Alessio Chiadini Beuri: Rico Muerte

giovedì 14 novembre 2019

Rico Muerte






Venni accolto da qualche colpo di riscaldamento, come quando prepari una donna a schiudere il suo fiore per te. Mi sporsi rapidamente per vedere di chi si trattava e, soprattutto, capire come renderlo inoffensivo. Era Rico ed era solo. Una ventina di metri da me. Distanza che stava aumentando, ma senza quella premura che mi sarei aspettato.
«Ehi Rico! Candy se l’è presa! Dice che fai così tutte le volte. Quando lei finisce di lucidarti l’asta, non vuoi mai baciarla in bocca. Rico, ma nessuno ti ha mai insegnato come comportarsi con una signora?»
Non riuscirò mai a spiegarmi come Rico pretendeva di battersela con i pantaloni ancora abbassati alle caviglie, in attesa di un sollazzo che non sarebbe arrivato tanto presto.
«Sono lusingato, Senor Muerte, che mi accoglie così, ma è qualche giorno che combatto con alcune fastidiose afte e…»
Rabbioso, mi sparò. Indossava una gigantesca camicia bianca che copriva orrendi boxer celesti, una fondina ascellare nera e, meraviglia delle meraviglie, due giarrettiere per calze maschili. Come mio nonno durante il proibizionismo.
I proiettili si conficcarono in due casse di whisky davanti a me. Il liquido ambrato iniziò a sgorgare insieme a cocci di bottiglia. Mi sparò di nuovo, intensificando l’attacco. Se non poteva scappare allora prima avrebbe spiaccicato lo scarafaggio. Scivolai di lato tra una fila di bancali. Rico, giunto all’area di carico e scarico si trovò in campo aperto. Non era stupido e aveva abbracciato l’unica strategia possibile: attaccare. Certo, non gli ricordai che poteva sempre tirarsi su i pantaloni e battersela: io giocavo nella squadra sfavorita, quella che non aveva chances di vincere il campionato. Appiattito contro uno scaffale di bicchieri riempì il mirino della Desert Eagle della stazza di Rico Muerte e feci fuoco. I proiettili sconquassarono il suo corpo facendogli ballare una ridicola danza di morte. Lui, però, vacillò ma non cadde. Lo avevo preso al fianco e sotto la clavicola sinistra. Rispose con una serie così ben piazzata che mi costrinse a ripararmi ancora.
«Ti ammazzo, Payne! E poi farò al tuo teschio quello che Candy ha lasciato a metà!» reiterò il concetto ridendo e sparando.
Con quella camminata da pinguino a cui era costretto faceva tintinnare la fibbia sul pavimento. Feci fare capolino alla Desert Eagle e andai alla cieca. Sparai una volta ma il tintinnio si interruppe solo per un momento. Non era finita. Rotolai allo scoperto. Avevo lasciato dormire la Magnum perché mi erano rimasti soltanto due colpi però non sarebbe arrivato un momento più adatto di quello per usarla. La mossa mi servì anche per controllare dove fosse arrivato Rico e in quali condizioni versasse. Intercettò la mia sagoma nel momento in cui uscì allo scoperto. Un proiettile si conficcò nel pavimento tra le mie ginocchia mentre la Magnum sputava piombo. In un momento il ginocchio sinistro di Rico Muerte non ci fu più: al suo posto una massa informe di brandelli di carne penzolante. La sua massa corporea pensò al resto. Rico tentò strenuamente di restare in piedi ma non c’erano più fondamenta. Provò lo stesso ad ammazzarmi durante la caduta ma il braccio e la canna della pistola non erano allineati alla mia testa e la pallottola svirgolettò distante. Un gigante coi piedi d’argilla crollò a terra con grido agghiacciante. La gamba ferita era ripiegata indietro in una posizione innaturale. Sollevò il braccio e sparò ancora.
Cilecca.
«No Rico, basta giocare. Dimmi dove trovare Gognitti e Lupino e faccio tornare Candy.»
«Fai pure, sbirro.»
«Ah, è così? Sei un po’ depresso? Ti ho sparato a un ginocchio, il cazzo ti dovrebbe funzionare lo stesso.»
«Se mi lasci vivere sono comunque un uomo morto, a questo punto. Avevo un accordo con Lupino. Ero il suo asso nella manica.»
«Asso?! Forse hai capito male: Jack probabilmente parlava dell’ASSE…del suo cesso.»
«Quanto sei divertente, Payne! Ridi finché puoi!»
«Ho smesso da tre anni.»
«Non avrai niente da me. Ammazzami o vattene. E spera, se mi lascerai qua ancora in vita, di non incrociare più la mia strada.»
«Questa volta mi è andata bene o non hai voluto calcare la mano? Comunque, Rico, credo che seguirò entrambi i tuoi consigli. Quella brutta ferita al fianco non promette bene. Vedi quel liquido così scuro che ti esce dalla pancia? Non si è rotta la coppa dell’olio, è il fegato che sta andando a puttane. Almeno lui, per l’ultima volta. Goditi la vita, Rico, quella che ti resta.»


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