione che ha portato all’idea primigenia (trovate tutto nella postfazione dell’edizione 2020) ma non dell’inclinazione naturale che ha portato a partorirla. Come papà e mamma si sono incontrati, capiti, piaciuti, intesi, accoppiati, insomma. Perché due possono essere anche belli come Dei e simpatici da morire ma se manca la sintonia, quel piglio senza il quale i bruchi nello stomaco non si trasformano mai in farfalle, non nascerà mai niente. Per cui Chi Più Re di Noi parla sì di un gruppo di universitari più o meno ligi ai loro doveri accademici guidati dagli ormoni per il 90% del viaggio, di una città (Bologna) in cui l’aria è magica e sembra che qualsiasi cosa sia possibile e di una misteriosa ragazza che continuerà a sfuggire fino all’ultima pagina ma principalmente è un romanzo che ha come tema centrale l’importanza dell’immaginazione, dell’influenza che ha sulle nostre vite, di come condizioni le nostre scelte e il nostro umore dal primo attimo della giornata all’ultima nota della sera. 


A Enrico non serve molto per legare le sue emozioni a quella proiezione sensoriale a cui dà l’aspetto di una bellissima ragazza. In lei proietterà tutte le aspettative che una vita sentimentalmente solitaria come la sua, fatta solo di qualche sporadico flirt e tante disillusioni, ha creato. E quell’idea attecchirà così a fondo in lui da prendere il controllo anche quando Enrico è inconsapevole. In questo caso Enrico/Spanky è ricalcato pari pari sul profilo del suo autore, ne condivide l’inclinazione a sognare, a distaccarsi dalle cose materiali e dare più importanza alla pancia, alle emozioni, alle sensazioni. Come me, Enrico vive in un mondo parallelo fatto di mille scenari possibili, mondi paralleli, conversazioni che non avverranno mai e incontri mancati solo per un battito d’ali di farfallo sul continente asiatico. 


Quella è una vita vissuta in una realtà silenziosa, in cui degli esseri-iceberg mostrano solo una piccola parte di loro stessi e tutto il resto si svolge negli abissi del loro animo. Forse è per questo che mi escono bene tante storie diverse, perché se mi tenessi dentro tutte quelle che ho un giorno potrei deflagrare in una gloriosa esplosione di frustrazione e bisogno di rivalsa. 

I tipi silenziosi, i riflessivi, quelli che hanno spesso lo sguardo fisso e muovono le labbra impercettibilmente come impegnati in chissà quale dialogo sono coloro che vivono migliaia di vite diverse non potendo, e non volendo, sceglierne una sola. Io prendo esempio dal mio “me stesso” che vive nella mia immaginazione e nella mia fantasia, lo vedo reagire a quello che mi capita nel mondo reale e prendo appunti, rosicando da matti perché lui fa cose che io non sogno nemmeno. Con il tempo sono riuscito a accorciare le distanze ma lui è sempre più avanti, non c’è niente da fare.

Se innamorarsi di un pensiero, di un mondo che si è costruito partendo dal nulla, fosse un superpotere, sotto i vestiti indosserei una calzamaglia sgargiante e terrei sempre d’occhio ogni cabina telefonica nei paraggi per cambiarmici appena qualche minaccia interplanetaria metta a rischio il mondo. Avrei una gloriosa “P” ricamata sul petto e uno stato di delusione costante. Tendenzialmente LA “P” starebbe per Pindaro, come quel poeta dell’antica Grecia diventato famoso per il suo volo e per come riuscisse, con apparente sospensione della logica, a passare da un argomento all’altro così come i miei improvvisi distacchi dalla Realtà, ma potrebbe anche essere declinata in una decina di aggettivi e nomi con la medesima iniziale non molto edificanti. Me ne viene subito un esempio calzante: Patacca (non la parte anatomica femminile nota in Romagna ma il tizio scemo, stralunato, ingenuo che trovate su ogni spiaggia della Riviera). 


Enrico resterà imprigionato nella sua fantasia per tutto il romanzo e questo condizionerà irremediabilmente i suoi rapporti con il resto del mondo. 

Non c’era nulla di bello che potesse strapparlo prima da quel regno incantato? 

Sì, ma il sognatore non lo vede, non lo sente con la stessa forza, non viene spinto con la stessa determinazione. Per destrasi il sognatore ha bisogno di correre contro il treno in corsa e rimanerci sotto. 

È un morbo che si può curare?

Non si può guarire del tutto, bisogna imparare a conviverci.

Mi viene alla mente, rischiando di essere tacciato di blasfemia, la novella “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello. Qui il protagonista, il signor Belluca, oppresso dai problemi, dall’angoscia per una condizione che lo rende infelice e sottomesso in famiglia e al lavoro, in un ripetersi di giorni sempre uguali a loro stessi si ricorda, incredibile come avesse potuto dimenticarlo, che il mondo esiste. Il fischio di un treno lontano lo risveglia e gli rammenta che un altro mondo, oltre il suo, è sempre stato lì, a portata di mano, appena oltre la linea dell’orizzonte di quelle pile di carte sulla sua scrivania, alte ogni giorno di più. A quella rivelazione Belluca impazzisce aggredendo il capoufficio, reo di averlo subissato di rimproveri non più dei giorni precedenti. Quindi viene ricoverato finché i suoi nervi non si calmano. Tornerà alla sua solita vita come prima, o quasi, qualche mese dopo. Quella prima volta, in cui aveva ascoltatoil fischio del treno, si era riempito di sogni di un’altra esistenza, di leggerezza e di evasione fino ad esplodere. Ne aveva fatto una scorpacciata, si era ingozzato di vita e non aveva retto. Belluca imparerà ad attingere a quella fonte di sogni poco alla volta, senza più farne indigestione ma un’abitudine di pacifica fuga da una realtà opprimente.

Alle stessa maniera del signor Belluca, col tempo Enrico, io e ogni altro sognatore impariamo a scendere più spesso dalle nuvole soffici e sicure per camminare in un mondo freddo, ventoso e opaco per la semplice ragione che è lì che i sogni nascono, prendono vita e crescono.

La canzone che ho scelto per aprire questo capitolo (Our House by Madness) mi permetteva di trasmettere l’idea di famiglia unita e allegra, caotica e solidale fatta di individui con peculiarità diverse e spesso contrastanti ma che restavano insieme senza uccidersi perchè si volevano un gran bene. Ed è proprio l’atmosfera che si respira in quell’appartamento fatiscente al civico 49, interno C. Enrico, Zanna, Tetteballerine, Cecilia e Virginia sono i componenti di una famiglia che restano insieme nonostante tutto perché, alla fine, si sono scelti. In quella casa, proprio come nella canzone, c’è sempre un gran via vai e succede sempre qualcosa, e molto spesso a volume alto/rumorosamente. È il caos allegro, la cosiddetta bolgia, l’anarchia festante che fa piangere le mamme, la dissolutezza scomposta che fa inorridire i benpensanti, l’amoralità giovanile che scuote le fondamenta dello status quo.

Ascoltate la canzone dei Madness, non ci troverete un testo profondo e sopportate la melodia, se non è proprio di vostro gradimento (in fondo è un brano pop degli anni 80, e si sente). E poi quell’atmosfera british con case di mattoni rossi a vista, comignoli fumanti e nebbia così densa che la si può toccare mi scalda, mi riporta a casa anche se la casa a cui penso non è fisica, ma ha tetto e pareti di un tempo lontano i cui confini sono i ricordi di un’altra storia, che non vi racconterò oggi.





        
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mercoledì 18 novembre 2020

Bollettino dell'Andaluso: settimana 1 (9 - 15.11.2020)

Ovvero: quello che vi siete persi la scorsa settimana (9-15.11.2020) 




Perchè il finale di La La Land è un capolavoro: 

"Che La La Land sarà un caposaldo della cinematografia futura è stato chiaro fin dall'inizio, dal successo che ha avuto e dall'incetta di riconoscimenti che gli sono stati attribuiti. Uno sguardo alla vecchia Hollywood e un passo, di danza, nell'importanza delle scelte che compiamo nella nostra vita, del saper convivere con i rimorsi, accettare i rimpianti e, comunque, sorridere."

Albert Camus, i 4 libri più famosi dello scrittore francese:

“La grandezza dell’uomo è nella decisione di essere più forte della sua condizione.”

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Ricordare le basi.

Ogni tanto fa bene ricordare le basi. Dicono da dove sei partito e raccontano le tue scelte quotidiane. Il Cyrano è una di queste e non potevo non fregiarmi di questa copia del 1907.


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L'importanza della musica nella narrativa.

"Dell'importanza della musica e del suono per raccontare una storia non me ne sono accorto per primo io. Narrazione e sonoro vanno a braccetto fin dall'alba dell'uomo ma spesso siamo così assuefatti da questo connubio che non ce ne accorgiamo più. 

Una buona storia lo è perché ha il ritmo giusto, che sia eseguito da una studiata sequenza di parole, da un suono calzante, da una melodia perfetta."

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Haruki Murakami e la Resilienza.

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Buon compleanno, Leo!

"Compie 46 anni uno degli attori più talentuosi della sua generazione, se non il più talentuoso. Non era facile uscire dall'ingombrante ombra di Titanic e lasciarsi alle spalle alcuni flop (davvero pochi) e lanciarsi senza sforzo apparente nel firmamento di Hollywood. Per uno che ha esordito al cinema con mostri sacri come Robert De Niro e Johnny Depp il destino non poteva che essere uno solo.
Talentuoso, professionale e socialmente impegnato, sembra non avere limiti artistici. 
Vi propongo tre romanzi che hanno ispirato tre dei suoi film di maggior successo: The Aviator, Prova a prendermi e Shutter Island."

 

Io ero Howard Hughes by Steven Carter
Prendimi... Se puoi by Frank Abagnale
Shutter Island by Dennis Lehane

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La costruzione di un personaggio.

"Dovevo far parlare Enrico, conoscerlo e capire cosa avrei potuto fargli fare. Il fatto che sia un personaggio in parte autobiografico non mi dava lo stesso il permesso di fargli fare quello che mi pareva, altrimenti avrei scritto soltanto la storia della mia vita e tutti avreste comprato un altro libro, di un altro autore.
 Dovevo delineare un personaggio che potesse arrivare a convincersi che i rumori provenienti dal soffitto appartenessero ad una ragazza e, di quella stessa ragazza, farlo perdutamente innamorare.
Per questo motivo la noia di giorni estivi trascorsi in una città deserta mi avrebbe spianato la strada per quell’estremizzazione dei sensi e per quel parziale straniamento dalla realtà che cercavo."

 

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Amazon Storyteller 2020: Salvino Muscarello.

"Salvino Muscarello è il vincitore della prima edizione di Amazon storyteller con il suo legale thriller "la corrente invisibile".
Muscarello non ha una casa editrice alle spalle, è un autore indie, come molti ce ne sono (in Italia davvero tanti!)
Come lettori, diamo una possibilità a questi scrittori perché la qualità e le belle storie si trovano sia negli scaffali delle grandi librerie che nel selfpublishing, così come il suo contrario."
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Hill Valley Novembre, 12 1955. NEVER FORGET

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Max Payne e il Caso Indiano.

"Max Payne: Il sogno americano vende anche in India!

Vabbè, dispiace per i lettori Indiani ma poco male dato che il romanzo costa niente. Al limite potranno imparare un italiano adatto ad affrontare a muso duro i trafficanti di droga!

Comunque, se anche voi volete indurire il vostro slang trovate Max Payne un po' ovunque:

Amazon, Google Play, Streetlib, Kobo e anche sul blog."

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Dentro il libro e oltre: Il Re del palazzo e l'antropologia urbana.


"È online la nuova puntata della rubrica autoriferita "Dentro il libro ed oltre": Il re del palazzo e l'antropologia URBANA.

Ma parla di The boys? No.

E allora perché c'è patriota in copertina, ti vuoi ingraziare i fan della serie tv? Ancora no.

E allora?

E allora per la prima volta fa la sua comparsa un personaggio che sarà davvero importante per il resto della storia e per l'esistenza stessa di Chi Più Re di noi.

Davvero, così importante?

Yep, ho costruito tra i suoi pettorali guizzanti le fondamenta della mia cattedrale. Senza Tetteballerine non saremmo qui a ridere come matti. E Patriota (Homelander) è colui che si avvicina di più alla fisicità del personaggio che ho creato e dato che non potevo usare la vera fonte di ispirazione (visto che cammina tra noi) l'antagonista principale di "The Boys" ha fatto al caso mio."

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Un thriller con Andersen.

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40 anni di Blues Brothers.

"40 anni fa usciva nelle sale italiane un film che avrebbe riscritto il cinema moderno: Blues Brothers!
Una pellicola che merita (e chiede) più visioni per essere apprezzata nella sua interezza. Come molti dei film di un certo periodo, quando lo spettatore non aveva bisogno di troppi spiegoni, la narrazione è su più livelli e ad ogni visione lo spettatore nota dettagli diversi.
Un film godibilissimo a tutte le età (io lo vidi alle elementari e me ne innamorai tanto da bruciarela cassetta e fondere il registratore per le troppe repliche).
Non c'è una scena, una battuta, un'inquadratura che non sia entrata di prepotenza nel bagaglio culturale della sua generazione e di quelle successive. Il film che ha consegnato John Belushi alla leggenda, culminata nella triste sorte che ha strappato al cinema, alla stand-up comedy e alla musica un artista che chissà cos'altro avtebbe avuto ancora in serbo.
Blues Brothers è uno dei film preferiti di molti, me compreso, e non ho potuto non celebrarlo ogni volta che l'occasione mi si presentava in Chi Più Re di Noi con citazioni più o meno evidenti.
La banda? Sì, La BBanda!"
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Chi Più Re di Noi e i Guns N'Roses.

"Per la parte musicale del secondo capitolo di Chi più Re di Noi fanno la loro comparsa anche coloro che costituiscono la costola primigenia, il pilastro portante di questo eccentrico romanzo: i Guns N’Roses e la loro leggendaria Sweet Child o’ mine.

Come appartenente all’annata 1986 ed essendo fondamentalmente un vecchio estimatore di un certo rock sconosciuto degli anni ‘70 e ‘80 in un corpo giovane, i Guns non hanno mai fatto parte del mio campionario di musica preferito e, a parte qualche brano, lo rimangono tuttora. Ma non ero io, o Enrico a doverli ascoltare, bensì l’inquilina del terzo piano. Quella scelta calzava perfettamente con l’immaginario collettivo della studentessa universitaria fuorisede: intellettuale, naive e assolutamente alternativa, oltre che bellissima pur non possedendo i canoni delle modelle delle copertine patinate.
Quella era l’immagine che si doveva stagliare davanti agli occhi di Enrico: una ragazza con le camicie di flanella legate ai fianchi, con canottiere bianche di una marca non identificata, jeans strappati e Doctor Martens.

Avrei potuto scegliere i Nirvana invece che i Guns, me ne rendo conto ma i Nirvana mi stanno sul catso quindi vai di Guns."


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mercoledì 11 novembre 2020

Dentro il libro e oltre - Il Re del palazzo e l'antropologia "urbana"

 


Il re del palazzo è il terzo, embrionale, capitolo di quella Commedia Dantesca che di divina ha solo l’ebbrezza, alcolica, in cui spesso si trovano a confrontarsi con il mondo i suoi protagonisti maschili. Non tanto perché siano dediti all’alcol. Non più che ad altri vizi umani, comunque. Enrico, Tette’ e Zanna sono ubriachi per la vita che scorre in loro così forte, incontenibile, irrefrenabile (ineluttabile?) che l’incoscienza della giovane età gli ha regalato. Sarà ancora lontana anni la grigia sfumatura di chi cresce troppo e si lascia indietro il colore dei giorni trasognati con il naso all’insù. Quel mondo dove i bianchi e i neri si confondono senza più prevaricare uno sull’altro e dove la ragione pura e semplice dovrà sempre di più lasciare il posto al relativismo imperante dei punti di vista. Mi rendo conto che sono discorsi da vecchio (non più utile allo sforzo produttivo del paese) bacchettone ma sono entrato in questa fase nuova del mio essere solo da poco e sa ancora così tanto di macchina nuova che non posso fare a meno che salirci il più possibile. Sarà l’età adulta, sarà questa pandemia che ci ha rivoltato come calzini rivelando di noi stessi più di quanto saremmo stati disposti a scoprire ma il vento è di poppa e va assecondato. Indietro non si torna.

Dicevo di Enrico, Zanna e Tette’: loro mica lo sanno il perché di tante cazzate. Aprono la bocca e le danno fiato perché hanno scoperto che non è male il suono della loro voce e perché non ci sono adulti attorno che li possano zittire, riprendere, squadrare facendoli sentire piccoli e insignificanti. Sono esploratori scesi su un continente sconosciuto e hanno moschetti carichi e una fede incrollabile in loro stessi da esportare alle popolazioni indigene (il resto del mondo). Con quell’egocentrismo, per nulla malevolo comunque, che deriva dal sentirsi al centro del mondo proprio perché fino al giorno prima esso era molto più piccolo (casa propria, la propria città, gli amici di una vita) li vediamo confrontarsi, goffamente, con una realtà molto più grande e per cui loro non sono che pulci. Perciò parlano a voce troppo alta, sono sboccati perché cercano di attirare l’attenzione, si muovono sopra le righe per far vedere quanto sono bravi a fare le capriole. Mamma guardami, dai guardami, non mi stai guardando, però, mamma. 

Bisogna volergli bene a Enrico, Tette’ e Zanna perché non sono cattivi ragazzi: siamo noi, i nostri padri, i nostri figli. Siamo noi, spacconi perché spaventati da un viaggio di cui non conosciamo nulla. Smargiassi perché vediamo e combattiamo nemici ad ogni angolo e ad ogni piè sospinto con quell’avventatezza Donchisciottesca che vista da fuori fa arrossire e sorridere. Volgari e gonfi di petto per impressionare qualcuno su cui vogliamo fare colpo ma la cui vicinanza ci spaventa terribilmente. 

Il Re del Palazzo non è un capitolo lungo (l’ironia è che il pezzo che gli è dedicato lo è almeno il doppio) e non succedono cose memorabili: Enrico è ancora solo nello squallido appartamento che divide con gli altri, che sono però ancora in vacanza, e non ha ancora dato una forma o un’identità a chi lo tiene sveglio di notte passeggiando sul soffitto della sua stanza. Annoiato com’è, s’interroga su chi possa essere. Si apposta sulle scale per vederlo/a passare ma ogni tentativo si rivela inutile. Tutto qua insomma, nulla di trascendentale. 

A parte che.

A parte che è qui che, per la prima volta, facciamo la conoscenza di un personaggio che poi si rivelerà cardine della storia e del mondo di Chi più Re di Noi: Tetteballerine.

Si rivela a voi così come si è rivelato a me quando l’ho scritto, perché non lo avevo programmato e certamente non mi sarei aspettato che diventasse quello che è diventato alla fine. Quando uno scrittore dice che non sa nemmeno lui che cosa succederà in un romanzo o starà a guardare dove lo porteranno i personaggi credetegli, perché è vero. Sicuramente per molti scrittori lo è. Non vuol dire che vi lasceranno, come lettori, in balia delle loro storie e dei loro personaggi una narrazione confusa e deludente, no. Sanno dove vogliono arrivare, lo hanno pianificato. Conoscono le stazioni lungo il viaggio, certo. Quello che non sanno è come sarà il paesaggio tra le fermate intermedie. Per quello sono spettatori al pari vostro. E il viaggio se lo godranno come voi. Se i personaggi sono vividi, se sono delineati e hanno un’identità ben precisa basta metterli nella direzione giusta e stare a guardare. Il resto verrà da solo. L’autore non dovrà far altro che il cronista. Gas a martello e al via scatenate l’inferno.

Tetteballerine è stato proprio questo: una sorpresa inattesa. Neanche aveva un nome e un cognome. Solo un soprannome, mai sentito, per altro. Non potevo chiamarlo Schizzo, Ciccio, Bisonte o roba così, no, troppo banale. Troppo penosa scimmiettatura italiana di un teenage-movie americano. L’idea del personaggio, lo scheletro centrale del suo modo di essere pescava a piene mani nella vita vera. Come dicevo nei ringraziamenti della prima edizione di Chi Più Re di Noi (2012 - Ed. Amici & Parenti): Tetteballerine esiste davvero ed è un Cristo. Scriviamo di ciò che conosciamo per scrivere meglio. 

Sì, Tetteballerine è preciso a Patriota


Tette’ non era solo il personaggio che doveva fare da contraltare al più razionale Spanky/Enrico ma era il portatore di uno stile senza cui Chi Più Re di Noi non avrebbe visto la luce. Ciò che avevo scritto fino ad allora non mi avrebbe aiutato a sciorinare una storia convincente che parlasse di studenti, di bolgie, di sesso e dolce anarchia. Tetteballerine è stato il gonfalone, l’ambasciatore di una bestialità sopita, vergognosamente nascosta dietro una facciata di bei versi ordinati, di una morale santa e un verbo ricercato e nobile. Con lui come scudo umano (e i suoi possenti muscoli pettorali e la sua stazza che se mi capitava Zanna da un pezzo che ero morto) sono riuscito a esprimere un Io fatto di carne, imperfetto e mortale che poteva essere ineducato, volgare, politicamente scorretto ma che, fondamentalmente, dicesse quello che pensava nel modo che preferiva.

Imparai a conoscere Tetteballerine un po’ alla volta perchè non sarei stato in grado di formare un personaggio completo che fosse sfacettato così bene da sembrare reale. Da mancarci quando non avremmo più letto di lui, da soffrirne quando sarebbe morto. E Tette’, così come gli altri protagonisti di Chi Più Re di Noi, sono stati capaci di stupirmi fino alla fine, e mostrare una psicologia e un background sempre più complessi. Questa è la vita, in fondo: ognuno di noi è immerso in un hummus di relazioni, esperienze, errori commessi che ci forma, ci modella, ci cambia e mentre noi cresciamo, questo si modifica con noi. Non può non essere la stessa cosa per coloro che popolano le storie che leggiamo.

Non vi nascondo che non saprei dirvi se tutte queste interpretazioni filosofiche che vi propino siano dovute ai miei studi accademici o al  vizio che ho di razionalizzare anche l’aria che respiro, perchè la respiro, che significato avrebbe se la respirassi senza coscienza? 

Dato che siamo le scelte che facciamo e scegliamo in quanto siamo, passerei oltre a questo circolo vizioso con la convinzione che senza i miei studi in antropologia non avremmo avuto “La sindrome del finesettimana”, la “Regola di Platino”, il “Teorema Miyagi” o “L'algoritmo Briatore-Gregoraci”, giusto per  fare qualche esempio. Per sapere di cosa trattano nello specifico dovrete leggere il romanzo ma nulla mi vieta di dirvi che sì, sembrano scopiazzature dei codici e dei decaloghi snocciolati dal personaggio di Barney Stinson in 9 stagioni di How I Met Your Mother ma diciamo che, come per Tetteballerine e il suo doppio nella vita reale, esse sono soltanto la spinta di partenza per qualcosa che poi, dalla scintilla di vita, ha iniziato a camminare senza stampelle. Perché l’antropologia è soprattutto questo: osservare come l’essere umano si comporta in un contesto e indagarne le ragioni. Si può fare antropologia ovunque, ogni giorno, per ogni comportamento. E non c’è bisogno di spostarsi molto. Dove c’è l’uomo, c’è l’antropologia. Si può praticarla al bar, in fila alla posta, dentro il vagone di un treno. Diffidate dalle discipline che pretendono di consegnarvi la verità e si fregiano di dogmi. L’antropologia dà interpretazioni, punti di vista ma sono certo che ogni volta che nel romanzo incontrerete una teoria dal nome pittoresco (mai prendersi troppo sul serio) vi troverete a realizzare che sì, quella cosa è capitata anche a voi e che avete pensato le stesse cose.



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