giovedì 25 agosto 2022
Sopravvivere al fallimento: SITNOV, un nuovo genere letterario
giovedì 12 maggio 2022
Dentro il libro e oltre: DELICATESSEN
L'ispirazione per scrivere questo l' ho presa dal film "Harry ti present Sally", nello specifico dalla scena ambientata al Metropolitan Museum di New fork. Avete presente quando Meg Ryan si mette a ridere per un battuta di Billy Crystal e istintivamente guarda una in macchina, aspettandosi che le riprese venissero interrotte?
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venerdì 25 marzo 2022
Dentro il libro e oltre: AIRHEADS!
Ormai
lo avete capito: con "Chi più
Re di Noi" non puoi fare piani: oggi sei qui, a goderti senza pensieri un
pomeriggio di piacevoli frivolezze e domani potresti dover correre per salvarti
la vita. Non metterti mai troppo comodo mentre lo leggi perché a lui star fermo
non piace. Con questo episodio usciamo un attimo dal continuum della storia
principale per godere di un unicum in cui la meraviglia è così diffusa da essere considerata una malattia infettiva. Airheads, il cui titolo si rifà sputato al
film del 1994 con protagonisti Brendan Fraser, Steve Buscemi e Adam Sandler, è
la parentesi non programmata in cui ho voluto far cimentare Enrico, Tette' e
Zanna in una disciplina che sfiora l'epicità
dei grandi miti classici: l'AIR BANDING.
Chi fa parte della generazione dei Millennials sa già di cosa sto parlando ed è anche capace di dirmi da dove ho preso l'idea. Nell' episodio 9 della quinta stagione di SCRUBS, infatti, all'Ospedale Sacro cuore sono aperte le audizioni per il nuovo cantante dei Cool Cats, la band formata dall'avvocato Ted (chitarre), dall'inserviente (basso) e dal fattorino (batteria). Nessuno di coloro che, al tempo, stava guardando la televisione aveva la minima idea di essere a poche inquadrature dal mito.
Tutto qui? Dite voi.
Che ci vuole? Dice qualcun altro.
Ma
non è mica così facile se pensate che i nostri stanno cercando di vincere un
concorso di Air Banding da almeno tre anni con infimi successi. I ragazzi
prendono molto sul serio la cosa tanto che Spanky ci racconta che ogni anno la
band si scioglie per via dei dissapori intestini, che partono già al sound cheek. Non sono mai d'accordo su niente e bevono
come spugne, per conservare intatto lo spirito rock che gli scorre nelle vene.
Però il tempo passa e le brucianti sconfitte pesano ogni anno di più, così
hanno deciso di affidarsi a manager d'eccezione: Cecilia e Virginia. Dopo aver provato, ricevendo come risposta un
doppio dito medio che una comunicazione più
chiara dovrebbero inserirla alle scuole di specializzazione di marketing, a
farle partecipare allo show in qualità di coriste si sono consolati realizzando
che ci sarebbe stata più gloria da spartire per loro tre, allora. Oddio, contenti loro.
In ogni caso anche il look vuole la sua parte, se non altro perché non è che devono fare molto altro se non apparire. Zanna è stato ricoperto di trasferelli cattivi e piercing a calamita, anche se Tetteballerine aveva proposito di farglieli veri; Spanky indossa pantaloni di pelle attillati, canottiera bianca, Wayfarer alla Blues Brothers e metri di polsini ricavati da vecchi tubolari; Tetteballerine ha scelto pantaloni lucidi giro-pube, in modo da mettere in mostra l'addominale basso, quello così definito da sembrare un'indicazione stradale per il suo parco giochi e il torso nudo ben oliato, così che risalti sotto le luci del palcoscenico.
Sfuggono alla prima rissa quando sono ancora al banco delle iscrizioni. Mi piaceva pensare che Tette' potesse rivaleggiare a suon di "onde pettorali" con il buttafuori del locale, come in un classico scontro tra auree in Dragon Ball.
Dopodiché è subito il momento di un'infilata di citazioni
cinematografiche senza pietà. Si comincia con Blues Brothers, ovviamente e si
approda a School of Rock.
I ragazzi hanno deciso di chiamarsi
i "Lady's Breast" che letteralmente potrebbe essere un titolo
dignitoso per un film pomo italiano anni '90: Petto di donna.
Quello
che mi sono dimenticato di dirvi è
che il movimento pettorale di Tetteballerine ha doti taumaturgiche, come la
reliquia di un santo, e che Enrico e Zanna ormai sono in grado di capire le
emozioni e gli stati d'animo dell'amico vedendo in che modo muove il petto.
Come coi cani. Mentre Tette' e il buttafuori sono ancora impegnati a darsi un
tono misurandosi
gli uccelli, è Virginia che prova a distogliere
l'attenzione per rivolgerla su di sé. Non le serve molto: le basta un piccolo
colpo di tosse e dichiarare di avere la gola secca in direzione dei ragazzi che,
per farsi accompagnare, le hanno promesso da bere. A quel sentire, ho
immaginato che un gruppo di ragazzi lì attorno convergessero immediatamente
verso Virginia per accontentarla e crearsi una chance. Mentre scrivevo questa
scena non sono riuscito a togliermi dalla testa il momento in cui Gandalf il
Bianco facesse la sua comparsa alla testa di un esercito ne "Il Signore
degli Anelli".
Noi maschi siamo come locuste: dove c' è da mangiare noi ci fiondiamo senza ritegno e senza diritti di precedenza. Questo, almeno, è vero in quei contesti in cui il testosterone è ammassato all'inverosimile e quell' unico neurone a testa, invece di connettersi a quello degli altri, come in una specie di Pandora da sabato sera e dare vita a un essere mediamente pensante (seppur temporaneo), si affoga dentro a fiumi di alcol e regredisce allo stadio evolutivo del Neanderthal.
Quello
che penso io è che, fondamentalmente, anche questo tipo di approccio è una caratteristica con cui ci si sceglie, come la simpatia,
l'attrazione fisica, il modo di vedere il mondo. Lo dico perché, personalmente,
non ho mai conosciuto ragazze che non mostrassero interesse nei miei confronti,
pur provandolo. Non dico che ne abbia
mai incontrate, dico che il
risultato, per un analitico come me, è
stato girare pagina, tirare il freno e
concentrarsi su altro quando vedevo che dall'altra parte non c'era interesse.
Dico questo anche perché conosco ragazzi che, invece, in questo gioco al gatto
col topo, riescono a districarsi bene e a non perdere mordente quando io gliel'avrei
già data su (mi sarei arreso, NDR) da tempo.
Chi parla la stessa lingua si si comprende. È tanto facile.
Che una rock band di Air Banding inizi il suo concerto con "Thank you for loving me" dei Bon Jovi non è così prevedibile. Tette', però, ha un piano ben preciso e come frontman del gruppo molto del lavoro è sulle sue spalle. Anche se in questo caso sarebbe meglio parlare di terga perché, agitandole in maniera sexy e ambigua, fa arrossire quasi tutte le ragazze presenti le in sala. Sono quelle che non hanno ancora avuto un rapporto di reciproca confidenza con lui. Si riconoscono bene perché hanno ancora il loro amor proprio intatto.
Enrico, alla tastiera, si prodiga sullo sfondo nella sua imitazione di Steve Wonder sorridendo, battendo le mani a tempo e dondolando la testa a destra e sinistra. Se per mestiere facessi l'animatore alle feste per bambini, quello sarebbe uno dei miei cavalli di battaglia. Ogni volta che parte una bella canzone e io indosso gli occhiali da sole, fatevi largo perché è più che probabile che parta per la tangente. È quasi come un tic, non lo so mica se riuscirei a non farlo. Non ho avuto ritegno nemmeno per il Boss, Bruce Springsteen. C'è tanto di testimonianza fotografica. Ah, ai matrimoni non rispondo di me, quindi occhio con gli inviti.
Il pezzo con cui scelgono di
affrontare la finale è "Cum on fell the noize" dei Quiet Riots. Tutti
danno il massimo per la vittoria, per il successo e per la gloria ma è Zanna che all'
improvviso diventa l'eroe del giorno: il Vishnu della batteria, a metà del pezzo, prende e si lancia sulla folla. È esattamente così che finisce il capitolo:
prima del verdetto.
Ma come?
E chi vince? Ce la fanno?
Risposta: in fondo, è davvero
importante?
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giovedì 3 marzo 2022
Dentro il libro e oltre: Hello Brokenheart!
Ebbene, eccomi tornare da voi dopo mesi e mesi di assordante silenzio. La
stesura dell'ultimo romanzo ha assorbito tutto il mio tempo libero una volta
lavorato, dormito, mangiato e custodito (come ama dire mia madre per dire che
devo prendermi cura di me stesso). Certo avrei potuto fare economia di minuti
preziosi e mangiare un po' meno, visto il girovita che è lievitato, ma è così
che combatto lo stress. È un
circolo vizioso che devo interrompere, prima o poi.
Meglio prima, comunque.
Nuovo romanzo, dicevo, sì: ho avuto l'ottima pensata di cimentarmi in un progetto con una data di scadenza al limite delle mie possibilità ma dopo un paio di mesi di studio della trama e dell'intreccio e dopo altri quattro di stesura, sono riuscito a confezionare il tutto e spedirlo a chi di dovere. Non è stato facile per niente, ve lo dico subito, e men che meno rilassante ma io ho voluto la bicicletta e a me è toccato pedalare, anche se stavolta si trattava più che altro di un monopattino elettrico in autostrada, contromano.
Veniamo però al motivo per cui ci troviamo qua: una nuova puntata del serial letterario più apprezzato dei pochi elettori di questo bellissimo blog dalle enormi potenzialità. Dentro il libro e oltre torna con una puntata dal titolo più inglese-maccheronico che si potesse prevedere e lo fa anche con un capitolo che, all'epoca, fu quasi del tutto improvvisato e davvero scarsamente programmato. È così che scrivevo una volta: totalmente comandato dall' istinto e dalla penna che continuava a correre sulla pagina.
Ricordiamo, prima di tutto, ciò da cui veniamo: sono passati alcuni mesi dalla
notte di
Capodanno
ma fondamentalmente poco è cambiato se non per il fatto che Zanna e Caterina
sono tornati insieme e sembrano così felici da fare ammalare di diabete
chiunque sia cosi avventato da respirare la loro stessa aria senza aver
indossato prima una tuta schermata da barre di livore per il mondo cucite a
due millimetri una dall'altra.
Spanky si frequenta con Alena,
nonostante questa non sia l'inquilina del terzo piano e Virginia fa lo stesso
con Alan, la fiamma di amore iridescente che l'ha portata a Parigi a
festeggiare coi botti. Membrokid, che è tornato dal Sudamerica, sta per
sposarsi con quella che avrebbe dovuto essere solo un'avventura bacino-pelvica
da manuale. Fangio si deve ancora riprendere dal coccolone che gli è preso
quando
gli è stato domandato di presenziare al cerimoniale nuziale in qualità di
testimone dello sposo. Il capitolo si apre con una
delle solite riflessioni esistenzialistiche del nostro insicuro Spanky di
quartiere che, però, fondamentalmente verte sulla sua innata positività e
sulla sua ingenuità adamantina con cui distribuisce seconde possibilità a
qualunque stronzo di passaggio come fossero caramelle. Questo perché le sua
seconda possibilità, in realtà, sono a volte terze, quarte, addirittura quinte
occasioni per rimanere deluso dalla vita e dalle persone su cui non riesce a
smettere di puntare tutto, non accorgendosi che presto la banca smetterà di
fargli credito. Spanky si giustifica dicendo di avere un handicap al cuore ma
il suo grande problema è che si innamora più dei viaggi che si fa in testa che
di quello che succede davvero nella Realtà. È un fottuto, irrimediabile,
idealista che il vizio di sognare di volare sempre un po' più in alto non gli
passerà mai, qualunque tentativo venga azzardato nell' impresa.
Fa parte della sua natura e da autore so che dovrà imparare a conviverci, e al più presto. Meno male che l'ho creato anche con un pizzico di cinismo e autoironia, altrimenti sarebbe stata davvero la fine per Spanky. In ogni caso è doveroso ricordarvi che all' epoca in cui è ambientata questa storia, gli smartphone erano ancora un lusso per pochissimi e i cellulari non andavano su internet a meno che non aveste il rene di qualcuno da vendere, avevano pochissima memoria, sufficiente a conservare dodici sms testuali e non avevano ancora le tastiere digitali.
È per quest'ultimo motivo che Spanky, al suo Nokia3330, risponde per errore, visto che stava leggendo per l'ennesima volta un messaggio dolce di Alena. Un numero sconosciuto come quello, normalmente lo avrebbe ignorato, ma a minchiata ormai fatta, pensa di cavarsela buttando giù il telefono all'operatore del call center fingendo che la linea sia disturbata. Solo che gli va peggio del previsto, in un modo che non sarebbe riuscito a immaginare nemmeno dopo aver mangiato male al thailandese. In un primo momento non riesce ad associare la voce che sente con qualcuno che, da come si rivolge a lui sembra uno dei suoi migliori amici della vita. Invece è solo Alan, il ragazzo di Virginia con cui né lui né nessuno degli altri (escludendo forse solo Cecilia) ha mai nemmeno visto per sbaglio.
La realtà ve la dico io, dopo quasi dieci anni: il personaggio di Alan non era previsto, l'ho inventato solo per esigenze di trama. Il suo è sempre stato il destino di una meteora, nemmeno così fulgida, a dirla Tutta. Era solo l'escamotage per avere un contraltare idilliaco con cui far risaltare il Capodanno di merda passato da Spanky, tanto per sottolineare meglio il concetto che alle nostre fantasie ed elucubrazioni va concesso solo il giusto, senza andare in overdose e cadere troppo rovinosamente insieme alle nostre alte aspettative. Che poi, per il carattere di Virginia, così riservato e poco espansivo con la comparte maschile dell'appartamento, questa riservatezza è perfettamente logica.
Comunque sia, Alan telefona a Spanky e, dando per scontato che lui sappia che
con Virginia la storia è finita, avvia un soliloquio di lamenti che tiene
inchiodato il povero Spanky, davvero troppo cortese, per una cosa come
quarantacinque interminabili e strazianti minuti.
Una delle tante cose che a Spanky non torna è il motivo per cui il ragazzo
abbia telefonato proprio a lui, che non se l'è proprio mai inculato di
striscio. Aiutandomi con le fasi di elaborazione del lutto, che penso di aver
appreso per la prima volta da Scrubs o da Dottor House, mi sono divertito ad
analizzare allo stesso modo i momenti che seguono una separazione
sentimentale.
Per prima, quindi, abbiamo la NEGAZIONE, il rifiuto di affrontare la realtà per quella che è, proteggendosi con una cortina di deboli tentativi di auto-convincimento che l'altra persona, molto presto, ritornerà pentita sui suoi passi e tra le nostre braccia. Ah, ogni fase è scandita dal commento cinico e disincantato di Spanky, che qui ha la possibilità di fare al meglio ciò che non gli riesce mai per se stesso: essere violentemente razionale e lucido.
Sul secondo gradino del podio abbiamo la RABBIA: a cui si unisce quasi subito il rancore e la frase:
". . . con tutto quello che ho fatto per lui/lei"
Vi suona familiare, no?
Ma ecco il punto: quando veniamo scaricati ci sentiamo rifiutati, non capiti,
non apprezzati e scarichiamo il nostro dolore sull'altra persona sotto forma
di un'accusa di ingratitudine perché davvero siamo convinti di aver fatto cose
che nessun altro abbia mai fatto, e lui/lei lo deve riconoscere perché
facendolo, si renderà conto che uno uguale a noi non lo troverà da
nessun'altra parte. Il bello è che tutta questa storia ce la cantiamo e ce la
suoniamo con convinzione, perdendo di vista il fatto che non tutto quello che
sembra importante per noi venga valutato allo stesso modo dall'altra parte,
altrimenti non saremmo stati scaricati così impunemente e senza diritto di
replica. Due persone si devono trovare, e non solo nel momento giusto delle
loro vite, quando sono entrambi disponibili e interessati, ma in cerca
esattamente l'uno dell'altro per carattere, per indole, natura e sintonia. Non
basta solo fare tutte le cose bene.
Molto spesso quello che attrae una persona verso di noi è qualcosa di cui noi siamo totalmente inconsapevoli e che neanche ci immaginiamo. Pensate alla rivelazione finale del film Hitch. Tutto ciò che ha fatto innamorare la ragazza sono stati i suoi difetti, i suoi sbagli, le sue deviazioni dalla strategia di conquista che aveva preparato. L'importante, secondo me, è rimanere in onda e continuare a trasmettere, poi qualcuno che si sintonizzerà e deciderà di non cambiare stazione, arriverà.
Il terzo punto della fase di elaborazione è il PATTEGGIAMENTO e io ho immaginato come spesso, quando qualcosa che vogliamo con tutto il cuore ci sfugge dalle mani, noi tendiamo a cambiare ciò che siamo pur di non perderla. Che per alcuni aspetti va anche bene, chi è perfetto scagli la prima pietra, no?
Ciò che per me è sbagliato è arrivare a pensare di cambiare così tanto da
fare un torto a noi stessi e cominciare a indossare gli abiti di una
menzogna. Una bugia che poi saremo costretti a portare, potenzialmente, per
tutto il resto della vita, se questa brillante pensata avesse mai successo.
Il che, vi tranquillizzo, non
avverrà mai. Perciò, se la vostra coscienza è a posto e le vostre azioni non
vi hanno condotto in qualche braccio della morte, quella persona potete
anche lasciarla andare. Sarà doloroso, non lo metto in dubbio, ma sarà
sicuramente meno penoso che violentare voi stessi a quel modo. Nessuno lo
merita, voi in primis. Se io ho pensato di farlo, dite? Certamente, ma siamo
stati tutti giovani, sciocchi e innamorati.
Il quarto stadio, la DEPRESSIONE, è quello in cui il nostro livello di autostima tocca i punti più bassi in assoluto. L'essere umano arriva a credere che un oblio ben confezionato dentro cui possa sparire, sia la panacea di tutta la sofferenza che sta provando. Abbiamo un'attrazione e un amore che spingono così forte che arriviamo a giustificare quello che, in definitiva, non è altro che il nostro carnefice, solo per amarlo un'altra volta.
Ma ecco che Spanky e Alan vedono il traguardo, l'ACCETTAZIONE. Dai che ce
l'ho fatta, pensa tra sé Spanky non vedendo l'ora di riattaccare il telefono
e proseguire con la sua vita.
Quando però Alan cade in
quello che sembra un loop senza uscita in cui prende a saltellare impettito
da una fase all'altra delle prime quattro come la pallina di un flipper, il
nostro eroe teme che sia tutto perduto, soprattutto il suo tempo. In una
boutade di rivalsa, a un certo punto Alan paventa l'impegno di coprire il
dolore che prova con un bastimento pieno di sesso occasionale ma Spanky, che
non crede nel detto "chiodo schiaccia chiodo", gli suggerisce invece di
provare con una traghettatrice. Se non avete mai sentito
usare questo termine prima d'ora è perché l'ho inventato. Le traghettatrici,
per quanto mi riguarda, mi hanno salvato la vita. Quella emozionale,
perlomeno. Senza di esse il mio cuore sarebbe inaridito e si sarebbe ridotto
fino alle dimensioni dell'uva passa. Come spiego nel capitolo, le
traghettatrici e i traghettatori, molto spesso non sapranno nemmeno della
vostra esistenza, e certamente non capiranno mai della centralità che hanno
avuto nella vostra vita.
Cito:
. . . la traghettatrice è colei che ci aiuta a superare quel momento critico della fine di una relazione importante, quando risulta impossibile sia all' alcol che agli amici. Ha il potere di trascinarti fuori dal tuo stato di commiserazione e darti uno scopo: lei. Il potere curativo di un sogno.
Nel romanzo, pur camuffandone l'identità, ho ringraziato pubblicamente le mie, che non hanno mai saputo che peso abbiano avuto per la mia salute mentale. Una mi ha salvato dai tentacoli di una storia decennale a fasi alterne che mi ha quasi distrutto due volte e la seconda mi ha strappato dalle grinfie di una relazione tossica e assurda in cui, oggi, faccio fatica a capire come possa aver pensato che avrebbe funzionato e mi avrebbe reso felice per il resto della Vita.
Contento di quel consiglio, Alan ringrazia Spanky e gli dice che, visto quanto spesso Virginia parli dei suoi coinquilini, anche per lui è ormai come se li conoscesse. Quando Enrico ha la conferma di essere in cima alla lista nera di Virginia i due si salutano, per non sentirsi mai più e il capitolo si conclude con una breve riflessione sulle cose che tendiamo a dire con slancio, ispirati dal momento.
Ogni promessa va presa per quello che è: aria. Nient' altro, non c' è nulla
per cui affidarsi a loro una volta che hanno lasciato la bocca di chi le ha
pronunciate, pur se il loro proprietario ci credesse davvero con tutto il
cuore. Non è cattiveria e non è cinismo, va bene crederci ma sono i fatti
quelli che più contano, che hanno l'unico valore degno di scambio.
Concludiamo questa puntata davvero molto introspettiva e fin troppo seria per quelli che sono i propositi di Chi più Re di noi con l'analisi del brano scelto per il capitolo:
Captured by Brian Kennedy.
Faccio già a meno di dirvi che sono sicuro che non la conosciate perché
ormai l'antifona l'ho capita ma spero vi piacerà. È una di quelle canzoni
che mi sarei trovato spesso a sparare a volume alto nelle orecchie e che
avrei cantato a squarciagola rotto la doccia quando avessi avuto il cuore
spezzato, una bolla di suono in cui far riverberare ogni grammo di dolore
per consumarlo prima che lui potesse consumare me. Una canzone che avrei
provato a strimpellare con quella chitarra trovata nell'appartamento di
Bologna che qualche vecchio inquilino aveva lasciato assieme all'intera
collezione di dvd piratati di Mazinga Zeta. Mi sarei spellato i polpastrelli
a tenere bene gli accordi e a dare al tutto la parvenza di una performance
decente che non facesse sanguinare le orecchie di chi aveva la sfortuna di
abitare con me in quel momento.
Ho ingolfato svariati lettori
Mp3 con canzoni di questo genere soprattutto durante gli anni di liceo e gli
anni universitari perché la ricerca non era fortunata e priva di insidie.
Sono brani davvero difficili da ascoltare fuori da un certo stato emotivo,
nel senso che non se ne può comprendere la forma autobiografica finché non
siamo pronti per accettarla e accoglierla.
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