Alessio Chiadini Beuri: Il re del palazzo

sabato 27 agosto 2011

Il re del palazzo




Ammetto di averci guardato.
In questi giorni sono stato più attento, più silenzioso, più accorto.
E' la sindrome del finesettimana. In tutta sincerità non posso dirvi che ero annoiato a morte e che è per questo che ho passato delle mezz'ore con l'orecchio alla porta, con il naso all'insù appostato nella tromba delle scale, andando su e giù per il palazzo deserto nella speranza di captare un movimento, una voce, un cigolio di porta, una nuca che spuntasse.
Tutto questo con il risultato di farmi sentire solo più idiota.
Non è colpa mia se Tetteballerine si è portato via la playstation: è sua.
Non è colpa mia se il palinsesto televisivo non fa altro che trasmettere teenage-movie di serie B dove se non sei un dodicenne scaltro e ribelle allora sei un adulto imbecille che non sa allacciarsi le scarpe.
Vogliamo parlare di quei varietà senza senso che ti appollottolano l'ultima voglia di vivere che avevi per sputartela appiccicaticcia con una cerbottana mentre stai aprendo il rubinetto del gas e infilando la testa nel forno?
L'80% li conduce Carlo Conti. Il resto Enrico Papi. ma è giovane, il ragazzo si farà.
Non è colpa mia neanche non avere una fionda per tirare ai piccioni dal terrazzo. 
Anche la fionda era di Tetteballerine.
Tetteballerine è uno dei miei coinquilini. Non scrivo il suo nome per non creargli imbarazzo, sapete.
In questi giorni mi manca. Certo, ora come ora mi mancherebbe anche un attacco di diarrea, per tenermi occupata un po' la giornata, almeno. E per molte cose Tetteballerine è come un attacco di sciolta, ma ci vogliamo bene lo stesso.
Sono il re del palazzo: vado e vengo a mio piacimento, rincaso quando voglio, mi intrattengo con il pakistano dell'alimentari sotto casa che quando mi vede ora allarga un sorriso e sembra chiedersi dove vada a fare la spesa; scorrazzo sul tetto e mi sporgo sul traffico fiacco del pomeriggio che prende un po' di colore verso sera. 
Appoggiato alla ringhiera delle scale sembro un eroe da film alla Humphrey Bogart: scuro in volto, la sigaretta all'angolo della bocca, la tesa del cappello a far ombra agli occhi, il collo dell'impermeabile sollevato a proteggere la nuca dal vento gelido di una notte di appostamento. E lo sguardo, lo sguardo tagliente e fisso, gettato lontano che sembra aver sempre un pensiero brillante ed una risposta pronta.
Il terzo piano è rimasto in religioso silenzio ogni volta che sono andato a fargli visita durante i miei passaggi. Dell'inquilino non so niente. L'etichetta sul campanello è sbiadita.
Mi sto convincendo sempre di più. Le vecchie case fanno un sacco di rumori inquietanti.
Un po' come mio nonno.



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