Alessio Chiadini Beuri: Goonies
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giovedì 27 maggio 2021

Dentro il libro e oltre: Clyt, la confraternita

 



In Clyt, la confraternita il gruppo composto dai capisaldi Enrico, Zanna e Tetteballerine e il sempre più presente Fangio, si allarga con quello che a me piace definire “il miglior compromesso di sempre per un nome figo, sboccato e comprensibile nei fini e nello spirito che deve ambasciare”.

Sigla.

Enrico è in centro e a Bologna è la settimana delle lauree, che un giorno, forse, arriverà anche per lui, e le strade della città sono una Babele di celebrazioni sboccate, urla malsane, vaffanculi nel buco del cul e corse denudate tra i portici con seguito inneggiante di facinorosi amici e compagni di corso.


Per questa puntata rileggo con occhio critico il capitolo quasi dieci anni dopo averlo scritto (mi ero laureato da appena un anno) e ritrovo con sorpresa delle previsioni azzeccatissime, indovinate con la precisione di un novello Nostradamus. Un oracolo di sadismo e depressione esistenziale.

Racconto quanto non ci sia una stagione giusta per laurearsi perché, soprattutto per coloro che sono fuoricorso (come lo è Enrico nel romanzo), si tratterà comunque del giorno di scuola più bello della loro vita, nonostante li aspetti un lavoro appagante, un mutuo perpetuo che perseguiterà le generazioni future o la cassa integrazione.

Ecco quindi, l’oracolo del Chiadini:

Futuro roseo: MANCATO (sono invecchiato all’improvviso in uno schiocco di Guanto dell’Infinito con una visione del futuro sempre più cupa).


Lavoro appagante: quasi MAI PERVENUTO se non per brevissimo tempo e in situazioni di precariato imperituro e poi solo tanta esperienza di fegati gonfi e tirocini su come fotocopiare fronte e retro la mia frustrazione.

Cassa Integrazione: CHECK, doppio CHECK, CHECK col fiocco.

È capitato così anche a voi? Come? Capiterà. Non è il giorno giusto per darvi speranze. Potete comunque godervi l’oggi e farci una risata sopra.

Sapete cosa mi confessò mia madre all’orecchio subito dopo aver fatto la foto di gruppo con amici e familiari che erano venuti alla mia proclamazione?

Da domani comincia la parte difficile.”

Mia madre è la campionessa mondiale di tempismo e il trofeo de “La tocco piano” è sullo scaffale più alto della casa, sotto una teca fatta di lacrime di coloro che sono caduti sotto i colpi delle sue stroncature.

Penso di aver esclamato, in quel momento, un “eccheccazzo” così potente da risuonare fino ai colli bolognesi e di essermi ritratto da lei come per non essere raggiunto da un anatema senza perdono. Venivo da due anni di specialistica molto difficili, così duri da pensare seriamente alla rinuncia e tu ti presenti con questo carico di angoscia e me lo riversi addosso senza nemmeno un “Buongiorno”?

Madre dell’anno, proprio.

In ogni caso, sapete qual è la cosa che mi ha fatto incazzare di più?

Che aveva ragione, porca puttana.

Ma che schifo che fa la vita vera? Voi come ve la passate, riuscite a sorridere, là fuori?

Non fatevi piegare. C’è sempre tempo di fermarsi, sfanculare tutti e farsi una risata liberatoria. Non siamo obbligati a fare niente, a seguire nessuna regola, ad appartenere a nessuno. Prendeteveli questi momenti di pura esistenza, senza limiti, senza prescrizioni, senza doveri. Siate e basta. Siate.


Ci fu un professore a cui chiedemmo davvero qual era il periodo migliore per fare una festa di laurea e lui ci rispose “a dicembre” ma non ricordo se ci spiegò mai il perché. Ricordo solo che era novembre e che lui sarebbe partito per una campagna di studi in Africa nel giro due mesi. Forse gli piaceva l’idea di essere invitato a ogni festa di laurea dell’ateneo prima di andarsene, come i 100 giorni di giochi dedicati agli imperatori romani. 

Era il tipico ricercatore per cui tutte le corsiste sbavano. L’acume e l’intelletto sono afrodisiaci potenti, lo abbiamo già detto. Se sei pure fregno, comunque, non guasta. Prendiamo su, che di buccia non ne facciamo. Io lo invidiavo tantissimo, Mangiameli, perché la mia vita sentimentale aveva tre dita di polvere e chissà che mi immaginavo facesse con le mie colleghe di corso. Intendiamoci, so cosa immaginavo ma non ho ancora abbracciato l’idea di scrivere il nuovo “50 sfumature di grigio”, quindi sono intenzionato a fermarmi qua.

Enrico è quindi in piazza a guardare un’umiliazione di laurea con farine e uova a pioggia sul celebrando quando viene avvicinato da uno strano esemplare di razza umana che lo fissa costantemente. Ha una faccia pieni di bugni e occhiali a fondo di bottiglia. Enrico tenta quindi di svicolarsi da quell’attenzione ma il ragazzo ha l’ardire di rivolgergli la parola dandogli pure del Lei. Gli domanda se risponde al nome “Spanky” e quando Enrico, titubante, risponde di sì, quello chiama a raccolta un gruppo scompaginato ed eterogeneo di matricole come lui. Quando ho immaginato questa scena mi è venuto in mente il cast di “4 pazzi in libertà” con Michael Keaton e Christopher Lloyd in cui, degli internati di una casa di cura per malattie mentali, si trovano a vagare senza accompagnatori in una grande città per andare a vedere una partita di baseball.

Come secondo riferimento cinematografico ho preso la scena dei giocattoli mutanti che circondano Woody e Buzz nel primo Toy Story.


Qualcuno chiama Spanky "Gran Maestro" dell’ordine Alsef e gli spiega che è stato Fangio (autoproclamatosene Gran Cerimoniere) a dir loro di parlare con lui per la cerimonia de “Il Salto”. Spanky non ha la minima idea di cosa stiano parlando lui, l’albino pelleossa che soprannomina all’istante Cottonfioc grazie a una scena di Io, me &Irene che mi fece pisciare sotto dalle risate e che anche se non è politicamente corretta pazienza, 

Il ragazzo con la camicia a fiori che adora il frappè alla fragola, vagamente somigliante al Chunk de I Goonies, e TestaBietta, un macrocefalo con il capo sorprendentemente squadrato.


In questa scombinata compagine, oltre ad averci messo uno con l’apparecchio che ad ogni sillaba spruzza galloni di saliva, c’ho infilato anche un ragazzo di origine indiana, che nelle serie tv degli ultimi anni è molto in voga.



Finalmente, da dietro un muro, spunta il responsabile di tutto, Fangio che, all’insaputa di tutti, ha promesso alle matricole di accoglierli nell’Alsef e al cospetto di Spanky ribadisce quanto siano fortunati ad essere stati presi in considerazione e che per questo non sono più uomini ma essere superiori, con poteri speciali. Gli uomini X, perchè la X è sempre il punto in cui scavare!

Un misto tra il professor Xavier e Indiana Jones della pachanga.



Se a questo punto qualcuno mi dovesse chiedere per cosa starebbe la "X", abbiamo seri problemi di attenzione e poca elasticità mentale.

Condotta dal Fangio, la nuova confraternita parte per un viaggio alla ricerca del Primo Cavaliere dell’Ordine Alsef, sir Tits (Aka Tetteballerine), che saprà infondere nei loro pistolini intonsi il coraggio di mille fiere.

I Clyt’O Riders.


I clitoridi. Un obiettivo.

I dominatori del Clito. Un’attitudine. Una speranza per un mondo migliore.


Bright side of the road - Van Morrison


È il brano che mi ha fatto conoscere, apprezzare ed amare Van Morrison, prima di tutto. L’ho conosciuto grazie al film Febbre a ‘90, uscito nel 1996 con protagonista Colin Firth (e tratto dal romanzo di Nick Hornby). La scena finale, in cui la gente scende in strada per festeggiare la vittoria del campionato da parte dell’Arsenal, mi ha ricordato la Bologna dei giorni di celebrazione delle lauree: un casino mastodontico in cui vergogna e umiliazione, turpiloquio e schiamazzi sono comunemente tollerati.









Chi più Re di Noi: la ragazza che ascoltava i Guns N' Roses

Editore: Andaluso Errante Books
Prima Edizione: Dicembre 2016
Seconda Edizione: Ottobre 2020
Genere: Narrativa Contemporanea


Quarta di copertina: "Bologna. Una nuova ragazza è venuta ad abitare nell’appartamento sopra a quello di Enrico, Tette’ e Zanna, solo che nessuno l'ha ancora vista. Il primo si è convinto che si tratti della donna della propria vita ed è deciso a incontrarla, il secondo si è offerto di curarne l'irrequieta smania di svegliarli nel cuore della notte facendole assaggiare un po' del toro da monta qual è, l'ultimo non è sicuro che il fantasma dello zio morto in quella casa la lascerà in pace.
Cecilia e Virginia alzano gli occhi al cielo"


NB: da qualche giorno è disponibile anche la variant cover dedicata a John Belushi e Animal House!
Costa solo 1.50 in più rispetto alla classica perché è in copertina rigida!



Qualche Recensione:



giovedì 20 maggio 2021

Dentro il libro e oltre: Il tesoro di Willy L'Orbo

 



Stavolta troviamo Tetteballerine e Zanna in camera a pendere dalle labbra di Spanky, che gli sta raccontando del suo fatale incontro con la russa del CILTA Perchè sì, alla fine il figlio di puttana ce l’ha fatta, ha ottenuto il numero della bella Alena (ricordate un’altra Alena da lucidarsi le palle degli occhi per spalmarle addosso ogni diottria di cui siamo dotati?



Non prima, però, di aver ricevuto uno schiaffo a mano aperta in piena faccia. Si è fatto sgamare a non essere quello per cui si era spacciato, esattamente come Cecilia aveva detto sarebbe andata. La ragazza si è arrabbiata, l’ha percosso ma alla fine gli ha comunque concesso il proprio contatto telefonico. Tette’ ce l’ha con Spanky, non ha ancora digerito il fatto che non gli sia stato chiesto di accompagnare l’amico e, di conseguenza, non aver potuto ammirare di persona la bellezza vorticosa che gli è stata descritta dall’amico stronzo. Sono giorni che si fa raccontare continuamente ogni momento del loro incontro. Enrico ha la sensazione di intrattenerlo come una specie di chat erotica. Zanna invece è distratto, continua a lamentarsi che le mutande gli vanno in mezzo al sedere e così finisce che si insultano un po’, uno perché vuole che Spanky vada avanti col racconto, l'altro perché gli tirano in mezzo la madre usando ad hoc la battuta di Mouth a Chunk.


Dopodiché si degenera parlando dei papà viados e smutandando Zanna e scoprendo che ha indosso gli slip di Tetteballerine. Si cita l’attimo fuggente quando Zanna fornisce un’informazione non richiesta sull’aspetto dei suoi genitali. 


Quasi tutto il capitolo è un siparietto a tre di botta e risposta continui, senza quasi didascalie che spieghino che sta parlando. È una scelta consapevole: una volta, tanto tempo fa, ero perfettamente incapace di scrivere un dialogo, figurarsi se plausibile e realistico. Scrivevo solo lunghe scene particolareggiate e descrittive e quando c’erano personaggi che parlavano usavo il linguaggio indiretto. Ero limitato, goffo e maldestro. Ma per imparare questa bellissima forma d’arte, però, l’ho presa un po’ alla larga scrivendo un intero racconto sotto forma di monologo. Avevo visto dal maestro Stephen King (Dolores Claiborne) che era possibile e non mi sono tirato indietro di fronte alla sfida. 


Quello è sicuramente stato il punto di svolta per colmare un’enorme lacuna del mio “mestiere”. Chi più Re di noi ne è sicuramente stato la consacrazione (in realtà la conferma di tante cose, ma non andiamo fuori argomento). Non è sempre necessario far seguire una battuta di dialogo da una didascalia che spieghi chi sta parlando o con che tono lo stia dicendo (quest’ultima si dovrebbe, anzi, sempre evitare) perché sono convinto che ogni personaggio, se ben scritto e delineato in quella che è la sua natura, sia ben identificabile da quello che dice, senza bisogno di aggiunte e spiegoni. In questo modo Tetteballerine avrà quasi sicuramente una battuta a sfondo sessuale un po’ sboccata, Zanna dirà qualcosa di strano, Cecilia qualcosa di buono, accomodante e accogliente, Virginia qualcosa di caustico, tagliente e sarcastico. È facile, no?

Torniamo alla storia: dopo lezione e dopo che Alena ha scoperto che Enrico non era il professore che diceva di essere, accetta il suo invito di andare a prendere un caffè e qui lui, con lo scontrino che ha ricevuto dopo aver pagato, le chiede di fargli un favore e scriverci qualcosa.

Del tipo che cosa?

Stupiscimi.


Come molte volte succede, in Chi più Re di noi questa non è fantasia ma storia vera, vissuta sulla pelle. Lo feci davvero con una ragazza che lavorava in un bar: le dissi di tenersi la ricevuta che mi stava per dare e di scriverci qualcosa. Lei me lo restituì con il suo numero di cellulare in bella calligrafia sul retro. Ci sono dei periodi della vita in cui tutto si infila nel modo giusto e qualsiasi impresa ti metta in testa di realizzare, diventa realtà. Dopo anni sono ancora convinto che sia quasi tutta questione di atteggiamento, quello giusto, quello convinto, quello sicuro di sé anche se dentro di noi ci sentiamo come sull’orlo di un precipizio, spavalderia, fortuna e un pizzico di un miliardesimo di altre cose che sono fuori dal nostro controllo. Il tempo mi ha insegnato che la convinzione di spaccare, di realizzare i propri sogni, quell’energia che a vent’anni ti fa andare contro tutto e tutti senza curarti delle conseguenze, e delle tue reali possibilità di successo, possa essere convogliata nel metodo, nello studio e nel lavoro duro con la stessa intensità. Convogliarla, non imbrigliarla. Non è ancora detto che queste mie teoria non siano del tutto sbagliate e che non mi aspetti una cantonata tra un paio di anni, o che l IO del futuro, rileggendo queste parole, non mi derida dando del coglione a due persone (al me e al se stesso del passato). 


Spanky è convinto che Alena sia l’inquilina del terzo piano ma non gliel’ha detto, per non sembrare uno stalker e, molto probabilmente, perché vuole galleggiare nel dubbio morbido ancora per un po’.

Zanna dice a Spanky che, in un caso o nell’altro, per la svolta che sta prendendo la sua vita potrebbe ringraziare Willy, riferendosi a Vladimiro Zanetti, il suo defunto zio che, dipartendo, ha fatto in modo che l’appartamento al terzo piano venisse riaffittato e ci andasse ad abitare la ragazza dei suoi sogni. Uno dei soprannomi che i ragazzi hanno affibbiato allo scontroso zio di Zanna è appunto Willy L’Orbo, come il leggendario pirata dei Goonies. Vi invito ad andare a leggere tutte le nefandezze e i dispetti che il vecchio faceva ai ragazzi e l’accesa guerra personale che Tetteballerine ha portato avanti fino al giorno del suo funerale, in cui ha voluto assicurarsi che i becchini inchiodassero bene il coperchio della bara. Vladimiro Zanetti è denominato così per via di una palpebra calante che gli conferiva uno sguardo torvo e malvagio. È anche per questo motivo che il capitolo termina con una domanda: quella che l’inquilina del terzo piano non sia, in effetti, l’ultimo dei suoi tiri mancini, o tracobbetti.



You make my dreams (come true) by Hall & Oates


Spanky è estatico per aver fatto breccia nell’interesse della giovane studentessa russa di nome Alena e nessun'altra canzone mi sembrava adatta se non "You make my dreams (come true" di Hall & Oates che io conobbi grazie al film "500 giorni insieme". In questo film, che sicuramente avrei bisogno di rivedere per potervelo raccontare con dovizia e cognizione di causa, è narrata la storia d’amore dei due protagonisti (Joseph Gordon-Levitt e Zooey Deschanel) da quando si sono conosciuti a quando SPOILER si lasciano e vanno ognuno per la sua strada. Non è nella mia personale lista dei più bei film che abbia mai visto ma non è per questo che siamo qui oggi. Dopo aver fatto l’amore per la prima volta, il ragazzo esce di casa per andare al lavoro e, dopo essersi specchiato al finestrino di una macchina vedendo l’Han Solo di Harrison Ford che gli fa l’occhiolino come a dire “Ben fatto, ragazzo”, inizia a ballare in mezzo alla strada, con i passanti che gli danno il cinque, lo sollevano sopra le teste portandolo in trionfo e, non pago, ha anche la visione di due uccellini da cartone animato che gli si posano sulla mano. 


Tutto a dirci quanto cambi la visione della realtà quando ci succede una cosa così bella come far l’amore la prima volta con la persona che abbiamo desiderato, e sognato, tanto. Certo, il fatto che la protagonista fosse interpretata dalla Deschanel, che ho sempre mal sopportato dopo quello che ha combinato a Terabithia, potrebbe non avermi coinvolto a dovere nelle emozioni e nei sentimenti che il film mi avrebbe richiesto di provare, però resta comunque l’unica scena che potrebbe essere degna di nota di tutto il film. Forse all’epoca non riuscivo più a vedere storie finire male e stronze sbattersene dei sentimenti altrui perché la mia vita ne era già stata riempita fino all’orlo del disprezzo, impedendomi, come forma di protezione finale, ogni forma di empatia e coinvolgimento mentre ora, invece, mi farebbe piangere come un rubinetto aperto.





Chi più Re di Noi: la ragazza che ascoltava i Guns N' Roses

Editore: Andaluso Errante Books
Prima Edizione: Dicembre 2016
Seconda Edizione: Ottobre 2020
Genere: Narrativa Contemporanea


Quarta di copertina: "Bologna. Una nuova ragazza è venuta ad abitare nell’appartamento sopra a quello di Enrico, Tette’ e Zanna, solo che nessuno l'ha ancora vista. Il primo si è convinto che si tratti della donna della propria vita ed è deciso a incontrarla, il secondo si è offerto di curarne l'irrequieta smania di svegliarli nel cuore della notte facendole assaggiare un po' del toro da monta qual è, l'ultimo non è sicuro che il fantasma dello zio morto in quella casa la lascerà in pace.
Cecilia e Virginia alzano gli occhi al cielo"


NB: da qualche giorno è disponibile anche la variant cover dedicata a John Belushi e Animal House!
Costa solo 1.50 in più rispetto alla classica perché è in copertina rigida!



Qualche Recensione:



giovedì 11 marzo 2021

Dentro il libro e oltre: Nascita di una nazione


Il titolo del capitolo è un chiaro riferimento al film del 1985 ma la differenza è che qui non si va alla radice di una nazione con forti spinte razziste ma si narrano le vicende di quando il gruppo di coinquilini, come lo avete conosciuto fino ad adesso, non si era ancora formato. In principio c’erano solo Zanna (la cui famiglia ci ha sempre messo l’appartamento) e Spanky. Magari in “Noi, Re di vivi” potrei raccontarvi il primo incontro che ciascuno ha avuto con gli altri. Ricordiamoli nell’ordine: dopo Zanna e Spanky, sono arrivati Tetteballerine, Cecilia e, infine, Virginia. Penso che sarà un capitolo molto speciale e non vedo l’ora di scriverlo.

In ogni caso, torniamo a noi: l’appartamento dei ragazzi è descritto alla stregua di un ricettacolo di oggetti inutili e, il più delle volte, raccattati direttamente dalla strada o sottratti da opere e installazioni pubbliche come un semaforo per lavori stradali e un cartello di divieto d’accesso. L’appartamento è il sesto protagonista di diritto di Chi più Re di noi perché, se avesse avuto altre caratteristiche quali, ad esempio, una cospicua caparra a cui dire addio in caso di danni strutturali, avrebbe assistito a molte meno avventure e disastri. L’appartamento di Chi più Re di noi è ripreso fedelmente (caparra a parte) da quello che abitai in quel lontano 2008 al terzo anno di università. Non sono riuscito a dimenticarlo proprio perché sono tornato ad abitarci con la fantasia per tutto l’anno e mezzo di stesura del romanzo. Quello e per le piattole, che ancora mi perseguitano. 

No, scherzo. 

Sono guarito. 


È lo stesso appartamento che fece piangere mia madre quando lo vide per la prima volta. Potete farvi un’idea più o meno fedele di che bettola di merda fosse. Ah, comunque la caparra la perdemmo davvero. La concedemmo senza battere ciglio, perché era un giusto lascito per quello che ci aveva dato quel posto. Quando arrivai il freezer aveva una quantità di ghiaccio e neve tale da poter contenere solo una confezione di bastoncini Findus e una bottiglia di Vodka. Non scherzo, c’era lo stampo nel ghiaccio. Credo lo sbrinammo una volta in tutto l’inverno, ma quando le stalattiti si riformarono, appena una settimana dopo, ci arrendemmo e non ci riprovammo più. Ci piaceva avere un mini set del pianeta Hoth in cui riprodurre l’inizio de L’impero colpisce ancora. 

Sono vere anche le freccette a cui giocavamo usando come bersaglio una scatola vuota di pandoro (vi ricordo che non avevamo internet e non era ancora arrivato il digitale terrestre), il cero di papa Roncalli di cui non riuscimmo mai a spiegarci la presenza, una bottiglia di petrolio e l’intera collezione di DVD piratati di Mazinga Zeta in uno degli armadi. Di fianco alla porta d’ingresso c’erano almeno tre biciclette una addosso all’altra che passando dovevi far attenzione a non far cadere e a svegliare così tutta la casa. Ammetto che le biciclette erano nostre ma non le usavamo quasi mai. A Bologna è bello passeggiare. In bicicletta rischi di perderti tutta la poesia.

Nascita di una nazione di Chi più Re di noi parla della creazione dell’Alsef, l’Associazione Libera Soccorso Erasmus (femmine), e della necessità esistenziale che l’ha resa possibile e che ricopre con un tono di colore più dolce quello che altrimenti sembrerebbe solo un covo di arrapati che tenta con ogni mezzo e sotterfugio di fare conquiste sessuali e poi sparire nella notte.

Zanna e Spanky una sera si recano al pub Calico, tenendo a bada i timori e le paure che una città grande e antica come Bologna, dal fascino misterioso ed esoterico, può scatenare al sopraggiungere della notte in due ragazzi appena ventenni e digiuni della vita indipendente. Più che altro avevano paura di venire scippati, chi del portafogli, chi della propria verginità. In ogni caso immaginatevi quei due entrare nel ristorante della banda Fratelli, ad Astoria. Non potendo realizzare il sogno di vivere I Goonies nella realtà, mi sono ritagliato quell’esperienza nella fantasia. Potete ringraziarmi dopo, non c’è fretta. 


Zanna, al tempo del Calico era innamorato di una ragazza spagnola conosciuta per caso, Caterina (ricordatevi questo nome), che però era sparita dopo avergli dato un bacio, il suo primo bacio. Era in uno stato di depressione cosmica e il morale risucchiato in un buco nero di lamenti continui. Spanky, cercando di tirarlo su di morale e fargli smettere di pensare per un attimo a tutto quel dolore che provava, gli fa bere un cicchetto. Peggiorando la situazione. Zanna inizia a dissertare  sul fatto che non ci sia giustizia in un mondo che non stabilisce delle regole per due persona che vogliono interrompere una storia, che dovrebbero esserci degli avvertimenti che ti consigliano di non proseguire, di non rimanerci sotto. Non può finire tutto all’improvviso, senza mettersi a sedere, dare le giuste motivazioni, e che siano valide altrimenti il cuore continuerà a ululare disperato alla Luna implorando perché gli sia restituito il maltolto. Ed è in quel momento cruciale che la storia dell’amicizia tra Zanna e Spanky cambia per sempre. Dal fondo del ristorante della banda Fratel…ehm…del Calico, si fa avanti, emergendo dall’oscurità e con passo claudicante un uomo spaventoso dall’aspetto piratesco, il gestore. Dice ai ragazzi di chiamarsi Duca e si siede al loro tavolo, che tanto il pub era deserto. Trattenendo a stento gli sfinteri pungolati dalla paura, Spanky e Zanna lo lasciano parlare (e in fondo che alternativa avrebbero avuto di fronte a un uomo che sembra in grado di mangiare carne umana viva?)

Duca gli dice che non c’è nessuno modo per proteggersi da quelle delusioni ma che ci si può addestrare e stare pronti. Programmare, avere un piano, costruirsi un’armatura a difesa dei propri sentimenti e smettere di avere grandi aspettative. È cinico, Duca e a tratti crudele ma il consiglio che dà ai due ragazzi ha lo scopo di aprire la loro mente così come troppo spesso hanno fatto con il loro cuore. Quando gli dice di non lasciare mai un posto, un locale, un bar senza prima aver saputo almeno qualcosa su ciascuna delle ragazze presenti vuole che loro affrontino il mondo come una fonte inesauribile di possibilità, non un binario silenzioso in cui il treno che potrebbe cambiarti la vita magari è già passato. Le occasioni non arrivano, le occasioni si vanno a cercare, si fa in modo di costruirsi le possibilità per poterne avere il più possibile. Questo si può fare soltanto vivendo nel mondo, facendo domande, ascoltando, parlando con chiunque si renda disponibile. È un atteggiamento che pochi hanno nella vita reale perché conoscere ciò che è altro, l’avvicinarsi di due mondi diversi e prima distanti tende a metterci nella condizione, quasi mai piacevole, di guardarci dentro e magari vedere i nostri sbagli, i nostri difetti e la nostra inettitudine. Molto meglio restare confinati sul nostro pianeta, al massimo sotto il portico del nostro universo a guardare le galassie attorno. È più facile, ci mette meno in crisi. 


Qui i ricordi si fanno meno precisi e le memorie si confondono ma probabilmente non sbaglio di molto dicendo che mentre scrivevo questo capitolo avevo già letto e studiato The Game: la Bibbia del rimorchio di Neil Strauss. Suonerò eretico ma è effettivamente uno dei libri che mi hanno cambiato la vita. Quanto meno il modo di pormi di fronte ad essa. Gli scopi coi quali lo acquistai erano tutto fuorché alti e apprezzabili dai più ma quello che vi trovai non furono soltanto i racconti di veri artisti del rimorchio e delle varie scuole di pensiero, comprese le tecniche di PNL declinate all’irretimento di giovani, sciocche e ingenui donzelle.  Gli artisti e i maestri del rimorchio esistono veramente e molto di quello che avete imparato da Barney Stinson in How I met your mother proviene da questi uomini che tengono seminari ad altri uomini insegnando loro i trucchi migliori per portarsi a letto le donne. 


So che può sembrare piuttosto squallido, e sotto alcuni aspetti lo è anche, ma cercate di mettervi nei panni di coloro a cui la vita ha dimostrato di avere poche speranze di realizzarsi, essere felici e trovare qualcuno. L’uomo è destinato alla caccia, è sessista dirlo nel 2021 ma le cose, là fuori, non sono cambiate più di tanto e, fidatevi, non sempre essere sinceri e aprirsi totalmente a qualcuno con tutto il bagaglio di difetti e problemi che avete, e con i sentimenti che provate, è l’arma migliore per avvicinarsi a qualcuno che conoscete da poco. Il corteggiamento è anche questo. Non siamo mai totalmente noi stessi quando vogliamo fare colpo su qualcuno: siamo tutti intellettuali, tutti tipi avventurosi, adoriamo il rischio e non ci appartengono in nessun modo gli stereotipi del nostro genere di appartenenza. 

Noi siamo oltre, siamo di più, fidati, non resterai delusa. Non sono come gli altri.


Il corteggiamento non lo insegna nessuno, sapete?

A qualcuno viene più naturale, qualcun altro è una pippa senza speranze. Ciò che funziona per qualcuno non è detto potrebbe funzionare per gli altri. Nessuno ti insegna nemmeno a leggere bene le situazioni, i sottointesi, le allusioni e i segnali che arrivano dall’altra parte della barricata. Sono molliche di pane su un sentiero pieno di corvacci. Basta mancarne una per perdere la strada.

In questo caso, è Zanna a rappresentarmi appieno. Ho sempre dato tutto me stesso quando avevo interesse per una persona. Fino a ridurmi la dignità all’altezza dello zerbino di casa. Credevo che mostrando me stesso, che dicendo quello che provavo nel momento in cui lo provavo tutto sarebbe andato bene, che non mi sarei dovuto pentire delle mie scelte. Purtroppo non è stato così e le porte in faccia sono arrivate lo stesso, incuranti del fatto che fossi stato me stesso con onestà. Non fraintendetemi, non sto dicendo che per farcela, per essere felici con qualcuno, per trovare la persona giusta è necessario mentire, nascondersi, esaltare delle qualità che non sono così forti dentro di noi. Non lo penso ma sono convinto che dirimere la questione sia complicato al pari che trovare l’equazione per rendere possibile il viaggio nel tempo. Forse, come umanità, arriveremo prima a spostarci attraverso il tessuto spazio-temporale prima di capire come approcciare nel giusto modo il tipo/la tipa che ci interessa. 


Tornando alla Bibbia del rimorchio, invece, devo ammettere che l’ho studiata con interesse aspettandomi di mettere finalmente le mani sul santo Graal che mi aprisse ogni porta del Paradiso e per qualche tempo girai con foglietto riassuntivo nel portafoglio, per poterlo eventualmente ripassare in caso di imminente necessità. Però, ovviamente, quando una cosa ti interessa molto, presti così tanta attenzione che impari senza nemmeno accorgertene. Quello che però appresi, senza aspettarmelo, fu un’attitudine più che una serie di battute imparate a memoria per scioccare e colpire la preda di turno. Il segreto per risultare interessante, appetibile e affascinante non risiede in una strategia, seppur molto elaborata e calibrata, ma dall’atteggiamento con cui ti poni di fronte alla vita: aperto, disponibile e libero dalle paure (dei rifiuti, delle figure di merda, di esprimersi, di far conoscere la propria opinione, di fare domande). Tutto risiede nella sicurezza e nella consapevolezza di sé: è forse questo l’afrodisiaco più potente di tutti. 


Perché al cinema facciamo sempre il tifo per il protagonista che dice quello che pensa senza edulcorare l’offesa, nel momento esatto in cui lo pensa e se ne frega se gli altri gli danno dello stronzo? 

Perché vorremmo avere la sua spavalderia e il suo coraggio e sbattercene delle conseguenze che verranno. Sapremo affrontare anche quelle perché solo alla morte non c’è rimedio. Tutto il resto si può aggiustare.

Ci piacciono le persone forti e autorevoli, che siano uomini o donne: hanno un magnetismo che ci fa desiderare di entrare a far parte di quel mondo, farlo un po’ nostro e uscirne migliori.

Così le parole del Duca ispirano Zanna e Spanky che, proprio su uno dei sudici tavoli del Calico realizzano il logo di quello che diventerà l’ALSEf.

Il tutto inizia con una citazione da Ghostbusters II:


Zanna e Spanky tracciano una FRECCIA, prima di tutto: per ricordarsi di tenere sempre a mente il loro obiettivo; una PICCA per non dimenticarsi i due di picche che la vita aveva sempre avuto in serbo per loro; disegnarono i BAFFI del Duca per omaggiare chi aveva aperto loro gli occhi e misero tutto insieme. Quando conobbero Tetteballerine lui, ovviamente, volle metterci il profilo di un fallo.

Alsef. Sì, siamo arrivati!



La canzone: Life to life by Pete Townshend:

Questo brano è il main theme di un film degli anni ‘80 che è ormai assolutamente introvabile in italiano: Rock Hotel Majestic. Me lo fece conoscere il mio amico, collega e cumpà Riccardo raccontandomi che era un film che lo aveva sempre ispirato. Il giovane protagonista, da un giorno all’altro, si trova ad ereditare un vecchio, malmesso, decadente hotel in una cittadina di provincia. Decide di cominciare una nuova vita, rimettendolo in sesto e in attività con l’aiuto dei suoi migliori amici, di cui vuole vedere realizzarsi i sogni.

L’ho scelto perché anche Zanna e Spanky, quella sera al Calico sono all’inizio di un viaggio che li porterà a conoscere un città all’apparenza insidiosa, la loro amicizia e se stessi con quel pizzicore alla bocca dello stomaco che ci prende quando ci prepariamo ad affrontare qualcosa di nuovo, una grande impresa, l’inizio di una ripida discesa, lo sguardo di quella persona che popola ogni nostro pensiero, l’ultimo esame prima della laurea, la fine della scuola, l’inizio dell’estate.








Per finire, non dimenticarti che il romanzo su Max Payne esiste e lo puoi leggere senza spendere un euro che è uno!



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sabato 27 agosto 2011

Il re del palazzo




Ammetto di averci guardato.
In questi giorni sono stato più attento, più silenzioso, più accorto.
E' la sindrome del finesettimana. In tutta sincerità non posso dirvi che ero annoiato a morte e che è per questo che ho passato delle mezz'ore con l'orecchio alla porta, con il naso all'insù appostato nella tromba delle scale, andando su e giù per il palazzo deserto nella speranza di captare un movimento, una voce, un cigolio di porta, una nuca che spuntasse.
Tutto questo con il risultato di farmi sentire solo più idiota.
Non è colpa mia se Tetteballerine si è portato via la playstation: è sua.
Non è colpa mia se il palinsesto televisivo non fa altro che trasmettere teenage-movie di serie B dove se non sei un dodicenne scaltro e ribelle allora sei un adulto imbecille che non sa allacciarsi le scarpe.
Vogliamo parlare di quei varietà senza senso che ti appollottolano l'ultima voglia di vivere che avevi per sputartela appiccicaticcia con una cerbottana mentre stai aprendo il rubinetto del gas e infilando la testa nel forno?
L'80% li conduce Carlo Conti. Il resto Enrico Papi. ma è giovane, il ragazzo si farà.
Non è colpa mia neanche non avere una fionda per tirare ai piccioni dal terrazzo. 
Anche la fionda era di Tetteballerine.
Tetteballerine è uno dei miei coinquilini. Non scrivo il suo nome per non creargli imbarazzo, sapete.
In questi giorni mi manca. Certo, ora come ora mi mancherebbe anche un attacco di diarrea, per tenermi occupata un po' la giornata, almeno. E per molte cose Tetteballerine è come un attacco di sciolta, ma ci vogliamo bene lo stesso.
Sono il re del palazzo: vado e vengo a mio piacimento, rincaso quando voglio, mi intrattengo con il pakistano dell'alimentari sotto casa che quando mi vede ora allarga un sorriso e sembra chiedersi dove vada a fare la spesa; scorrazzo sul tetto e mi sporgo sul traffico fiacco del pomeriggio che prende un po' di colore verso sera. 
Appoggiato alla ringhiera delle scale sembro un eroe da film alla Humphrey Bogart: scuro in volto, la sigaretta all'angolo della bocca, la tesa del cappello a far ombra agli occhi, il collo dell'impermeabile sollevato a proteggere la nuca dal vento gelido di una notte di appostamento. E lo sguardo, lo sguardo tagliente e fisso, gettato lontano che sembra aver sempre un pensiero brillante ed una risposta pronta.
Il terzo piano è rimasto in religioso silenzio ogni volta che sono andato a fargli visita durante i miei passaggi. Dell'inquilino non so niente. L'etichetta sul campanello è sbiadita.
Mi sto convincendo sempre di più. Le vecchie case fanno un sacco di rumori inquietanti.
Un po' come mio nonno.