Alessio Chiadini Beuri: Gli immancabili di NATALE

venerdì 4 dicembre 2020

Gli immancabili di NATALE




Cosa fa il giorno di Natale davvero Natale, per me.
La lista non segue un ordine cronologico, o di importanza o di bellezza e, soprattutto, non è oggettiva né universale per cui probabilmente non troverete magari quel titolo che vi aspettavate (però se volete segnalarlo, poi ne parlerò con piacere!)
Fatte le dovute premesse, aiutatemi a dire: «A tutta birra, Rudolph!»



  • Harry potter e la pietra filosofale:
    film del 2001, non l’ho visto al cinema e non ho recuperato il romanzo per i successivi 6-7 anni. Quindi si può dire che non sia un Potterhead nativo e che i Natali più significativi e memorabili dell’infanzia li ho passati senza il maghetto creato dalla penna di JK Rowling. Nonostante questo, come vedete, eccolo qua. La prima volta l’ho visto in tv e ammetto che non sapevo nulla sulla storia, sul fatto che si trattasse di una saga letteraria né se fosse il primo o l'ultimo film. Nel 2001 frequentavo il liceo e Harry Potter, enorme fenomeno planetario, era visto più che altro come una storia per bambini facendosi sì che il mio radar di interesse non facesse bip. Capitai per caso sul quel canale, penso fosse Raiuno (non so se fossimo sotto le feste ma fuori era buio e faceva freddo quindi, nella fantasia infantile che Natale duri almeno 3 mesi l’anno, ogni volta che le condizioni atmosferiche sono favorevoli, per me il calendario torna al 25 dicembre). Considero la gioia provata da Harry la prima volta che, insieme a Hagrid, entra nel mondo dei maghi e delle streghe a Diagon Alley, o quella in cui scorge il profilo di Hogwarts stagliarsi all’orizzonte o ancora la miriade di odori, sapori e colori con cui si riempì la Sala Grande durante il banchetto di benvenuto, paragonabile alla felicità di un bambino che si sveglia la mattina di Natale (in casa mia si festeggia il 25 mattina invece che la Vigilia) e corre fino all’albero addobbato in soggiorno. Chi, da piccolo, non avrebbe desiderato scoprire di possedere dei poteri magici, in fondo? Sì, la Pietra Filosofale è necessariamente un film che può essere annoverato in questa lista piena di zucchero a velo e agrifoglio. Insieme a lui, possiamo inserirli tutti fino a "L’ordine della fenice". Hogwarts, d’inverno, trasmette quel calore che vorremmo avere nelle nostre case quando fuori il termometro sfiora lo zero, davanti al camino acceso con un sacchetto di cioccorane in mano.


  • Canto di Natale di Topolino Walt Disney (1983):
    ogni 24 sera, su Raiuno, lo aspettavo con ansia. Una tradizione natalizia vera  propria. Uno dei migliori prodotti Disney di sempre, la carica narrativa in grado di muovere emotivamente vere e proprie montagne aride di sentimenti. Il groppo in gola matematico quando il cuore di zio Paperone finalmente si schiude alla bontà e diventa il personaggio da cui tutti avremmo sempre desiderato ricevere un gesto d’affetto. Imprescindibile. 


  • Pomi d'ottone e manici di scopa (1971)
    : come sopra, nella programmazione del palinsesto Rai i due film  sono andati a braccetto per lustri e lustri e, anche se a tutt’oggi non riesco a ricordare bene la trama se non che avesse come protagonista una strega provetta (interpretata da Angela Lansbury) che, non sapendo gli incantesimi a memoria doveva leggerli direttamente dal manuale inforcando gli occhialetti. Non soddisfatta faceva volare un letto girandone il pomo (d’ottone) finendo, insieme ai giovani comprimari e al mister Banks di Mary Poppins (David Tomlinson), in una partita di calcio tra animali antropomorfi e un leone-re piuttosto incazzoso.


  • SOS fantasmi(1988):
    rappresentante di quello che definisco il mio “Natale nascosto” visto che con questa pellicola ci si discosta di qualche passo dagli stilemi classici della cinematografia della Natività. Certamente, è in tutto e per tutto un film natalizio con un finale strappalacrime ma è anche, a tutti gli effetti, un prodotto marchiato anni '80 e l’irriverenza è presente in ogni singolo fotogramma. Linguaggio scurrile, cinismo, riferimenti al sesso e morti assiderati. Il classico immortale di Dickens declinato alla cultura materialistica che ha imperniato quel decennio tutto neon e giacche con le spalline. Un film con Bill Murray e per Bill Murray. La scena che mi è rimasta più in mente alla prima visione: Frank Cross (Murray) appeso fuori dalla finestra, retto dal braccio del suo defunto capo che inesorabilmente si sfalda in polvere e brandelli di carne morta. La mia scena preferita: l’incontro con il fantasma dei Natali passati per la caratterizzazione del tassista, un sadico stronzo e guardone. La mia battuta preferita: quella sui capezzoli della ballerina («Anche Charles Dickens avrebbe voluto vedere i suoi capezzoli!»)


  • Ricomincio da capo (1993):
    anche se tecnicamente il film è ambientato a febbraio (2 febbraio, 2 febbraio, 2 febbraio, 2 feb..) a Natale a me piace guardare i film fatti di buoni sentimenti che, più adesso che quando ero ragazzo, mi fanno venire il magone e piangere come un vitello. Amo sentirmi buono, altruista e pieno d’amore, stilando una sfilza di buoni propositi per quando, finalmente, mi alzerò dal divano e varcherò di nuovo la soglia di casa. Bill Murray è straripante («Sono un Dio!») e le trovate di Harold Ramis (Egon) esplorano senza censure quello che un uomo intrappolato in un loop temporale sarebbe portato a fare, considerare, imparare. Quando ti trovi in una situazione senza via di fuga non c’è altro che puoi fare se non andare avanti ed affrontarla. Esattamente come l’esistenza di ognuno di noi: abbiamo solo questa vita e con questa dobbiamo imparare convivere, senza scorciatoie o trucchi, fino in fondo. «...non solo ieri sono esploso, mi sono avvelenato, pugnalato, sparato, congelato, impiccato, fulminato e bruciato!» (Vi ricorda qualcosa, tipo un altro film iconico degli anni '80 ambientato a New York con quella grande signora che, sai è francese, non le porta le mutande là sotto?).


  • Die Hard-trappola di cristallo (1988):
    se non è un film natalizio Die Hard, non so, ditemi voi che è ambientato la vigilia di Natale alla sede della Nakatomi. Bruce Willis ha il merito di averci regalato un Babbo Natale che ha superato la prova del tempo. Un nazista morto, coi piedi piccoli e una maglia griffata da urlo, oh-oh-oh! È un film che ha avuto il merito di riscrivere un genere ponendo al centro non un eroe invincibile e senza paura come era stato fino a quel momento ma un uomo che si trova davanti a una situazione più grande di lui ma a cui non può sottrarsi (Trappola di Cristallo è comunque un unicum in quanto il genere ha deviato presto sulle vecchie abitudini, a partire anche dai capitoli successivi di questa saga). Questo è il film che ha consacrato Bruce Willis come star del grande schermo (era considerato dai più non adatto al ruolo darto che veniva dal successo di Moonlighting, la serie tv comica che vi invito di recuperare al più presto se volete vedere un Bruce Willis più che mai poliedrico).


  • La storia Fantastica (1987)
    : Natale è un periodo in cui sognare è concesso più che in altri momenti dell’anno e non c’è modo migliore di farlo che con una fiaba. Da piccolo volevo essere il pirata Roberts, imbattibile spadaccino vestito di nero capace di affrontare ogni nemico e sconfiggerlo: era forte, abile nella scherma, astuto, pieno di risorse e puro di cuore. Epico il duello di spada con l’altra immortale icona degli anni 80, Inigo Montoya e la sua sete di vendetta («Hola. Mi nombre es Iñigo Montoya. Tu hai ucciso mi padre, preparate a morir.»). Memorabili gli scambi tra il nonno (Peter Falk) che legge la fiaba di Westley e Bottondoro al nipote influenzato (Fred Savage - Piccoli mostri, Blue Jeans, il piccolo grande mago dei videogames). Robin Wright (Bottondoro) mozzafiato. «Quel giorno si accorse con stupore che tutte le volte che lui le diceva "ai tuoi ordini", in realtà voleva dirle "ti amo".»


  • Una poltrona per due (1983):
    Babbo Natale non si mette nemmeno le mutande se prima non ha controllato che nel palinsesto di Italia 1 del 24 dicembre rientri questa commedia del 1983 firmata John Landis. Gli alti dirigenti del Biscione farebbero bene a non dimenticarselo se non vogliono rovinare il Natale a tutti. Un film di Natale in cui si vede un tentato suicidio, si odono parolacce ogni volta che un angelo mette le ali e si ammirano tette a profusione («Sei mi dai una botta con quelle tette mi ammazzi.»), prostitute e svariate droghe psicotrope per addobbare l’albero. Vista così, capisco perché in prima serata non ci finisce mai. Aspettiamo che i benpensanti escano di casa per andare alla funzione di mezzanotte. Eddie Murphy dà il meglio di sé nella parte del veterano di guerra senzatetto, cieco e pure zoppo. Esilarante l’incontro con i poliziotti che gli fa ritrovare le gambe mutilate in azione (compresa la vista). Dan Aykroyd è il dirigente che perde tutto, compresa dignità e voglia di vivere per colpa di una sciocca scommessa, che troverà conforto in Jamie Lee Curtis (come lo capisco). La scena dello scambio di valigette sul treno è l’esatta trasposizione di come scrivo gli episodi più spassosi di Chi Più Re di Noi: situazioni oltre al limite del credibile condotte con una faccia tosta da applausi. Due menzioni d’onore: il maggiordomo di Dan Aykroyd prima e di Eddie Murphy poi, è niente popò di meno che Denholm Elliot (interprete del Dr. Marcus Brody nella saga di Indiana Jones); il famigerato Clarence Beeks che fa il doppio gioco per i fratelli Duke invece è Paul Gleason, iconico preside del liceo di Breakfast Club. Ma il gorilla sul treno poi, lo sapete chi è?


  • Mamma ho perso l’aereo & Mamma ho riperso l'aereo:
    mi sono smarrito a New York: l’accoppiata esiste per pura par-condicio in quanto il secondo non esisterebbe senza il primo. In realtà quello che ha caratterizzato di più la mia infanzia è stato il capitolo ambientato a New York (la VHS di Mamma ho perso l’aereo in casa mia non c’era). Chi non ha mai desiderato, da piccolo, di ritrovarsi in casa senza genitori, fratelli stronzi, cugini piscialetto e zii insopportabili? Cosa avreste fatto? Tutto quello che mamma a papà vi avevano sempre proibito di fare: saltare sul letto, andare a dormire tardi, guardare film violenti, ingurgitare qualsiasi tipo di schifezza immaginabile. Facciamo parte, allora, dello stesso club del piccolo di casa McCullister, Kevin («KEVIN!!!») alias Macaulay Culkin, attore prodigio degli anni 90. Una piccola peste in grado di sgominare due ladri maldestri ma determinati (Joe Pesci e Daniel Stern) ma non di sconfiggere la sua paura del seminterrato e del vecchio che si aggira nel quartiere armato di pala e secchio in cui, si racconta (Buzz), che infili i corpi delle sue vittime. Nel secondo capitolo ci sono le luci della città che non dorme mai a fare compagnia a Kevin e una sfarzosissima suite d’albergo (gestito dai migliori idioti della città - semicit), tra cui Tim Curry e il suo inquietante sorriso da Grinch e Rob Schneider (caratterista in quasi i tutti i film di Adam Sandler). Qui Kevin fa amicizia con una senzatetto che dà da mangiare ai piccioni a Central Park (interpretata da Brenda Fricker). Tra l’uomo con la pala e la signora dei piccioni ho le idee chiare su chi sia il mio “aiutante dell’eroe” preferito, ma non lo dirò. Nota finale: è stata scritta per Home Alone 2 la canzone che appena l’ho ascoltata è diventata LA canzone di Natale: All alone on Christmas by Darlene Love (nel videoclip ufficiale anche la E Street Band con il piratesco Steven Van Zandt a gigioneggiare e il sassofono di Clarence Clemons a spruzzare il tutto di puro sound anni ‘80).


  • Love Actually (2003):
    un film corale che funziona senza annoiare e che conclude tutte le storyline in maniera eccellente, lasciando lo spettatore pienamente soddisfatto e con l’amore tutt’attorno. Adoro le commedie britanniche per il loro humour e, perché, gira e rigira gli attori sono sempre gli stessi e ogni volta sembra di entrare in casa dei nonni per il cenone e ritrovare i parenti che non vedevi dallo scorso Natale. Il grande nome in cartellone è quello del re per eccellenza della commedia romantica all’inglese: Hugh Grant, qui nei panni del nuovo primo ministro inglese appena insediatosi. Celebre il ballo sulle scale sulle note delle Pointer Sisters “Jump (for my love)” e della battuta di fronte al ritratto di Margareth Thatcher. La seconda storyline è quella che vede il futuro sceriffo di The Walking Dead, Andrew Lincoln, innamorato della fidanzata (dopo cinque minuti dall’inizio del film la vediamo diventare moglie) del suo migliore amico. Il gesto della dichiarazione d’amore davanti alla porta di lei (Keira Knightley) con i cartelli ci ha messo trenta secondi per diventare iconica. La terza storia ha per protagonista il nostro compianto Alan Rickman, alle prese con una segretaria avvenente e civettuola decisa a portarlo sulla strada dell’adulterio (Emma Thompson interpreta la moglie). Inaspettato il cameo di Rowan Atkinson nella parte del commesso del centro commerciale in cui Rickman si ferma per comprare un regalo. In tema di corna, Colin Firth è qui uno scrittore che scopre la fidanzata a letto con suo fratello e parte per Marsiglia per dimenticare la delusione d'amore e finire di scrivere il suo romanzo. A mio modesto parere, è il finale che spetta a questo personaggio quello più toccante del film. Tenetevi saldi perché siamo solo alla quinta storia, quella che vede Liam Neeson come vedovo e padre di un ragazzo in preda alle gioie e ai dolori del primo innamoramento. Piuttosto irreale ma entusiasmante l’inseguimento in aeroporto. Laura Linney e Kris Marshall sono rispettivamente un’impiegata perdutamente innamorata di un suo collega e un giovane coglione in fotta che parte verso gli Stati Uniti con il solo piano di fornicare come un coniglio nella ferma convinzione che il suo accento britannico gli spalanchi le gambe di qualsiasi donna. Martin Freeman, che sarà poi Bilbo Baggins per Peter Jackson e il Dottor Watson nel magistrale serial Tv “Sherlock”, fa qui la parte di un’impacciata controfigura per film hard. Ho lasciato invece per ultimo il fenomeno, quello che meriterebbe uno Stand-alone che però quasi certamente vanificherebbe tutte le aspettative lasciandoci interdetti e pentiti: il rocker in declino Billy Mack (Bill Nighy) è l’irriverenza allo stato puro. Sboccato, offensivo, sconclusionato e senza nessun filtro tra il suo pensiero e il comune pudore è il personaggio più memorabile di questo film fatto di individualità tutte connesse tra loro e che invoglia a guardarlo ogni volta che l’occasione si presenta, spontanea o forzata che sia.


  • La vita è meravigliosa (1946)
    : un vero classico di Natale che io ho scoperto solo da adulto. Questo anche perché, non so da dove, avevo la ferma convinzione che i film “vecchi” fossero banali, piatti e frivoli. Questo film del 1946 diretto da Frank Capra, che annovera un cast di eccellenze quali James Stewart e la bellissima Donna Reed, è profondo, cupo e brillante. L’alchimia tra i due protagonisti è palpabile e, nel momento in cui tra loro scatta l’amore, ci innamoriamo anche noi (da sospiri la scena della telefonata). Il plot del film risponde alla domanda: come sarebbe cambiato il mondo se io non fossi mai esistito? È questo ciò che desidera il protagonista George Baley guardando le acque nere del fiume sotto di lui mentre medita il suicidio, la notte della vigilia di Natale sotto una tormenta di neve. Fanno sorridere le rappresentazioni di Dio, Gesù e l’angelo custode che scenderà in missione per salvare James Stewart ma è l’unico indizio che si tratti di un film che ha più settant’anni. Non scopro l’acqua calda ma trovo James Stewart di una bravura ineguagliabile e, diversamente da quello che la sua fisicità allampanata e sottile potrebbe far pensare, scopriamo che è credibile anche come strategico tombeur-de-femmes. Un film che al suo esordio non ebbe il successo sperato ma divenuto poi un imprescindibile classico.


  • Prossima fermata: paradiso (1991)
    : un uomo muore in un incidente automobilistico e finisce in un mondo ultraterreno dove dovrà affrontare un processo alla sua vita. Se riuscirà a dimostrare di non essere più schiavo della paura andrà avanti, altrimenti dovrà tornare indietro e riprovarci, ancora e ancora. Un film scritto e interpretato dal comico Albert Brooks con una protagonista d’eccezione: Meryl Streep. Credo davvero che siamo in pochi a conoscerlo ma vi consiglio di recuperarlo se non altro per la filosofia che sottende all’immaginazione de “La città del giudizio”, dove le anime attendono di conoscere il loro destino:  si può mangiare a sazietà senza mai prendere un etto, qualsiasi cosa ha un gusto delizioso e tutto è permesso. Durante la visione non si riesce proprio a non farsi un esame di coscienza sul modo in cui conduciamo la nostra vita. La paura è insita nel nostro DNA e anche se è un meccanismo di autodifesa, allo stesso tempo è un freno che ci limita, ci chiude e ci impedisce di trovare quella felicità che, come esseri umani, cerchiamo senza riposo e che sta proprio al di là della nostra zona di comfort. NB: molto divertenti i dialoghi sul cibo tra il protagonista e il suo avvocato che, con un’intelligenza di gran lunga superiore a quella umana, è in grado di modulare la percezione dei sapori e ingurgita poltiglie per nulla invitanti. 

  • Dutch è molto meglio di papà (1991):
    altro film sconosciuto ai più e che io conosco soltanto perché avevo la solita VHS registrata dalla TV. In realtà è una storia ambientata per la festa del Ringraziamento che però, si sa, fa da apripista a tutte le altre. Scritto da John Hughes, padre del Brat pack e di tutte le commedie adolescenziali degli anni 80. Nominatene una e quasi sicuramente c’è lo zampino di Hughes (Sixteen candles, The Breakfast Club, La donna esplosiva, Bella in rosa, Una pazza giornata di vacanza, etc etc). Il film è considerato un flop ma trovo formidabile la performance di Ed O’neill che per la maggior parte di voi è Nonno Jay di Modern Family. Dutch è il nuovo compagno della madre dell’adolescente Doyle, che si offre di andare a prendere dal college privato e facoltoso in cui studia, per portarlo a casa per le feste. Doyle stravede per il padre, che però non lo calcola di striscio e preferisce passare il Ringraziamento con una delle sue tante squinzie. Il rapporto di Doyle e Dutch parte subito storto, soprattutto per quest’ultimo che viene preso a pedate nei testicoli ancora prima di scambiarsi un saluto (la madre non li ha ancora presentati). “Dutch è molto meglio di papà” è un divertente road movie che, però, credo perda un po’ del suo umorismo con il doppiaggio italiano. Mi aspetto questo dall’enorme verve di Ed O’Neill che si è fatto le ossa nel vasto mondo delle situation comedy americane. Dutch è un padre adottivo pieno di risorse, non sempre politicamente corretto, vizioso, sadico e dal cuore grande.


  • Star wars trilogia classica
    : non sono proprio film a tema Natale, e forse il Natale nemmeno esiste nel mondo creato dalla mente di George Lucas (se vogliamo escludere, e lo vogliamo, lo speciale di Natale con protagonista la famiglia Chewbacca), però ho questo nitido ricordo che per alcuni anni Mediaset li proponeva la sera del 31 dicembre. Chi mi conosce sa che non sono un fan accanito, un attimo…non sono proprio un fan di Guerre Stellari (i cambi sequenza mi scatenano la narcolessia e trovo ripetitive le soluzioni per sconfiggere l’impero - attacchiamo la nave grossa con un manipolo di suicida raccattati tra le file della Resistenza e puntiamo verso quel gigantesco errore di progettazione) ma guardare, anche se di sfuggita, storie epiche di mondi incredibili, proiettati in un futuro mirabolante pieno di magia, eroismo e salti nell’iperspazio con QUELLA colonna sonora di John Williams, immagino fosse un buon modo per pensare a un nuovo inizio, appena la lancetta di mezzanotte avesse compiuto uno scatto in avanti.


  • Armageddon, Men in Black, Il Quinto Elemento
    : ok, di natalizio non hanno niente ma questa non è una lista rigorosa e universale ma mia, piccola e di parte. Siamo al Natale del 1999 (io avevo 13 anni) e nella letterina sotto l’albero avevo chiesto di ricevere questi tre film perché in due di questi c’era il mio eroe d’azione preferito, Bruce Willis e nell’altro il mio attore afroamericano preferito, Will Smith. Nient’altro ma impeditemi voi di pensare al Natale quando li riguardo, se ci riuscite.


  • Notting hill (1999)
    : l’anno me lo ricordo, era il 2000 e ricordo anche dove fossi quando l’ho visto per la prima volta: durante le feste a casa della nonna. Mio zio, che aveva registrato il film da Tele+, mi fece una premessa prima di inserire la cassetta nel videoregistratore: “Mi chiederai di rivederlo”. E fu proprio così. L’arco narrativo di questo film dura circa un anno (celebre la scena in cui Hugh Grant passeggia lungo Portobello Road passando da una stagione all’altra) ma per l’associazione legata al ricordo della prima visione e per il messaggio (un sogno quasi impossibile - avevo 14 anni, guardavo un sacco di film e mi innamoravo di tutte le protagoniste - che diventa Realtà: il ragazzo della porta accanto che conquista il cuore della più lucente stella di Hollywood) è una storia che mi piace riguardare ogni Natale. Film con una soundtrack di tutto rispetto (Ain’t no sunshine By Bill Withers; Gimme some lovin’ by Spencer Davis Group; She by Elvis Costello), anche se alcuni brani risentono di un sound eccessivamente anni ‘90 che ad ascoltarli oggi ti fanno sentire addosso tutto il tempo trascorso e salire la malinconia bastarda (Do Cherish you by 98 Degrees). La canzone interpretata da Ronan Keating “When you say nothing at all” è probabilmente quella, ad oggi, più associata alla pellicola e quella scolpita di più nella memoria di chi, in quel periodo, viveva una relazione o ne cominciava una. Decine, centinaia, migliaia di coppie, ne sono sicuro, nell’estate del 1999 e in quella successiva si sono strette ballando questa canzone. Chissà a quanti DJ è stato chiesto di metterla su ancora e ancora, matrimonio dopo matrimonio. «Brutto cazzone avariato!» è la battuta più celebre se non si tiene conto della dichiarazione d’amore che Julia Roberts fa a Hugh Grant («Sono solo una semplice ragazza che sta di fronte a un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla.»), anche questa entrata nella lista delle frasi più belle e citate della storia del cinema. La mia scena preferita? Quella della cena a casa degli amici, in cui William (Grant) si presenta accompagnato da Anna Scott (Roberts), scioccando tutti, tranne uno. Bhè, che dire ancora: i lettori di Cavalli e Segugi ne saranno deliziati.

                                 
 
                                                                             

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